Mi faccio la casa è una frase che suscita in molti una certa perplessità. Vuoi per immagini di fatica e sudore poco invoglianti vuoi per l’incertezza di non sapere bene da dove cominciare in tempi di rassicuranti pacchetti pronto uso di case patinate e mutui facili come non mai. Oppure per l’inizio di un percorso tra architetto e committente che passa attraverso un numero di artigiani e tecnici notevole tanto quanto l’ammontare finale di spesa. Ma c’è una terza uscita. In caso di somme ridotte di budget e di reddito ma di buona intraprendenza personale. Casa T punta al recupero diretto del rapporto tra architetto e committente. Dove la parte costruttiva è intesa in autocostruzione da parte del proprietario, eccezion fatta per gli elementi strettamente tecnologici del progetto, vedi impianti e interventi strutturali. Gli elementi semplici che il luogo ha da offrire sono la presenza di un canale di bonifica con un margine discreto di variabilità tra i periodi di secca e quelli di piena. Presenza mutevole ma capace di generare un micro habitat naturale. Poi una siepe di bamboo e un rovere a nordest e un gruppo di robinie a ovest. Il resto è una piccola casa colonica a due piani in mattoni a vista e tanta pianura coltivata. L’ampliamento interessa lo spazio delimitato da questi elementi e si presenta come un volume rivestito in legno bangkiray vetrato nell’angolo più prossimo al canale. Il legno, economico e resistente, permette di essere montato dal committente. Un avvitatore è un’ottima alternativa per il profano allo stendere di intonaco sulle pareti. La cucina soggiorno prende luce dalla vetrata a nord ovest e il bagno a nord est è schermato naturalmente dal bamboo e dal rovere. Il rivestimento auto costruito rigira sul tetto terrazzo e il tutto si aggancia all’ edificio esistente praticando, a piano terra, un’apertura sul vecchio muro esterno, e adattando al primo piano, la porta di uscita sul terrazzo. I vetri stratificati di sicurezza rinunciano al telaio fisso e guadagnano in silicone, visibilità e risparmio di denaro, nascondendo il profilo stretto dei montanti di legno retrostanti. Poco più di un’ estate di lavoro e fatica ha permesso al committente di riscoprire le gioie di una casa self made. (testo Andrea Bellodi)