Piscina Comunale a Firenzuola
Nel ridiscendere il Passo del Giogo, verso Firenzuola, mi avevano colpito quelle vedute di rocce che affiorano dai pascoli e poi ancora i campi morbidi interrotti dai resti del bosco, solcati dai torrenti. L’acqua del Santerno incide il terreno, strappa ciottoli alla stratificazione delle pareti rocciose, li accumula sul suo fondo, li scava, come i lavoratori di queste valli cavano la pietra serena e poi l’accumulano e la ordinano; più tardi la rimontano, a strati, nel rivestire i muri, vi sovrappongono il legno delle coperture, talvolta una più volgare lamiera. L’evidenza insolitamente ripetuta di questi tre materiali si lega ad alcuni pensieri sull’acqua e sul nuoto. Corpi che si muovono, leggerezza, corpi che si mostrano al sole, sguardi. Il riparo, l'acqua e la natura sono sensazioni forti, quasi come un salto di scala: grande freddo, grande caldo, il contatto della pelle con le pietre, con l'erba, con l'acqua; e tutto con una vertigine da distanza, con prospettive troppo fluide, con un tempo immobile, come quello del sole lento nella calura di un pomeriggio estivo. E' un'occasione di esperienze sensuali: la brezza inonda la pelle e le membra e par le faccia respirare. Sono pori che si aprono, sono rivelazioni di fisicità plastica, trasalimento e vertigine che si oppongono a un principio classico di equilibrio del sé con la natura.
Dunque governa l’ordine di un organismo classico e il disordine e lo straniamento dei desideri individuali, l'orizzontale dell'acqua e della pietra contro la verticale della luce e della vegetazione. Le tracce incancellabili di memorie, tutte di terme, di portici e di stoà sono avversate dalla distanza antiprospettica delle impressioni tattili, come il timore di scivolare, l’importanza del contatto con la materia, la brezza e il calore, la profondità spaziale, il verde, lasciando la scena a vedute che evaporano al sole, quando la realtà cede al sogno della luce sensuale e del riverbero e suscita immagini surreali di oggetti che perdono i limiti della loro figura, come resti acropolici contro il cielo e il paesaggio.
La piscina sorge in una valle ai margini del Santerno che corre a sud di Firenzuola, piccolo centro posto nell'Appennino tosco-emiliano. Comprende una vasca regolamentare e una per bambini, gli spogliatoi, un bar e una piccola palestra con sauna. I servizi sono circondati da ampi spazi all'aperto, da pergolati e portici. La pietra serena cavata in queste montagne attorno a Firenzuola, il legno dei boschi e il colore dell'acqua e della natura, costituiscono i materiali della costruzione. La struttura è in muratura rivestita di pietra serena con un motivo orizzontale con lastre allungate, alternate a travertino a ricorsi variati, in modo da esaltare - nel contrasto - il principio della stratificazione litica. Una griglia di travi in legno copre gli ambienti e crea i loggiati, sostenendo la copertura, rivestita in zinco-alluminio. Anche gli infissi sono in legno, mentre i cristalli sono caratterizzati da una sfumatura verde acqua. Le pavimentazioni esterne - e parte di quelle interne - sono in pietra serena, oltre al klinker di alcuni ambienti e del piano vasca. La copertura e i loggiati sono interrotti e incisi da alcune aperture, attraversate dalla luce e da alcune piante. Pur assumendo orientamenti e regole osservati nei principi insediativi della città di Firenzuola, l'organismo architettonico è deliberatamente interrotto sia nella pianta, privata di alcune parti, sia nella copertura, frequentemente incisa, ma soprattutto ricerca un contrasto fra il guscio petroso della struttura e la morbida azione di risarcimento compiuta da infissi e pannelli in legno, contrasto accentuato dalla fragilità della copertura, appoggiata su muri e pilastri. Ne deriva un montaggio di solidi cavati, disposti all'interno di una sagoma geometrica che subisce anch'essa alcune variazioni ai suoi margini, verso la città o verso il fiume, proprio come se tutto l'organismo avesse subito erosioni e dilavamenti dalle acque del torrente.