Restauro Castello Maniace
1) BREVI NOTE SULLA FABBRICA
La fabbrica sveva del castello costituisce uno dei monumenti più importanti dell’operatività imperiale nella Sicilia sud orientale; ed è elemento di punta del patrimonio monumentale e dell’attività di restauro nella provincia.
Il castello, che sorge sull’estrema propaggine verso il mare jonio del dell’isola di Ortigia, è formato da tre corpi principali distinti.
• Il primo è un cortile trapezio chiuso da una poderosa cinta bastionata che scende fino al mare. Vi si accede da una porta preceduta da un ponte levatoio oggi solidificato.
• Il secondo è costituito dalla fabbrica sveva.
• Il terzo è costituito dal grande bastione detto “Vignazza”, impostato su due cortili di forma triangolare, organizzato su due livelli di tiro, che nella sua forma attuale risale al XIX secolo.
La fabbrica sveva è costituita da un grande quadrangolo di metri cinquantuno di lato con mura perimetrali spesse metri tre e sessanta; e serrato ai quattro angoli da altrettante torri a sezione circolare. Le torri ospitano altrettanti corpi scala a meno della torre di Nord - Ovest crollata a seguito della esplosione della polveriera nel 1704 e riedificata, senza la scala, in due vani sovrapposti. Lo spazio interno originario era costituito da un unico ambiente suddiviso in 25 campate uguali, chiuse (ad eccezione della campata centrale) da volte a crociera montate su costoloni e sorrette da colonne circolari.
A seguito dell’esplosione del 1704 sono sopravvissute solo le 10 campate attestate sul lato sud. La parte antistante è stata ricostruita solo parzialmente e forma un cortile a croce.
Il castello fu oggetto di interventi già all’inizio del secolo, quando l’amministrazione militare provvide a taluni consolidamenti a mare ed alla sostituzione di conci e di parti decorative adottando materiali evidentemente diversi per colore e grana. I successivi lavori intrapresi negli anni ottanta, avevano una finalità mirata al riuso immediato: sia Paolini che de Angelis d’Ossat poco si fermarono al momento dell’indagine ed alla comprensione del manufatto.
L’edificio poco noto sino al 1800, spesso citato e riprodotto per il carattere militare, viene studiato solo negli anni trenta del secolo scorso da G. Agnello che ne costata l’importanza e ne intuisce le caratteristiche, essendo gran parte del manufatto nascosta alla vista da quelle strutture che furono considerate, negli anni ottanta, da Paolini e da de Angelis d’Ossat, superfetazioni. I lavori eseguiti sino al 1989 procedettero un poco alla cieca, liberando da un lato quello che resta della “supposta” fabbrica sveva e dall’altro provvedendo ad estese e drastiche integrazioni delle superfici murarie.
Prima degli interventi di restauro eseguiti tra il 1978 ed il1980 a cura della Soprintendenza di Catania, allora competente per territorio, la porzione della sala sveva sopravvissuta all’esplosione, era suddivisa, su vari livelli con solai in legno, in undici ambienti ricavati chiudendo gli intercolumni con grosse murature di tompagno ed archi attestati sulle colonne federiciane.
Per realizzare gli incastri delle tele murarie alle colonne si provvide a regolarizzarne il profilo con scassi atti ad ospitare la spalla degli archi, riducendo così, in modo notevole la sezione resistente delle colonne stesse.
I restauri degli anni ottanta si indirizzarono alla totale eliminazione delle strutture che non furono giudicate di età sveva.
Il problema principale fu, poi, quello del ripristino della forma ed alla funzionalità strutturale originaria delle colonne, stante la condizione di riduzione sezione subita.
L’uso di materiali impropri per eseguire integrazioni discutibili ed oggi già degradate, ha obbligato ad una attenta ed integrale opera di dismissione: un intervento di restauro del restauro anche attraverso l’asportazione sistematica dei materiali incompatibili con l’esistente o con la riconsiderazione di talune soluzioni non soltanto formali e/o linguistiche (la ricostruzione di finestre, eseguita senza la considerazione dei modelli esistenti in loco), ma anche soluzioni strutturali (integrazioni di parti mancanti delle colonne centrali) .
Solo con l’impegno per la redazione di un progetto generale di restauro e riuso dell’intero complesso monumentale, si pone il problema di una conoscenza e di una comprensione che motivi le scelte progettuali.
Tra il 1992 ed il 1995 viene così condotta a più mani una prima campagna conoscitiva che consente di iniziare a comprendere la storia costruttiva e le caratteristiche della fabbrica.
2) IL CANTIERE DI RESTAURO
Nel 1994 viene articolato un progetto generale esecutivo dell’importo di 36 miliardi di vecchie lire e nel dicembre 1997 viene appaltato uno stralcio per per 18 miliardi che viene eseguito tra il 1998 ed il 2000.
La comprensione dei gravi problemi di ricostruzione della sua edificazione e degli adattamenti immediatamente susseguenti, la analisi delle strutture preesistenti al castello e del loro riuso ed incorporazione nelle nuove strutture che lo svevo andava realizzando tra il 1230 ed il 1240, costituiscono il risultato più importante del cantiere che qui si descrive, iniziato nel 1997. Le opere avviate nel gennaio 1998 si articolano attraverso l’approfondito studio sistematico di quanto si restaura e conducono alla conoscenza di numerosi nodi non rilevati prima né dalla storiografia, né dall’analisi architettonica.
La mappatura integrale delle superfici sveve, lo scavo archeologico sistematico, la lettura delle tecniche e delle fasi costruttive, mettono in luce nuovi aspetti della storia della fabbrica e consentono di rivedere in parte l’ipotesi di restituzione a favore di un più puntuale riconoscimento della facies di primo uso entro la descrizione del castello come progetto integrale.
Contestualmente a questa attività che ha condotto alla formulazione di nuove ipotesi, è stata sviluppata anche una puntuale analisi strutturale dell’assetto attuale che conduce ad ipotesi concordi con quelli di restituzione.
Si è certi di trovarsi di fronte ad un progetto architettonico ed ideologico completo e definito; eseguito però solo in parte o per parti. L’articolazione degli interni, il loro uso, il volume complessivo con la seconda elevazione pensata, in parte realizzata, come dimostrano le sopravvivenze ancora documentate, nei disegni cinquecenteschi e seicenteschi, prima del terremoto del 1693, divengono parte di una storia complessa del monumento, che si concludono dopo l’inizio del XVIII secolo con l’avvio di una trasformazione radicale degli spazi interni e la perdita di quella struttura architettonica che, pur adattata ad usi diversi, sarebbe rimasta come quella porzione della sala oggi sopravvissuta se non fossero intervenute forze e ragioni prevalenti dettate dalla situazione creatasi dopo il terremoto e l’esplosione del 1704.
Il castello, a quel momento, doveva presentarsi in uno stato assai simile a quello rinvenuto da Paolini all’inizio degli anni ottanta: uno spazio architettonico complesso, formato da una struttura principale originaria fatta con colonne isolate, inglobata e quasi nascosta, ma conservata, dai muri che già G. Agnello definisce svevi.
Il cantiere di restauro ha offerto esperienze di lavoro, ha restituito materiali archeologici unici, ed inediti per la Sicilia orientale, testimonianze chiarificatrici per la storia del sito e sull’architettura medioevale. Di tutto questo dovrà restare traccia nella sistemazione che dovrà ripercorrere la storia ed esporla mostrando il processo di restauro, di studio e di musealizzazione.