LA TIMIDITÉ DES CIMES
L’opera nasce, in linea con la filosofia del Festival des cabanes di Villa Medici a Roma, come strumento di connessione sociale e di riscoperta dei giardini storici della Villa, il cui progetto fu sviluppato da Ferdinando de’ Medici alla fine del XVI secolo.
L’installazione si identifica come un luogo di transizione e di contaminazione tra l’ambiente circostante (flora, fauna e vestigia storiche) e la vita ospitata al suo interno; uno spazio che si presta ad accogliere eventi artistici e culturali, adatto alla sosta, alla lettura e al gioco.
La Timidezza delle chiome è dunque un piccolo centro culturale, che attraverso le variegate attività ospitate al suo interno, anima i giardini diffondendo e conservando il patrimonio storico e naturale.
Il progetto si sviluppa a partire da una riflessione sul rapporto fra architettura, uomo e natura. Esplorando l’essenza dell’architettura stessa, cerca di sintetizzare attraverso la forma quei valori teorici, estetici e pratici validi nel passato come nella contemporaneità.
È il risultato di uno studio che ripercorre le origini del rapporto antropologico tra l’architettura e l’ambiente, condensate da Laugier nel concetto di cabane rustique (Essai sur l’architecture, 1753). Un compromesso fra il punto di vista vitruviano della capanna primitiva e ciò che Le Corbusier chiamò temple primitif.
L’opera è inserita all’interno del carré des vestiges, uno dei sedici giardini che compongono il labirinto vegetale di Villa Medici a Roma; si configura, per dimensione e struttura, come elemento base di lettura del tessuto ed estensione temporanea della Villa stessa.
Il padiglione posto all’entrata del giardino, ne riprende le proporzioni attraverso una geometria semplice ed armoniosa basata sulla sezione aurea e si propone come soglia.
Un luogo mutevole, in grado di adattarsi ad usi differenti, in cui sperimentare nuove configurazioni relazionali e spaziali.
La chiave di lettura dell’opera è la metafora boschiva della radura utilizzata da Heidegger. I quindici moduli che la compongono si susseguono regolarmente senza toccarsi andando a comporre quello che dall’alto e dal basso è descrivibile come un mosaico. I vuoti tra un modulo e l’altro, stabiliscono delle pause essenziali alla comprensione dell’opera (concetto di -ma- nella cultura giapponese). Infatti il gioco sottile che si viene a creare tra chiarezza ed oscurità contribuisce ad evocare l’immagine del bosco ed in particolare il fenomeno della timidezza delle chiome.
L’opera è stata concepita con il team di ingegneri e costruttori, per essere facilmente assemblata e smontata. La struttura è interamente in legno, non presenta fondazioni, ma si appoggia al suolo attraverso dei sistemi di ancoraggio.