CONSERVAZIONE, RESTAURO E VALORIZZAZIONE DELLA CHIESA DI SAN FRANCESCO A MIRANDOLA (MO)
Il progetto affronta il tema della ricostruzione della facciata, del sagrato, delle navate e della torre campanaria della Chiesa di San Francesco a Mirandola, danneggiata dal terremoto del 2012, oltreché quello della riorganizzazione degli spazi del presbiterio e della sagrestia e il progetto dell’arredo liturgico. Le nuove strutture, sia quelle verticali che quelle voltate, saranno in laterizio, in continuità con i caratteri dell’edificio e con un linguaggio che guarda alla tradizione costruttiva locale senza rinunciare ad affermare la sua contemporaneità. Forme e materiali che restituiscano unità all’insieme, non dimenticando il trauma del terremoto, con una riconfigurazione strutturale e architettonica priva di infingimenti ma anche di stridori.
Analisi dello stato di fatto e illustrazione delle principali criticità
Come si evince dalle relazioni sui danni e dalla documentazione fotografica, la chiesa ha subito il crollo quasi totale della copertura e delle volte, sia della navata centrale che di buona parte della navata laterale destra, il collasso del campanile e gravi lesioni con crolli parziali nella navata laterale sinistra e nella zona absidale. Anche la sacrestia ha subito collassi pressoché totali degli orizzontamenti, inclusa la copertura, e di gran parte delle strutture murarie interne, tutti danni provocati dal crollo del campanile.
Il progetto esecutivo del 2° lotto di lavori, in attesa degli interventi definitivi che verranno progettati in seguito a questo bando, “ha puntato essenzialmente a garantire la robustezza e la stabilità ‘locale’ delle parti sopravvissute agli eventi sismici e, ove possibile, al miglioramento delle connessioni tra i macroelementi presenti” configurandosi come un “intervento locale” (ai sensi delle NTC-08).
Gli interventi strutturali in corso di realizzazione, che riguardano le coperture delle parti non crollate completamente, la risarcitura delle volte ed il consolidamento di ampie porzioni murarie, saranno presi a modello per le proposte progettuali relative principalmente ai consolidamenti murari ed alla ricostruzione dei tetti.
Principi informatori del progetto di restauro e ricostruzione
Nel corso di sei secoli di vita, dagli inizi del XV secolo alla fine di maggio 2012 quando una parte consistente crolla sotto gli effetti di numerose scosse sismiche, la chiesa di San Francesco di Mirandola ha subito almeno tre significativi rifacimenti, particolarmente negli apparati decorativi interni. Dalle trasformazioni barocche del 1642, al ridisegno in stile gotico tra il 1823 e il 1867 con tinteggiature ad imitazione di chiese medievali toscane, ai restauri dei primi anni del Novecento che le conferirono sembianze austere, se non povere, fatta eccezione per la “sgrammaticatura” del pavimento marmoreo a scacchiera bicroma che richiama il gusto settecentesco. L’intervento del 1927 vide anche la demolizione del portico antistante la chiesa, costruito all’inizio del XVI secolo.
Fino al crollo del 2012 le trasformazioni subite dalla chiesa non avevano però modificato la configurazione strutturale originaria. Ed è da qui che occorre ripartire per restituire i caratteri identitari ad una chiesa tra le più venerate di Mirandola.
Ricostruzione delle parti mancanti della chiesa e della sagrestia
Le nuove strutture, sia quelle verticali che quelle voltate, saranno in laterizio, in continuità con i caratteri dell’edificio e con un linguaggio che guarda alla tradizione costruttiva locale senza rinunciare ad affermare la sua contemporaneità. Forme e materiali che restituiscano unità all’insieme, non dimenticando il trauma del terremoto, con una riconfigurazione strutturale e architettonica priva di infingimenti ma anche di stridori.
Le murature saranno ricostruite con mattoni pieni UNI 25x12x5,5, un formato che consente agevolmente di riconoscere l’epoca di realizzazione, ma con una grana e una finitura superficiale che non contrastino eccessivamente con quelli preesistenti. Si curerà di eseguire un’apparecchiatura alla “gotica”, modalità esecutiva particolarmente adatta per ingranare muri di tre o quattro teste di mattone. La malta di allettamento sarà una malta idraulica ad elevate caratteristiche di resistenza e aderenza, a ritiro controllato, per conferire la necessaria solidità e capacità di risposta ad eventuali scosse sismiche future.
Le volte saranno anch’esse ricostruite in laterizio con le stesse geometrie a crociera di quelle crollate. Come queste saranno ad una testa, con inspessimenti estradossali lungo le diagonali e nelle zone di imposta; sarà assicurata la continuità strutturale e una adeguata duttilità mediante cappetta di malta a base di calce armata con opportuna rete alcalo-resistente. L’imposta delle volte sarà collegata alla muratura mediante chiodature in acciaio inox o fibra aramidica, mentre le spinte saranno contrastate dall’inserimento di tiranti metallici.
Sulla ricostruzione di volte in materiali tradizionali di edifici ecclesiastici in zone colpite da forti terremoti esistono esperienze di grande rilievo. Si pensi alla volta della navata centrale della cattedrale di Sant’Angelo dei Lombardi (AV) ricostruita in mattoni da Antonino Giuffrè e Paolo Marconi dopo il sisma del 1980; a quella della cattedrale di Noto e della cupola, rifatte in pietra dopo il terremoto del 1996 su idea dello stesso Giuffrè e poi condotta a termine da un gruppo di ingegneri siciliani accompagnati da Carlo Gavarini; alle volte gotiche della basilica di San Francesco ad Assisi ricostruite nelle parti crollate e risarcite in quelle danneggiate da Giorgio Croci e Paolo Rocchi dopo il crollo del settembre 1997.
La ricostruzione delle volte gotiche di San Francesco a Mirandola sarà il giusto risarcimento tanto a un monumento che conservava nella sua compagine strutturale i caratteri più identitari, quanto a modalità costruttive tradizionali ingiustamente penalizzate da pregiudizi privi di basi scientifiche.
I piedritti delle volte, di cui rimangono le basi ed alcuni elementi significativi come i capitelli, saranno rimontati con cura e reintegrati, garantendo la massima stabilità e portanza.
Trattamento delle superfici interne
Le superfici interne non potranno – e non dovranno – tornare ad un aspetto unitario. Tante sono state le trasformazioni subite, anche non considerando il crollo di oltre metà della chiesa del 2012, che di ciò non si debba prendere coscienza. Del resto, le stesse indicazioni del bando osservano giustamente che “lo squarcio del sisma del 2012 si configura come un’occasione preziosa (…) per ideare una progettazione attuale, che possa valorizzare l’organismo storico proprio grazie all’accostamento armonioso di inserti contemporanei a quanto resta del materiale originario”.
Pertanto, le superfici delle nuove murature saranno lasciate con i laterizi a faccia vista mentre le altre superfici saranno oggetto di un accurato intervento di restauro previa rimozione sistematica delle tinteggiature più recenti e la messa in evidenza degli strati sottostanti dei quali si dovranno valutare l’estensione, la qualità e lo stato di conservazione (vedi più avanti relazione sugli apparati decorativi).
Delle pavimentazioni, realizzate negli anni Venti del Novecento, rimangono ampi brani ma molte parti presentano avvallamenti e fratturazioni diffuse delle piastrelle di marmo rosso broccato e nembro gialletto di Verona. Mentre i gradini in massello saranno conservati con le reintegrazioni necessarie, si prevede di rimuovere tutte le piastrelle e frantumarle in modo da ottenere una graniglia che, impastata con malta di calce idraulica e frammenti di mattoni provenienti dalle demolizioni, possa servire da impasto per una pavimentazione in battuto alla veneziana dalle tonalità rossastre.
Restauro della facciata
Si propone un intervento conservativo delle superfici che consenta il risarcimento dei degradi dei materiali costitutivi – laterizi, malte di allettamento, elementi decorativi in cotto, eventuali tracce superstiti di policromie – utilizzando esclusivamente consolidanti inorganici sia per il ristabilimento della coesione della matrice dei medesimi (silicato di etile) che per il consolidamento di stacchi e/o microstacchi/fratture puntuali dei vari elementi costituivi, mediante infiltrazioni a siringa di malta di calce idraulica naturale micronizzata NHL certificata; laddove l’esiguità degli spessori all’interfaccia non consentissero il corretto deflusso della malta, si prevede il ricorso alle nanotecnologie inorganiche, ovvero infiltrazione a siringa di nanosilice caricata con carica ventilata (per es. Kremer W 30 + cocciopesto rosso/giallo ventilato).
A seguire, successivamente ad un’operazione di surface cleaning finalizzata alla rimozione di biodeteriogeni precedentemente devitalizzati e ad un eventuale bilanciamento di disomogeneità incongrue per una corretta percezione della cortina muraria nel suo prospetto, si prevede l’integrazione dei difetti delle malte di allettamento (lacune) con malta di calce aerea della medesima cromia e granulometria rispetto l’originale – previe specifiche analisi scientifiche relative alla sua caratterizzazione (legante, composizione, morfologia e granulometria della carica; degrado, ecc.) –, finalizzata alla stabilizzazione della micro-struttura (i singoli laterizi ingranati nella muratura) ed al risarcimento di una superficie continua che impedisca infiltrazioni e/o ristagni di acqua meteorica deleteri per una corretta conservazione. La stuccatura manterrà “la memoria” dei disassamenti dei piani di facciata, già oggetto di specifici interventi strutturali, quale parte integrante dell’“istanza storica” della chiesa, limitando al massimo gli interventi di scuci-cuci sulla “pelle” esterna della cortina muraria stessa.
Un particolare approccio si riserva al composito fregio sommitale in cotto ad archetti ciechi, in parte crollato e/o smontato dopo il sisma. L’elemento decorativo si pone quale coronamento ideale che sigilla e slancia la facciata in un anelito verso il cielo, tale per cui si ritiene irrinunciabile procedere con una meditata integrazione di tutte quelle porzioni che risulteranno mancanti una volta recuperati e risarciti tutti gli elementi originali superstiti, compresa la ricomposizione meticolosa di manufatti fratturati originali ancora potenzialmente funzionali, alla fase attuale di frammento.
Si propone quindi l’integrazione dei singoli elementi mancanti con manufatti in cotto non gelivo (importante la fornitura di materiale ceramico da fornaci che utilizzino un sistema tradizionale di lenta essicazione della terra cruda ed altrettanto lenta cottura della fase di forno per garantire una produzione di materiale duraturo nel lungo periodo, vista la sua diretta esposizione in ambiente non confinato), della medesima foggia e dimensione degli originali sulla base del rilievo delle specifiche sagome. Una peculiare accortezza dovrà essere destinata alla fase di rimontaggio sia degli originali che degli elementi di ripristino, considerata la modalità stessa della messa in opera originale dei singoli elementi costituenti il fregio. Gli archetti ciechi infatti, come presumibilmente il corso sottotetto “a dente di sega”, non risulta in alcun modo ammorsato alla muratura ma posizionato solo tramite la malta di allettamento. È del tutto evidente l’instabilità intrinseca di tale sistema nel caso di un degrado avanzato della medesima e a maggior ragione in caso di sisma, tanto da richiedere il ricorso ad un presidio efficace e nel contempo di minimo impatto estetico. Il presidio di tipo “meccanico”, del tutto reversibile, consiste nell’inserimento nella muratura di supporto di micro-grappe in acciaio inox ricurve, ad abbracciare l’elemento dell’archetto non ammorsato, opportunamente pigmentate per un arretramento della percezione dei medesimi dal piano di campagna.
Ricostruzione del campanile
Il campanile tornerà a stagliarsi nello skyline urbano con il suo fusto parallelepipedo in mattoni alto 26 metri quanto quello originario.
Questo nuovo elemento architettonico e urbano non poteva essere una replica di quello crollato non solo e non tanto perché la sua riproposizione sarebbe stato un falso storico ma, soprattutto, perché il falso sarebbe stato nella concezione strutturale del manufatto, necessariamente diversa da quella preesistente per evidenti opportunità di carattere normativo, e non solo. Si pensi, ad esempio, al ricostruito campanile di Piazza San Marco a Venezia dopo il crollo improvviso del 1902. La sua ricostruzione è stata solo apparentemente un dov’era e com’era, in realtà di tratta di una gabbia cementizia rivestita in laterizi e pietra d’Istria che disattende, seppur in buona fede e con aspirazioni legittime, ai principi dell’architettura che è costituita da un legame indissolubile di funzione, struttura e forma.
Quindi il nuovo campanile sarà un’architettura contemporanea che ricorda il precedente nell’altezza, nelle dimensioni planimetriche e volumetriche, nel materiale di rivestimento: il laterizio.
I riferimenti più significativi sono nell’architettura religiosa post-bellica dell’Europa del nord (opere di Rudolf Schwarz, Emil Steffan, ecc.) e dell’architettura neo-realista italiana (Mazzoni, Fagnoni, Muratori, ecc.) che voleva riannodare un filo di continuità con la tradizione costruttiva dei loro paesi dopo gli orrori e le distruzioni della guerra. Distruzioni provocate dagli uomini ma non dissimili da quelle causate dai terremoti come è avvenuto per la chiesa e il campanile di San Francesco a Mirandola.
Riorganizzazione dei percorsi nei corpi a sinistra dell’abside
L’ambiente a sinistra dell’abside accoglie l’ingresso al presbiterio, al campanile e ad una scala che conduce al piano superiore della sagrestia. La soluzione proposta prevede la realizzazione di un corpo esterno di servizi igienici coperti con una struttura leggera, il mantenimento della scala esistente ed il collegamento tra questa ed il piano superiore alla sacrestia mediante una passerella.
Connessione tra la chiesa e la città attraverso la riprogettazione del sagrato
Per quanto riguarda la soluzione pensata per il sagrato, due sono stati i temi considerati: la continuità con il suolo urbano, ovvero l’abbattimento, in termini normativi, delle barriere architettoniche e l’irreggimentazione e l’allontanamento dell’acqua dalla facciata. Per tale ragione la nuova configurazione del sagrato si presenta come una grande soglia in coltellata di mattoni plasmata a configurare una leggera pendenza, convergendo, dalle quote di attacco, verso una linea di impluvio che raccoglie le acque, realizzata con elementi lapidei in pietra di Luserna.
Progetto strutturale
La conoscenza dell’esistente è anche al centro della progettazione strutturale. I modelli matematici sono diventati la base degli sviluppi scientifici nel settore delle strutture, ma la complessità delle costruzioni esistenti e, ancor di più, di quelle storiche danneggiate, rende le analisi matematiche non sempre attendibili, riferendosi a schemi ideali spesso poco rappresentativi della realtà. È necessario pertanto seguire anche percorsi alternativi o integrativi dei procedimenti di calcolo, adottando il metodo induttivo-qualitativo (diagnostica intuitiva) e non solo quello deduttivo-quantitativo. Per assicurare la qualità del progetto occorre dunque lasciare spazio alla ricerca storica e all’osservazione, affinché gli elementi qualitativi che ne derivino possano consentire di individuare parametri di calcolo appropriati e aderenti rispetto alla costruzione storica, così da rendere sempre più attendibili le verifiche tecniche e le scelte progettuali.
La Chiesa di San Francesco ha subito gravi danni e crolli a seguito del sisma del 2012 manifestando chiaramente le situazioni di vulnerabilità nei confronti delle azioni sismiche. L’obiettivo del progetto è quindi quello di ridurre sensibilmente le vulnerabilità evidenziate con gli interventi di consolidamento e di miglioramento raggiungendo un conveniente valore dell’indice di vulnerabilità, dato dal rapporto tra capacità e domanda.
La valutazione qualitativa e quantitativa della risposta sismica è effettuata quindi prevalentemente attraverso l’attenta osservazione e l’analisi dei crolli e delle manifestazioni di dissesto, valutando la sicurezza sia con i corrispondenti meccanismi di danno, che con metodi di calcolo dell’equilibrio di macroelementi, con riferimento alla vigente normativa (NTC 2018 e relativa Circolare 7/2019 in vigore), ma soprattutto nel rispetto della DPCM 2011 “Valutazione e la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle norme tecniche per le costruzioni”. L’analisi strutturale statica e sismica si completa mediante l’analisi elastica lineare mediante un modello agli elementi finiti, quale strumento di approfondimento della conoscenza del comportamento d’insieme del fabbricato, e per la conferma dei meccanismi di danno individuati, coerentemente con il quadro dei dissesti e dei crolli, e la identificazione di ulteriori meccanismi di danno eventualmente sfuggiti alla prima analisi.
Lo studio e le analisi preliminari alla progettazione potranno confermare se i crolli avvenuti siano dovuti ad una particolare debolezza dei setti murari esposti ad azioni sismiche fuori piano per via di una insufficienza o inefficienza di collegamenti o alla scarsa qualità delle murature; la documentazione fotografica prodotta mostrerebbe l’assenza di collegamento efficace sulla sommità delle murature: le riprese fotografiche dopo il crollo della copertura della navata centrale mostrano sulla sommità della parete laterale sinistra della navata centrale la presenza delle sedi di appoggio delle capriate pressoché integre, compatibili con lo sfilamento delle capriate che, se invece fossero state ben collegate, nel crollo avrebbero dovuto trascinare con sé la porzione di muratura nella zona di appoggio. Tale ipotesi è confermata anche dalla assenza di elementi metallici di collegamento sulla estremità delle capriate a terra dopo il crollo.
Come indicato in precedenza la scelta progettuale di intervento sulle strutture della chiesa è in piena continuità con quanto previsto nel secondo lotto dei lavori in corso di ripristino e rafforzamento locale delle strutture superstiti: è stata proposta infatti la ricostruzione delle strutture mancanti in muratura di mattoni pieni.
Appare necessario intervenire su due livelli: con interventi di carattere locale di consolidamento e riconfigurazione architettonica e strutturale, ed a livello più esteso con interventi di miglioramento del comportamento di carattere globale, introducendo sistemi di connessione tra le diverse strutture, tiranti metallici, privilegiando qualora efficaci tecniche e materiali tradizionali, facendo particolare attenzione affinché siano salvaguardati gli schemi strutturali di comportamento più favorevoli in termini di distribuzione delle rigidezze in considerazione delle masse e dei vincoli presenti.
Sulle strutture esistenti saranno effettuati interventi puntuali in modo tale da consentire di aumentarne la resistenza e la duttilità, senza tuttavia modificare in modo significativo la rigidezza e lo schema strutturale globale o sacrificare la consistenza architettonica del manufatto. Dunque una progettazione “caso per caso”, nel pieno rispetto dell’edificio e dei fondamentali principi del restauro, quali ‘minimo intervento’, ‘riconoscibilità’ o ‘distinguibilità’ di antico e nuovo, ‘compatibilità’ fisico-chimica e figurativa, ‘durabilità’ e ‘reversibilità’. Obiettivo del progetto di consolidamento strutturale, è quello, imprescindibile, di realizzare interventi efficaci e durevoli, il più possibile reversibili e che abbiano un impatto minimo sulla materia originaria. Per questo sono privilegiati materiali e tecniche tradizionali, con eventuale recupero dei materiali originari o, laddove possibile, risultati delle demolizioni, e ricorrendo all’impiego di tecnologie e materiali nuovi solo qualora sia accertata la loro durabilità e totale compatibilità con gli originari, a basso impatto ambientale ed elevata eco-sostenibilità.
Le nuove murature saranno realizzate in mattoni pieni a tre teste con una tessitura alla “gotica” allettati con malta bastarda. Le dimensioni dei mattoni saranno del tipo UNI 25x12x5,5. In alcuni punti occorrerà prevedere lo smontaggio localizzato dei lacerti residui laddove la consistenza e lo stato di conservazione delle murature dovessero risultare compromessi, mentre la adozione di idonea tessitura e di particolari accorgimenti costruttivi potranno garantire più adeguati livelli di resistenza (disposizione di diatoni, uso di malte speciali ad elevate caratteristiche di adesione e stabilità volumetrica, ecc.).
Per le volte è stata prevista la realizzazione sulla superficie di estradosso di una sottile cappetta debolmente armata con fibra sintetica, in modo da dare continuità strutturale e scongiurare situazioni di allentamento in caso di futuri terremoti, come anche il diffuso collegamento perimetrale con le murature di bordo e di imposta. Per la copertura è stata prevista la realizzazione di una struttura lignea non spingente, con doppio tavolato incrociato, soluzione leggera che garantisce una adeguata azione di controventamento di falda, soprattutto se associato ad un sistema di piatti metallici di controvento a croci di sant’Andrea connesso ad una cordolatura perimetrale realizzata sulla sommità delle pareti sempre con piatti metallici ben ancorati alle murature, manto in coppi e contro coppi. Anche la estremità delle nuove capriate, per le quali se possibile si cercherà di recuperare qualche elemento di crollo, saranno ben connesse al nuovo cordolo metallico, la cui dimensione di 150 x 10 mm, associa eccellente resistenza a trazione e duttilità nel piano della parete ad una moderata rigidezza trasversale.
Il sistema di controventamento proposto non ha quindi l’obiettivo di costituire un diaframma rigido nel piano di copertura, elemento che andrebbe ad alterare il comportamento d’insieme dell’edificio, con effetti non facilmente quantificabili sul rapporto capacità/domanda della costruzione, ma quello di assecondare il più favorevole comportamento globale dell’edificio con limitate deformazioni trasversali.
Per la facciata occorrerà verificare preliminarmente se sia praticabile o meno un parziale (o totale) recupero delle deformazioni residue. La stabilità sarà comunque assicurata dall’ancoraggio diffuso alle strutture retrostanti, sia in corrispondenza delle pareti longitudinali mediante tiranti metallici inseriti all’interno delle murature, sia lungo le linee di contatto con le falde con collegamenti diffusi al sistema metallico di piano costituito dai piatti metallici. L’ancoraggio dei tiranti in facciata avverrà con capochiave a paletto. Tutte le fratture e le discontinuità saranno sanate con sistematiche risarciture e iniezioni di prodotti a base di calce dotati di stabilità volumetrica ed elevate caratteristiche meccaniche e di penetrazione.
Differente è la problematica del campanile sul cui collasso probabilmente hanno avuto un ruolo determinante una serie di concause quali l’eccessiva snellezza, la massa elevata, le mediocri caratteristiche meccaniche della muratura di base: l’oscillazione del campanile con dimensioni esterne alla base di poco più di quattro metri e altezza di oltre 26 metri, avrà prodotto in alcune sezioni dei valori di sovratensione molto elevati, evidentemente incompatibili con le caratteristiche di resistenza della muratura. Tale eventualità andrà comunque accertata nel corso delle osservazioni e delle analisi preliminari.
Per il campanile quindi non è praticabile la ricostruzione in muratura per il grave impegno derivante dall’azione orizzontale del sisma di progetto, ma anche del vento. E’ prevista quindi la realizzazione di una nuova struttura metallica, dotata di fondazioni profonde per assicurare l’incastro alla base, costituita da un tubo in acciaio inserito all’interno del vano interno del campanile originario; il tubo contiene all’interno una scala elicoidale che consente lo sbarco ai diversi livelli di piano e giunge fino alla grande cella campanaria, anch’essa realizzata con un traliccio metallico, nella quale verranno ricollocate le campane in bronzo; sul bordo dei diversi livelli di piano sono fissati i pannelli prefabbricati di rivestimento, con paramento in laterizio; la nuova struttura sarà del tutto autonoma e isolata dai lacerti di muratura rimasti a seguito del crollo, che saranno consolidati e rimarranno perfettamente riconoscibili ad ulteriore testimonianza del grave trauma subito.
Più in dettaglio la struttura principale del campanile consiste in un fusto centrale circolare in acciaio la cui sezione è composta da due tubolari concentrici collegati da nervature radiali e forati in corrispondenza delle aperture per l’accesso ai piani. Per la porzione bassa del campanile si prevedono lamiere di 15 mm di spessore, che si riducono a 10 mm nella parte alta. Per il montaggio del fusto si prevede la realizzazione di conci della sezione composta in officina comprensiva delle scale in lamiera interne al fusto e il successivo montaggio in opera mediante saldatura delle diverse sezioni orizzontali presentate in posizione dall’alto con gru.
La struttura di ciascun piano è costituita dalla lamiera orizzontale che costituisce il piano di calpestio sostenuta da nervature poste in direzione radiale rispetto all’asse del fusto. Un ulteriore irrigidimento è garantito dalla presenza di una lamiera di bordo che risvolta verso l’interno all’intradosso per consentire il fissaggio dei pannelli di tamponamento.
La struttura di supporto delle tamponature esterne è costituita da lamiere modulari dello spessore di 5 mm collegate ad una rete elettrosaldata che funge da vincolo per il rivestimento esterno della torre, per il quale si prevede la realizzazione di una muratura costituita da mezzo mattone pieno (dello spessore quindi di circa 6 cm) di modo da restituire l’aspetto originale del campanile. I pannelli modulari di tamponatura sono fissati in corrispondenza dei piani di calpestio.
Per la sommità del campanile si prevede l’impiego di profili tubolari a sezione rettangolare costituenti una struttura reticolare che verrà predisposta in officina e montata in opera tramite saldatura.
L’apparato fondale è completamente autonomo rispetto alle strutture esistenti, e costituito da un cassone nervato in acciaio con configurazione planimetrica tale da garantire un idoneo distanziamento dalle murature esistenti, sostenuto da n. 16 micropali per la cui realizzazione, nel rispetto delle strutture superstiti, nell’impossibilità di operare all’interno della struttura, sarà predisposta una opportuna piattaforma di lavoro, in alto, ad una quota tale da rispettare i lacerti delle murature esistenti. In assenza di dati sulle caratteristiche dei terreni nelle verifiche di calcolo eseguite è stata utilizzata una lunghezza dei micropali di 25 m. La scelta di realizzare fondazioni profonde all’interno del vano del campanile è compatibile peraltro con la assenza di preesistenze e di strutture archeologiche accertata mediante le indagini eseguite riportate nel documento di gara “Mirandola - Indagini geognostiche e diagnostiche”.
Il calcolo preliminare delle strutture del campanile è stato effettuato mediante la costruzione e l’analisi di un modello agli elementi finiti ricorrendo all’impiego di elementi monodimensionali tipo beam ed elementi bidimensionali tipo plate. Sui nodi di base, a favore di sicurezza, è stato imposto un vincolo di cerniera. Sono state considerate le azioni del vento e del sisma, oltre che dei carichi permanenti e dei sovraccarichi accidentali.
Corpi illuminanti
In questo intervento, la luce sarà trattata come un vero e proprio materiale architettonico, inserito nel sofisticato discorso di rivisitazione e semplificazione generale dei volumi e del lessico compositivo. L’ambiente visivo interno è immaginato come una scenografia luminosa costituita da una tenue illuminazione generale di fondo di tonalità bianco caldo (2700K), un involucro luminoso perfettamente integrato all’architettura, che esalti ed enfatizzi la matericità delle superfici e il segno architettonico, e da una calibrata illuminazione di accento o funzionale di tonalità più brillante (3000K) demandata a corpi illuminanti miniaturizzati dal design sobrio ed essenziale integrati alle forme architettoniche, ad eccezione dei tre significativi apparecchi a sospensione concepiti per l’illuminazione generale della navata centrale, costituiti da un segno puro, geometrico e minimalista che ripropone – attraverso la forma circolare su doppio livello - in forma scarna, essenziale ed attuale il modello concettuale usato fin dall’epoca medievale per l’illuminazione dei grandi spazi rappresentativi.
Tutti gli apparecchi - ad emissione puntuale o lineare - sono dotati di sorgenti LED di diversa potenza, elevata efficienza luminosa, lunga vita operativa con bassissima incidenza di interventi di manutenzione, elevata resa cromatica, diverse ottiche ed accessori al fine di garantire la massima personalizzazione delle specifiche esigenze ed un elevato grado di flessibilità, incrementato dalla possibilità di regolazione del flusso luminoso emesso per tutte le tipologie impiegate (tecnologia DALI). I corpi illuminanti saranno infatti gestiti da un sistema di controllo dell’intero impianto tale da garantire la creazione di diverse scenografie luminose, che caratterizzano le esigenze liturgiche e funzionali dell’atmosfera visiva di una chiesa (celebrazioni come messa ordinaria, festiva, solenne, rosario, Corpus Domini, ma anche visita museale, pulizie, etc.), preimpostate su un’apposita centralina e richiamate a mezzo di un semplice comando. Oltre a garantire flessibilità e soluzioni adattate sulle specifiche esigenze e facilità di gestione, l’adozione di un tale sistema consente attraverso la regolazione un ulteriore incremento del risparmio energetico.
Sobrietà e minimalismo caratterizzeranno anche la luce della torre campanaria, elemento significativo anche come mezzo di comunicazione a livello urbano e territoriale. Si è pensato ad una dissonanza cromatica fra la luce proveniente dalle asole perimetrali - tre per ciascun lato della torre – ottenuta a mezzo di apparecchi ad incasso a scomparsa nel vano a livello del calpestio, tali da garantire un elegante effetto visivo in tutta la bucatura con una tonalità bianco caldo ed elementi lineari inseriti nella struttura metallica di sostegno della cella campanaria, che ne evidenziano il disegno con l’effetto di un segno integrato alla forma caratterizzato da una dominante cromatica banco neutro, che si staglia sul cielo notturno. In entrambe i casi, il flusso luminoso non ha alcuna componente dispersa verso l’alto, nel rispetto delle norme sul contenimento dell’inquinamento luminoso (L.R. 19/03 e DGR 1732 del 2015). Il rispetto di tali norme verrà garantito anche per l’illuminazione della facciata esterna, per la quale al momento di propone solo una lieve nota di accento per la porta di ingresso e le lesene; il progetto completo dovrà infatti necessariamente essere demandato a fasi di progettazione più avanzata, essendo necessario l’ausilio informazioni precise e dettagliate su collegamenti e punti di appoggio esterni all’area di intervento (tetti palazzi circostanti, illuminazione pubblica, attraversamento stradale cavi, ecc.), indispensabili per la proiezione di luce su un volume considerevole.
Allestimento liturgico
Il progetto individua una configurazione liturgica della Chiesa in relazione alla nota pastorale della Commissione episcopale per la Liturgia della CEI sull’adeguamento delle Chiese secondo la riforma del 1996.
Il principio fondante dell’assetto liturgico proposto è quello di non riunire i poli in un unico comparto ma di proporre oggetti/luoghi in dialogo tra loro e con il grande spazio ecclesiale.
L’altare, un semplice parallepipedo in pietra arenaria appenninica, verrà collocato nella sua pristina posizione restituendo senso e funzione alla pedana esistente delle dimensioni tali da favorire la sua circondabilità da parte della comunità raccolta in celebrazione eucaristica. L’altare avrà perciò dimensioni contenute e forma quadrangolare, con <
Sopra l’altare verrà rimontato il crocifisso settecentesco, miracolosamente scampato al sisma.
L’ambone, posto in prossimità dell’assemblea e non all’interno del presbiterio, come testimonia la tradizione liturgica, sarà un’elevata tribuna fissa, eloquente per forma tanto da far <
Il coro ligneo settecentesco sarà restaurato e rimontato nell’abside, mentre i due pulpiti preesistenti, di cui attualmente non si conosce la sorte, se rinvenuti nei depositi e recuperabili, saranno ricollocati nella prima arcata della navata centrale.
La sede del presidente sarà posta nel lato del presbiterio in posizione visibile all’assemblea.
La custodia Eucaristica sarà collocata nell’altare della cappella della Beata Vergine Immacolata e questa fungerà anche da cappella per le celebrazioni feriali.
Il fonte battesimale sarà posizionato nei pressi dell’ingresso in modo da garantire relazione diretta con gli spazi penitenziali, ed un’ampiezza utile alle funzioni battesimali.
L’acquasantiera, ancora visibile nelle foto post sisma all’ingresso nella prima campata di sinistra, sarà restaurata e ricollocata dove si trovava precedentemente.
Lo spazio penitenziale sarà posto vicino all’ingresso e al fonte battesimale.
Alla cappella della Beata Vergine di Reggio ed al Sacrario ai Caduti verrà restituita la funzione precedente al sisma, così come gli altari posti sulle pareti delle navate laterali.
Le panche della comunità dei fedeli saranno realizzate in legno di rovere non essiccato al forno in tavole di elevato spessore e caratterizzate da semplicità formale e rigore costruttivo.
L’installazione illuminotecnica (vedi la descrizione di dettaglio nel capitolo degli impianti) entrerà a far parte della configurazione liturgica della chiesa favorendone le azioni celebrative in base a scenari di luce pre-configurati, oltre che a servire le esigenze illuminotecniche per le manifestazioni culturali di varia natura che vi si potranno svolgere.
TAVOLE DI CONCORSO