Da secoli il paesaggio del Lago di Garda è segnato da una natura forte fatta di montagne, rocce, declivi che raccontano la grande avventura geologica che lo ha formato. Questi fattori, un tempo oggetto di incondizionata ammirazione, stanno entrando sempre di più in un cono di invisibilità. Oggi ai fenomeni tipici del dopoguerra come l’antropizzazione e la successiva sovrapposizione dei livelli visivi generati dal turismo di massa si aggiungono fenomeni come l’anestetizzazione dello sguardo derivata dall’ipertrofia dell’immagine, dalla superficialità e dalla velocità. Per tornare a vedere o a vivere l’intensità di questo paesaggio è necessario rallentare.
Villa Tarika è una strategia di rallentamento.
La villa forma un filtro tra la velocità della vita ed il lago determinando un luogo di pace dove ritrovare sé stessi nella contemplazione della natura. Per formare questo rallentamento la villa si basa sulla convivenza di spazi di visione del lago e momenti di riduzione della vista. In questo modo la casa si trasforma in un’epifania giornaliera basata sulla riscoperta continua innescando quel tempo lento che è necessario per tornare ogni giorno a vedere l’interrogativo esistenziale del Lago.
Una volta arrivati, Villa Tarika, si presenta chiusa da un grande muro in pietra e da una parete in doghe verticali. In questa posizione il lago non appare visibile.
Entrando da un piccolo varco si accede al piano primo in una zona coperta che forma un ibrido tra uno spazio esterno ed uno interno. Qui si incontrano una serie di situazioni segnate da cornici di visione che inquadrano porzioni di elementi naturali come la Rocca di Garda, il Monte Luppia o i folti alberati presenti nell’intorno. Tali sguardi parziali si offrono come suggerimenti, avvertimenti o anticipazioni della visione del lago che si avrà solo una volta scesi al piano terra.
Si tratta di “dispositivi critici” che sono tipici del nostro studio e sono disegnati ponendo in equilibrio il desiderio naturale di raggiungimento con un calcolato impedimento momentaneo. Tali espedienti proseguono una volta entrati nella casa. Anche all’interno i meccanismi di anticipazione sono alternati a filtri provvisori. Entrati nell’ingresso si ha una visione multipla: una grande finestra permette di vedere contemporaneamente il Lago ed il soggiorno sottostante, mentre un lucernario fa scivolare la luce evocativa del paesaggio lacustre nel centro della casa.
Anche i mobili partecipano a questa sofisticata ed invisibile elaborazione. Tutti le pareti che definiscono le stanze sono fatte in castagno (una pianta tipica della zona) e sono colorate in maniera stonalizzata e quasi impercettibile con i colori tipici del lago: l’azzurro grigio del cielo ed il verde spento dell’olivo e del leccio. Tale colorazione è fatta in modo delicato e non dichiarativo così da agire solo in maniera subliminale. Alcune boiserie nascondono le camere (non ci sono tramezze a vista nella villa) mentre una scala a doghe costituisce un filtro ritmico di luce e colore mentre si scende immergendosi progressivamente nella luce del Lago del piano terra dove le visioni progressivamente si aprono senza mai raggiungere la totalità.
Esternamente la casa è costruita in roccia sbozzata utilizzando le pietre della zona come è sempre avvenuto in questi luoghi. Questa scelta determina una ricercata continuità materica e cromatica con il retrostante monte Luppia e la sottostante riva, entrambi realizzati con la stessa roccia. Un muro in pietra scivola fuori dalla casa e forma una sorta di abbraccio che fa da eco alla forma del golfo. L’abbraccio-muro guida lo sguardo sul lato opposto, là dove il golfo si chiude con la sagoma in controluce della Rocca di Garda, nome rivelatore che deriva da Warda, guardia, guardare come se l’invito ad osservare fosse nella genesi del lago e di questo luogo, un invito al guardare che la casa fa proprio fino a tentare di coincidervi.
For centuries, the landscape of Lake Garda has been marked by a strong nature consisting of mountains, rocks, and slopes that tell the great geological adventure that shaped it. These factors, once subject to unconditional admiration, are more and more entering into a cone of invisibility. Today, phenomena typical of the post-war period, such as urbanization and the subsequent overlapping of visual layers caused by mass tourism, are being followed by other phenomena, such as the numbing of the gaze derived from image hypertrophy, superficiality, and speed. To regain the ability to see or experience the intensity of this landscape, it is necessary to slow down.
Villa Tarika is a strategy of deceleration.
The Villa forms a filter between the speed of life and the lake, creating a space where one can reconnect with oneself through the contemplation of nature. To form this deceleration, the Villa is based on the coexistence of lake-view spaces and moments of reduced visibility. In this way, the house transforms into a daily epiphany based on continuous rediscovery, initiating that slow pace necessary to return each day to contemplate the existential question of the lake. Once arrived, Villa Tarika is enclosed by a large stone wall and a wall made of vertical slats, obscuring the view of the lake.
The first floor, where a covered area forms a hybrid between an outdoor and indoor space, is accessed through a small opening. Here we encounter a series of situations marked by framed visions that frame portions of natural elements such as the Rocca di Garda, Monte Luppia, or the dense surrounding vegetation. These partial glimpses act as suggestions, warnings, or anticipations of the view of the lake that can only be fully seen once descended to the ground floor.
These “critical devices” are typical of our design approach, balancing the natural desire for arrival with calculated momentary obstacles. These devices continue also once inside the house. Even inside, the anticipatory mechanisms are alternated with temporary filters. Upon entering the entrance, multiple views unfold: a large window allows a simultaneous view of the lake and the living room below, while a skylight lets the evocative light of the lake landscape slide into the centre of the house.
The furniture also participates in this sophisticated and invisible elaboration. All the walls defining the rooms are made of chestnut wood (a typical plant of the region) and are subtly and almost imperceptibly coloured with the typical tones of the lake: the grey-blue of the sky and the green of olive trees and holm oaks. This coloration is made delicately and non-declaredly, in order to act only subliminally. Some wood panelling hides the rooms (there are no visible partitions in the Villa), while a slatted ladder forms a rhythmic filter of light and colour as one descends, progressively immersing in the light of the lake, on the ground floor, where the views progressively open without ever reaching totality.
Externally, the house is built with roughened rock, using stones from the area as has always been the case in these places. This choice creates a deliberate material and chromatic continuity with the neighbouring Monte Luppia and the underlying shore, both made of the same rock. A stone wall extends beyond the house and forms a sort of embrace that echoes the shape of the gulf. This embracing wall guides the glaze to the opposite side, where the gulf closes with the silhouette of Rocca di Garda backlit, a revealing name that derives from “Warda”, meaning guard as if the invitation to observe were in the genesis of the lake and this place. An invitation to gaze that the house makes its own, striving to coincide with it.