Nuova sede della Procura della Repubblica
PROGETTARE NELLA CITTA'
Testo di Marco Mulazzani
Recuperare a un uso attuale il patrimonio di immobili dello Stato dismessi o sottoutilizzati è, ancora prima che una necessità, una straordinaria opportunità, in particolare quando consimili operazioni coinvolgono la città esistente divenendo agenti di trasformazione e valorizzazione dello spazio pubblico, cioè di un luogo fisico qualificato dall’uso sociale collettivo. L’intervento di restauro, risanamento conservativo e rifunzionalizzazione con ampliamento dell’ex Ospedale militare di Catanzaro, eseguito dallo studio Corvino + Multari (architettura e coordinamento generale), rientra in questa casistica per merito e altresì costituisce, nel metodo, un esempio di quelle “buone prassi” di certo giovamento per l’architettura contemporanea. Il committente, l’Agenzia del Demanio – Direzione Generale Calabria, ha infatti operato in sinergia, oltre che con l’ente usuario –la Procura della Repubblica retta da Nicola Gratteri– con partner istituzionali quali il Comune e la Soprintendenza di Catanzaro, in un procedimento che ha evitato il ricorso all’appalto integrato, consentendo al gruppo di professionisti incaricati di conservare la responsabilità di tutte le fasi della progettazione e dell’esecuzione, ovvero la direzione lavori nonché le direzioni artistica, strutturale e delle opere di restauro.
All’origine di questo processo unitario e condiviso –condizione necessaria ma di per sé non sufficiente a determinare la qualità di un’opera di architettura– vi è un progetto che ha saputo comporre la volontà di tutela di un bene sottoposto a vincolo (D. Lgs. 42/2004), l’ex convento dell’Ordine dei Francescani Minori Osservanti, con i requisiti richiesti dalla nuova destinazione d’uso, al contempo inscrivendo l’intervento di recupero in una più generale strategia di trasformazione dell’area su cui insiste il complesso. Fulcro di questa strategia è l’idea delle “due Corti”: l’una “storica”, oggetto di interventi miranti a chiarire la natura di una costruzione realizzata a partire dal XV secolo per addizioni e stratificazioni, adibita dalla seconda metà dell’Ottocento a Ospedale militare e infine dismessa nel 2005; l’altra “contemporanea”, che alla prima si affianca assumendo intelligentemente quale elemento di continuità un impianto tipologico analogo. Il complesso esistente è stato liberato da superfetazioni e volumi incongrui privi di rilevanza architettonica per consentire di leggere con chiarezza le partiture del nucleo conventuale originario e dell’aggiunta novecentesca realizzata per ampliare l’Ospedale militare; le facciate sono state restaurate ed è stato conservato il sistema delle coperture, a falde rivestite in tegole (ex convento) e piane (ex Ospedale). L’organizzazione degli spazi è stata rivista, attuando interventi coerenti con il sistema di distribuzione originario e individuando i luoghi più appropriati per inserire nuovi collegamenti verticali –per esempio l’ex campanile ubicato a nord-ovest del complesso, all’interno del quale è stata collocata la scala di sicurezza. Il bellissimo chiostro antico, ornato da una teoria di arcate a ogiva e massicci pilastri composti da conci di pietra di San Lucido, è stato restaurato e provvisto di una nuova pavimentazione; frammenti lapidei di portali e finestre, cornici d’imposta delle volte e porzioni di coperture voltate in pietra sono lasciati in evidenza, negli spazi interni e sulle pareti esterne, a indicare le trasformazioni occorse nel tempo all’ex convento. L’intervento di recupero e riqualificazione ha interessato anche le aree esterne di pertinenza del complesso, dove sono state riproposte le destinazioni d’uso storiche –giardino ornamentale e frutteto, con piantumazione di essenze arboree e arbusti coerenti con quelli anticamente esistenti– e predisposti gli spazi di collegamento con la “Corte contemporanea”. La nuova costruzione sostituisce due fabbricati già adibiti a depositi e irrecuperabili a nuovi usi rimanendo rigorosamente entro il profilo volumetrico da essi definito. Concepita a integrazione del complesso monumentale recuperato a nuovo uso, la “Corte contemporanea” è un edificio funzionale scevro di ogni pretenziosità, qualificandosi piuttosto per un’essenziale semplicità. Il volume parallelepipedo –poco più di 30x23x4 metri di altezza– è issato su setti in cemento armato che, unitamente a muri lungo parte del perimetro (a nord, ovest ed est), sostengono la soletta cementizia piena (flat-slab) del primo piano; sugli stessi setti prolungati in elevazione è appoggiato il reticolo di travi metalliche della struttura di copertura, quest’ultima finita esternamente con una superficie verde. Lo spazio liberato al piano terreno è in parte destinato a parcheggio riservato e in parte a deposito per gli archivi. Il volume soprastante che contiene gli uffici, caratterizzato da uno sbalzo di 5 metri verso i giardini terrazzati a sud, è definito perimetralmente da un involucro trasparente –una facciata vetrata continua riproposta nei quattro lati della corte interna (circa 7x5 metri)– protetto da un sistema di frangisole in alluminio. Pervasa in tutti i suoi spazi dalla luce naturale durante le ore diurne, la “Corte contemporanea” si trasforma di notte in una sorta di luminosa lanterna percepibile dalla città, offrendo in tal modo, com’è legittimo osservare, un’immagine eloquentemente rappresentativa delle Istituzioni in essa ospitate.