Recupero e ampliamento di Palazzo Carcano a Trani
Il progetto riguarda il restauro di Palazzo Carcano prevedendone la riorganizzazione oltreché la realizzazione di un ampliamento. Il processo progettuale parte dalla lettura del contesto e interpreta la natura tipologica-costruttiva del Palazzo. Il restauro si completa con il piccolo corpo, la cui giacitura da una parte risolve la testata del fabbricato “non finito” lungo via Accademia dei Pellegrini, dall’altra partecipa alla ridefinizione dell’invaso stradale e, per ultimo, verso la piazza Re Manfredi, stabilisce la regola volumetrica per la costruzione di un solido fronte urbano che fissa il nuovo limite di sviluppo dell’invaso della corte aperta conferendogli forma, orientamento e proporzioni.
1. Il contesto storico, architettonico e paesaggistico
Il Palazzo Carcano identifica sul piano urbano il luogo di congiungimento tra le trame del tessuto della città antica di Trani (ne costituisce una entità del bordo) e la dimensione monumentale insita nella relazione fisico-percettiva tra la Cattedrale, il Castello e il vasto orizzonte del mare. Ad integrazione delle considerazioni proposte nella precedente relazione storica, basate sulle fonti documentarie, si aprirà ora un focus sul processo di trasformazione urbana del nucleo consolidato entro le mura federiciane in cui ricadono il Palazzo, il Castello e la Cattedrale che connotano il rapporto tra gli edifici della zona nord-ovest della città.
Le tre fasi che riassumono in sintesi le principali mutazioni intervenute possono essere richiamate nei seguenti momenti, quali punti eutettici del continuo di trasformazioni:
I fase_la città “castrum”
L’ipotesi della formazione dell’antica Trani trova conferma nell’assetto strutturale - fondato sul modello del “castrum” romano - che la città mostra a livello sostrato, malgrado le cospicue trasformazioni prodotte nei secoli successivi.
In questa fase, la probabile configurazione originaria del Palazzo è da farsi coincidere con l’impianto di una coppia di case a corte, di cui se ne ipotizza la permanenza a livello di sostrato nel solo nucleo costituito dagli ambienti del margine nord-ovest del cortile.
II fase_la città murata longobarda
In seguito, la città si dota di mura in età longobarda e si fortifica con la successiva costruzione del castello federiciano. La crescita del costruito avviene su percorsi spontanei che determinano la formazione di tessuti irregolari costituiti da tipi edilizi dal carattere ibridato. In questa fase è possibile individuare in corrispondenza del sedime del futuro Palazzo Carcano una aggregazione di unità elementari.
In modo particolare il consumo dell’originario tipo a corte avviene attraverso il superamento del recinto e l’avanzamento di unità abitative su strada (è il concetto di casa che compare tra l’XI e il XIV secolo).
III fase_Consolidamento del tessuto urbano
Tra XV e XVIII secolo, si registra la costruzione di numerose residenze nobiliari, soprattutto lungo via Beltrani. Man mano che la città si consolida prende corpo la natura di organismo “interrotto” della città medioevale come si evince dal profilo “sfrangiato” del bordo occidentale della stessa: un carattere che interessa direttamente il Palazzo Carcano e in particolare il rapporto che lo stesso stabilisce con la piazza retrostante e il castello. In modo particolare la mutazione in Palazzo dell’edificio costituito da un “aggregato elementare, avviene con l’inserimento del cortile e la rettifica delle differenti unità. La configurazione dell’organismo compatto palaziale sembra compromessa a partire dal XVII sec. con l’addizione progressiva di corpi lungo i fronti est e nord dell’edificio, i quali tenderanno a conferire un carattere di “non finito” da un punto di vista architettonico e urbano.
Al termine di tale processo evolutivo si consolida stabilmente il nesso gerarchico tra Palazzo, Castello e Cattedrale. In modo particolare, il Palazzo si colloca all’intersezione tra l’asse di via Beltrani, compreso tra la Cattedrale e la Porta Nova a sud, e il controasse di connessione tra il castello e la chiesa di Santa Teresa (ad est). Nel bordo nordoccidentale della città storica, il Palazzo si contrappone all’edificio del Castello, partecipando come porzione interna al bordo “incompiuto/sfrangiato”, il quale si configura come “massa plastica” articolata in avanzamenti e arretramenti, che termina nell’ampio invaso del sagrato della Cattedrale.
1.1 La proposta progettuale. La trasmutazione di senso dello spazio urbano progettato
“L’intervento di recupero con ampliamento e valorizzazione di Palazzo Carcano” esige di ripensare, in base all’analisi urbana svolta, la connessione tra il Castello e il retro del Palazzo (luogo ridotto a limite marginale scarsamente qualificato) in un nuovo spazio urbano che, oltre a legare in forma integrata i due edifici, giunge a favorire una trasmutazione di senso del loro rapporto, ora organico e interrelato. L’intervento, nel suo insieme, ristabilisce un nuovo ordine del fronte nord-ovest, significando l’intero spazio pubblico, inteso compiutamente nel suo ruolo autentico di “piazza”: vasto ambito urbano ri-generato, che lega in un unico invaso le diverse componenti che vi partecipano (Palazzo, Castello, Cattedrale e mare).
La continuità materica e cromatica del parterre fa da sfondo alle architetture, in coerenza con quanto già manifesto nel sistema delle piazze storiche della città di Trani. La finitura pavimentale, oltre ad integrarsi al carattere del luogo, è coerente con i temi della sostenibilità ambientale, garantendo la permeabilità dei suoli (mediante pavimentazioni naturali realizzate con sabbie calcaree compattate) e il riuso dei materiali provenienti dalle cave di calcare locale (lastre, masselli e cordoli saranno realizzati in conglomerato cementizio con inerti di calcare di riuso).
In questo contesto, più vasto rispetto all’area di intervento indicata dal bando, con l’obiettivo di rafforzare il valore documentario delle stratificazioni storiche della città, è auspicabile estendere gli scavi archeologici ad altri ambiti della piazza, in modo da integrare eventuali nuove emergenze con i ritrovamenti archeologici presenti nell’area in adiacenza al Palazzo: un luogo, quest’ultimo, evocativo che preannuncia la visita al museo e allo spazio espositivo integrati nel nuovo complesso giudiziario (N.B. Si consideri la sistemazione dell’area di piazza Re Manfredi solo un’ipotesi che concorre a rendere congruente l’intervento di riqualificazione dello spazio urbano sotteso tra il Palazzo e il Castello).
Questa strategia progettuale, che cerca relazioni visuali con gli spazi aperti della città con l’obiettivo di raccogliere e risolvere le tensioni “dissonanti” prodotte dall’architettura incompiuta di Palazzo Carcano, è estesa alla re-interpretazione di via Accademia dei Pellegrini (attualmente bordo privo di qualità architettonica ed urbana). Il progetto intende qui ridefinire un nuovo e chiaro ordine dell’invaso stradale attraverso la volumetria dell’edifico d’ampliamento, dalle forme sobrie ed integrate al contesto, che ricompone, in modo proporzionato e armonico, la spazialità prospettica della quinta urbana in vista sul Castello.
Il tema dell’incompiutezza morfologica del bordo orientale dell’area è anche in questo caso risolto con le stesse finalità che affrontano il rapporto tra città ed edificio. La giacitura del piccolo volume d’ampliamento coglie l’essenza di questo fronte “incompiuto”, rispettando le logiche d’impianto della preesistenza, gli allineamenti geometrici e gli sviluppi volumetrici. Questa impostazione conduce verso una soluzione planimetrica integrata con l’assetto composito del palazzo; una logica ideativa basata nel riconoscere e affidare al cortile aperto sulla piazza (interessato dall’archeologia) il ruolo di fulcro della composizione, dalla chiara identità tipologico-figurativa; luogo di riconnessione tra spazio della città e palazzo: una straordinaria opportunità di dialogo tra componenti urbane e architettura. La scelta appare giustificata da almeno due ragioni: la coerenza con l’evoluzione del tessuto urbano lungo tale margine che si offre sempre come un “non finito”; l’incongruenza a riproporre il raddoppio dello spazio della corte-cortile, di dimensioni pressoché identiche a quella esistente, che non trova modelli di comportamento analoghi nell’architettura tranese.
Conclusioni: Sul piano dell’assetto planimetrico, la proposta progettuale segue, appunto, il carattere di “non finito” dell’architettura del palazzo, coerentemente alla vocazione riconosciuta nel margine urbano di cui è parte. Una impostazione coerente con l’articolazione composita della volumetria complessiva, costituita storicamente dalla meccanica giustapposizione di più elementi rispondenti a 4 principali fasi di crescita: una prima, relativa alla struttura a case a corte, chiaramente identificabile come cardine centrale della composizione; una seconda, caratterizzata dall’accostamento di un corpo di fabbrica che si dispone tangenzialmente al fronte nord-orientale dell’antico palazzo, che mantiene coerenza rispetto alla matrice geometrico-tipologica primitiva; una terza, sinteticamente identificabile con la costruzione di più corpi di fabbrica che disattendono la matrice unitaria dell’edificio a corte, disponendosi come propaggini disorganiche, in guisa di prolungamenti orientati verso il castello, in forte contrasto rispetto al carattere “cubico” e unitario del palazzo; infine, un’ultima caratterizzata dalla costruzione corrispondente al basso corpo di fabbrica che si accosta parallelamente all’antico palazzo lungo Via Accademia dei Pellegrini.
Malgrado le tecniche d’intervento abbiano messo in atto, nei recenti lavori di ristrutturazione e restauro del 2009, una strategia fortemente (e purtroppo) indirizzata verso un inestetismo di omologazione delle fasi e dei linguaggi, determinando un assetto architettonico improprio che rinnega la natura complessa, eterogenea e stratificata del palazzo (pluralità di soggetti diversi meccanicamente ri-ordinati in un organismo scomposto), si pensa sia ancora possibile perseguire l’idea di restituire un’immagine e un carattere coerente con la natura del luogo, con le sue articolazioni spaziali, le sue differenze, le sue lacune e le sue disarmonie. È necessario che il vero prenda corpo, “che aleggi nei dintorni come spirito e provochi una sorta di accordo tra parti” (la Piazza, il Castello, il mare, il Palazzo); che riconosca come risorsa il carattere imperfetto e “frammentario” del Palazzo, risarcendo lacune, precisando confini, conferendo identità e riconoscibilità agli elementi (gli apparati murari, gli elementi decorativi), dimensione e scala agli invasi spaziali indefiniti e vaghi (l’area archeologica, la piazza/parcheggio, l’antica via). La nostra attenzione si orienta, quindi, non tanto sul tema del completamento d’un incompiuto (il palazzo non presenta una memoria da risarcire), semmai ricerca la “tecnica” della ri-significazione di elementi e parti attraverso la reinterpretazione e il restauro d’una “rovina” da ri-scoprire, da custodire e conservare, nel tentativo di opporsi, attraverso il nostro agire sull’architettura, all’accelerazione del tempo che porta alla fatale, quanto irreversibile, sorte della sua consunzione.
Una strategia progettuale, quindi, da non intendersi come strumento per ri-stabilire la “continuità” d’una unità perduta per innescare una ri-sarcitura d’un vuoto urbano, ristabilendo artificiosamente una “bellezza” proporzionata, armonica, omogenea e assonante; ma, all’opposto, un fare critico che ricerchi un’estetica “parlante” che si misuri nella dimensione complessa del frammento, dell’incompiuto, del dissonante, delle similitudini, che aspiri a conquistare una forma vitale, dinamica, che restituisca il presente (il volume dell’ampliamento) nel contesto gravido di senso del passato.
È nel rapporto tra l’antico e il nuovo (senza anelare alla totalità “perduta”), che si compie la nostra scelta: una modernità libera ma evocante che trova riconoscibilità sullo sfondo della dimensione autentica e sincera della “rovina”. Non c’è alcuna via possibile d’affermazione del linguaggio della modernità in mancanza d’una azione interpretativa, d’uno sguardo sul tempo. In questo senso è essenziale la ri-scoperta dell’immagine dell’antico palazzo, che andrà liberato dallo strato d’intonaco che l’ha rivestito, occultando colpevolmente tutto il suo spessore narrativo, la sua incompiutezza e frammentarietà, per trovare il corretto contrappunto, i toni, i contrasti, il modo di condurre una narrazione unitaria nell’affermazione delle diversità.
È in questo contesto metodologico e operativo che si inquadrano, da una parte, le ragioni insite nella giacitura e nel carattere architettonico del piccolo edificio di “completamento” e, dall’altra, l’azione di restauro svolto sulla base del riconoscimento delle tessiture murarie e degli elementi di plastica secondaria che emergono dalla lettura delle fasi storiche precedenti l’ultimo intervento di ristrutturazione.
1.2 Qualità progettuale architettonica
Il restauro di Palazzo Carcano (la cui metodologia legge, conferma e razionalizza l’assetto tipologico e i caratteri costruttivi e materici dell’architettura palaziale tranese) si completa con il piccolo corpo in elevazione, la cui giacitura da una parte risolve la testata del fabbricato “non finito” lungo via Accademia dei Pellegrini, dall’altra partecipa alla ridefinizione dell’invaso stradale e, per ultimo, verso la piazza Re Manfredi, stabilisce la regola volumetrica per la costruzione di un solido fronte urbano che fissa il nuovo limite di sviluppo dell’invaso della “corte aperta” conferendogli forma, orientamento e proporzioni. Un assetto planimetrico che, se da un lato preserva, consolidandolo, il carattere di organismo dal processo interrotto, elevato ad elemento significante, dall’altro chiarisce la natura tipologica del complesso architettonico dialogante verso la piazza, aperto sul mare e con l’assertiva sagoma del castello federiciano. Una scelta coerente, sincera, semplice, senza travestimenti, che, attraverso la forma e lo spazio rende leggibile il carattere “composito” del Palazzo Carcano. La sua ricchezza e complessità, la sua innovatività, sono da riconoscere come esito di un’attenzione verso la lettura del contesto e nella qualità e coerenza delle soluzioni compositive e delle tecniche adottate. Rispetto alle caratteristiche geometriche dell’area destinata all’ampliamento, la giacitura planimetrica del nuovo corpo di fabbrica risulta più contenuta mantenendosi di fatto in continuità con la larghezza del costruito a due campate che si dispone parallelamente all’antico palazzo su via Accademia dei Pellegrini: ne costituisce, con il fronte corto, la testata verso la piazza Re Manfredi e, con il fronte più lungo - da un lato - l’elemento di chiusura dell’invaso spaziale dall’antica via e - dall’altro - (contrapposto a questo) elemento di definizione della corte aperta sull’area archeologica.
Il piano terra dell’edificio in ampliamento, destinato a lapidarium, mantiene un rapporto di continuità con il sito archeologico costituendone solo un punto di osservazione privilegiato: una “loggia urbana” pubblica sospesa dal suolo in relazione al vincolo di inedificabilità che impone un sistema di appoggio e di fondazione discreto. Nel basamento, in corrispondenza dell’androne su via dei Pellegrini, compare un profondo varco voltato: una spazialità da “sottovia”, colma d’ombra, che va man mano scoprendo, protetta dal loggiato, la visione abbagliata dell’archeologia del Castello e della città. L’attacco a terra del nuovo fabbricato è costituito da un telaio in cls armato a vista, fondato su pali, con solai a sbalzo configurati a semi-volta ribassata. Una soluzione che determina all’atto di fondazione uno specifico carattere espressivo per altro coerente con il tema degli accessi ad atrio dei palazzi tranesi. Il telaio gravante sulla mezzeria del corpo di fabbrica è caratterizzato da due grandi pilastri a croce distanziati l’uno dall’altro tanto da rispettare il vincolo costituito dalla presenza del sostrato archeologico (14 m ca.); mentre il secondo vincolo è posto in corrispondenza del limite dell’area d’intervento, su via dei Pellegrini, ed è concepito con una parete in calcestruzzo armato traforata. Tale configurazione asimmetrica, con solai a sbalzo ad ali contrapposte, risulta pienamente giustificata dalla relazione, di non interferenza e protezione, che stabilisce con le strutture antiche che investono interamente l’area d’intervento. Una volta superato il primo solaio la struttura assume una configurazione più regolare con uno sviluppo altimetrico su tre livelli, fino a raggiungere il piano di copertura. Ai successivi piani (secondo, terzo e quarto, destinati ad uffici e aule di udienza) il corpo edilizio prende forma e solidità reinterpretando il carattere plastico delle volumetrie e delle cortine murarie tranesi, con lo scopo di “equilibrare” le qualità architettoniche ed urbane dell’invaso stradale di via Accademia dei Pellegrini e di piazza Re Manfredi. Un’immagine, come si diceva, sobria, misurata e congruente con il carattere della città.
In tal senso, l’architettura delle facciate si traduce nelle forme di un semplice muro, rivestito di pietra di Trani (in lastre naturali o in masselli ricomposti) che esige una prospettiva fuggente e verticale. Un muro appena sottolineato dal ritmo serrato di monofore a tutta altezza, tanto da soddisfare il fabbisogno di luce e d’aria degli ambienti di lavoro senza sottrare forza ed espressività alla plastica massiva dell’architettura. Il fronte sud-est, invece, si mostra con un carattere più leggero attraverso un rivestimento esterno in lastre di alabastro. La copertura del palazzo, oggi a lastrico solare, e dell’edificio di ampliamento sarà riconfigurata con un tetto a falde leggere, non alterando la linea di gronda.
La struttura, l’involucro e il comfort dell’edificio di ampliamento
Per l’edificio in ampliamento, come precedentemente descritto, si è immaginata una struttura a scheletro in cls armato con luci che man mano si riducono dal piano di fondazione alla copertura, con solai a sbalzo configurati a semi-volta nervata in cemento armato faccia vista, gettati in opera. La geometria dei solai a doppia calotta prevede la presenza di cavità d’alleggerimento da destinare a cavedi per il passaggio dei tubi e canali impiantistici. Un sistema statico articolato in più livelli teso a coniugare tre tipi di esigenze: una posta dal vincolo archeologico, una di tipo tecnico-strutturale e l’altra attinente alla componente costruttivo-figurativa, riconoscibile nel carattere dei sistemi voltati murari tipici dell’area culturale pugliese e, in particolare, dell’architettura tranese, in alcuni casi rispondenti unicamente a ragioni stilistico-simboliche. La tamponatura presenta un involucro articolato in una fitta sequenza di pannelli con finitura in pietra di Trani (o con pannelli in cls prefabbricati ottenuti con inerti calcarei di risulta) alternata ad alte finestre (intese in guisa di monofore) poste a tutt’altezza tra i solai. Le facciate sono di tipo ventilato e sono costituite da una finitura interna in pannelli di cartongesso fonoassorbenti, da una muratura antisismica in blocchi di laterizio alveolato (20 cm), e da uno strato isolante di lana di roccia (10 cm), da una sottostruttura in profilati di acciaio zincato, idoneo per l’ancoraggio di lastre di finitura esterna, costituite da un pannello di fibro-cemento (3/4 cm) e da una lastra di pietra di Trani di finitura levigata di spessore 3 cm. In alternativa alla lastra di pietra naturale si può prevedere, in ottemperanza ai requisiti dei Criteri Ambientali Minimi, la messa in opera di pannelli prefabbricati di cls armato con inerti calcarei in vista, di recupero dei materiali provenienti da cava.
La copertura è anch’essa ventilata e prevede sull’estradosso dell’ultimo solaio la posa di: una barriera al vapore; pannelli d’isolamento termico in lana di legno (10 cm); massetto di pendenza alleggerito; una doppia membrana impermeabilizzante elasto-plastomerica armata; un tavellonato in laterizio (6 cm) posato su distanziatori in polipropilene per la formazione dell’intercapedine di ventilazione ed infine di un allettamento per la posa di pianelle in laterizio giuntate e sigillate.
La finitura dei solai di piano prevede la posa sull’estradosso di un: tappetino acustico isolante (5 mm); pannello d’isolamento termico in polistirene estruso (3 cm); massetto predisposto per l’alloggiamento del sistema di riscaldamento/raffrescamento radiante (7 cm) e di una finitura di calpestio in cemento continuo in getto (opus sectile/coccio pesto). Il comfort acustico, all’interno degli spazi destinati ad uffici, nell’allestimento Open Space prevede, oltre a quanto già indicato, l’istallazione di pannelli fono-assorbenti sospesi a soffitto mediante cavi di acciaio. I serramenti esterni sono immaginati in profilati estrusi di alluminio a taglio termico per finestre e porte finestre dotati di vetri basso emissivi e selettivi a doppia camera con movimentazione ad anta. I serramenti sono dotati di veneziane interne per la protezione dall’irraggiamento solare. Particolare attenzione è destinata sul piano tecnologico alla costruzione della parete in alabastro. La facciata ha un’altezza complessiva di 10 metri ca. e una larghezza di 9 metri ca. e definisce l’involucro del fronte sud-est dell’edificio di ampliamento. La facciata è progettata con un sistema Courtain Wall con pannelli multistrato di vetro temperato e lastre sottili di alabastro sostenuto da una sottostruttura di tiranti in acciaio e “ragnetti” con quattro punti di aggancio. La sottostruttura tirata permette la massima snellezza degli elementi portanti verticali costituiti da cavi/tubi di acciaio minimizzando la loro presenza nello spazio interno.
I tiranti/tubi di acciaio sono ancorati alla base e all’intradosso dei solai in cls armato che organizzano lo sviluppo verticale del fabbricato. La trazione esercitata su ogni elemento verticale sarà differenziata in base all’intensità dell’azione del vento. Trasversalmente, tra lastra e lastra, è disposto un trasverso in profilato di acciaio che svolge il ruolo di elemento di ripartizione dei carichi e di trasferimento degli stessi alle estremità delle pareti portanti. I pannelli di facciata misurano cm 90x110 ca. e sono composte da una doppia lastra di vetro temperato (8+8 mm) in interno, da una camera d’aria (18 mm) e, infine, verso l’esterno, da un pacchetto realizzato da una doppia lastra di vetro (10+10 mm) a racchiudere la lastra di alabastro di 15 mm.
L’ edificio storico
Per quanto riguarda il palazzo storico nella sua configurazione originaria, ai fini restaurativi, si intende ripristinare lo stato “naturale”, di verità storica attraverso la rimozione degli intonaci e delle false cornici in altorilievo con la conseguente, e quanto mai auspicata, ri-scoperta delle tante tessiture murarie latenti dell’antica fabbrica, in conci di tufo calcarenitico, distinte e note attraverso la documentazione fotografica antecedente gli ultimi interventi di ristrutturazione (2009). Sembra infatti imprescindibile, ai fini del recupero del complesso, la possibilità di riportare alla luce lo stato “originario” delle stratificazioni murarie, ripristinando la visibilità degli apparati costruttivi e decorativi del palazzo secondo l’ultima e riconoscibile sua facies storica rilevata al 1996. Del resto, se si compara Palazzo Carcano al costruito storico tranese, costantemente connotato da una finitura a scialbo o con la pietra a vista, si nota immediatamente la discrasia di rapporto con il linguaggio consolidato in tale contesto culturale, proprio a causa dell’esteso impiego dell’intonaco che induce una scarsa, quanto incongrua, leggibilità dell’insieme e, allo stesso tempo, condanna l’edificio ad una inefficace partecipazione con il paesaggio urbano. Tornando agli elementi caratteristici degli edifici palaziali, qui pesantemente alterati, si fa notare che l’incongrua modifica alle mostre e ai timpani di finestre e porte, sulle facciate di piazza Re Manfredi, ha richiesto un diverso atteggiamento critico praticato sull’orizzonte speculativo del cosiddetto ‘risarcimento’. É stata quindi operata la riquadratura delle stesse con cornici lapidee (piedritti e architravi progressivamente aggettanti), che restituiscono l’originaria funzione di protezione delle strutture sottostanti. Ne consegue la necessità, prima funzionale e poi plastico-architettonica, di re-introdurre, in assenza di elementi originali da restaurare, cornici, imbotti e marcapiani lapidei di pietra di Trani, con dimensioni e rapporti proporzionali e analoghi all’originale ma con forme più astratte e semplificate. Ciò, con l’obiettivo di ripristinare l’efficienza tecnico-costruttiva ed espressiva della costruzione in muratura, senza rinunciare a mantenere le partiture originali dei prospetti.
Per gli apparati murari è prevista la revisione generale delle cortine in pietra calcarea o di tufo, evitando l’alterazione della patina originale dove ancora conservata, eliminando il materiale di riempimento improprio e salvaguardando l’integrità dei conci. Si prevede, inoltre, la sostituzione delle strutture ammalorate con materiale coerente, la scarnificazione profonda dei giunti, il lavaggio e la successiva sigillatura con malta idraulica additivata con antiritiro e polvere di pietra. Per le murature “antiche” di pietra in conci di tufo calcareo (liberate dallo strato d’intonaco) è previsto il trattamento della “superficie di sacrificio a scialbo” con boiacca composta da una miscela di polvere arenaria, sabbia fine e calce aerea secondo la tradizione costruttiva locale; mentre per le murature afferenti ai corpi edilizi “di superfetazione”, con l’obiettivo di dimostrare la loro estraneità rispetto alla facies storica del palazzo, è previsto un rivestimento d’intonaco realizzato con malta di calce idraulica e grassello di calce.
Gli spazi interni
La possibilità di intrecciare un dialogo tra un sistema spaziale esistente con uno nuovo presuppone la convinzione che in un’architettura non debba necessariamente esistere un solo sistema di senso formale, costruttivo e di programma, ma vi sia spazio nel processo di “attualizzazione” della convivenza tra antico e moderno: motivo, quest’ultimo, di ricchezza e qualità. Nel sistema di ristrutturazione degli spazi interni dell’antico palazzo si è cercato di affiancare all’immagine superstite un’immagine rispettosa, chiaramente identificabile nei materiali e nelle forme, come fosse una prosecuzione in continuità con l’antico, senza però insinuarsi nell’area dell’imitazione, della conferma e del già detto. Metalli, cristalli, vetri, legni, pietre, getti di conglomerato cementizio con inerti lapidei di frammenti e sabbie calcaree, si associano configurando i diversi ambiti funzionali: le pareti divisorie, gli arredi fissi, i serramenti, le superfici pavimentali, i controsoffitti, gli impianti, spesso cercano “presenza” attraverso un linguaggio sobrio, misurato, essenziale, preciso (una sorta d’invisibilità), contrapposta ad elementi più liberi ed espressivi, come nel caso dei diaframmi di con-terminazione delle aule di udienza, e delle due sale di consiglio: qui, leggere e mobili partizioni curvilinee di legno e vetro satinato, si dispiegano tra le campate massive delle volte a crociera lasciando allo spazio il dominio della totalità.
2. Rispondenza della proposta progettuale agli obiettivi di razionalizzazione degli spazi nel rispetto del quadro di riferimento
Il progetto di sistemazione funzionale degli spazi di Palazzo Carcano, esistenti e in ampliamento, soddisfa integralmente il programma indicato nel disciplinare e ne razionalizza l’organizzazione distinguendo per ciascun piano le destinazioni in rapporto al quadro esigenziale e alle caratteristiche tipologico-strutturali dell’organismo edilizio storico.
Di seguito, una sintesi analitica e descrittiva dei principi funzionali e distributivi:
- conservazione dei caratteri tipologico-distributivi dell’antico Palazzo Carcano;
- differenziazione dei due sistemi di accesso al Palazzo ubicati, uno, lungo l’asse nord-sud destinato al personale tecnico, l’altro, lungo l’asse est-ovest destinato alla fruizione dell’area archeologica e dello spazio espositivo e museale;
- disposizione di sistemi avanzati di controllo dei varchi d’ingresso del tribunale assicurando la massima sicurezza e protezione degli accessi. L’area archeologica e lo spazio espositivo e museale è da intendersi come spazio di libera fruizione pubblica controllata;
- accessibilità per tutti (Design for All) delle componenti funzionali del complesso;
- razionalizzazione in unità funzionali dei due tribunali civile e lavoro, raggruppate come sezioni indipendenti ma intercomunicanti piano per piano, mediante il collegamento orizzontale tra aule, uffici, archivio e relativi servizi, ripristinando la funzionalità del corridoio anulare della corte;
- collocamento coerente dei tre gruppi scala-ascensori rispetto alle sezioni funzionali insediate posizionati per garantire l’autonomia distributiva degli accessi e sbarchi dei collegamenti verticali meccanizzati;
- indipendenza e gerarchizzazione degli spazi ad uso pubblico e di quelli riservati agli addetti del tribunale anche differenziando gli accessi delle grandi aule di udienza separando i flussi riservati ai magistrati da quelli destinati agi avvocati e al pubblico;
- organica Integrazione dell’area archeologica e dello spazio espositivo e museale con gli spazi del palazzo storico, limitando le interferenze tra percorsi ad uso pubblici e percorsi tecnici del tribunale;
- apertura di tutte le componenti funzionali ad eccezione dei servizi verso lo spazio esterno garantendo illuminazione e aerazione naturale;
- affaccio pubblico sulle emergenze monumentali della città dalle terrazze poste al piano di copertura del Palazzo. Gli accessi al piano terra, distinti in relazione ai compiti attribuiti alle diverse zone funzionali, evitano ogni possibile interferenza con le attività giudiziarie cui è destinato l’edificio. In particolare, quello principale di via Beltrani e l’altro di piazza Re Manfredi, lungo l’asse di accesso oltre la corte, permettono di accedere alle unità funzionali (aule e uffici) dopo aver attraversato la zona dei varchi di controllo tramite sistemi di ispezione gestiti, ove necessario, da operatori addetti alla vigilanza. Proseguendo oltre, si intercettano tre nuclei di distribuzione verticale (scale e ascensori), collocati in modo da ottimizzare razionalmente le percorrenze a tutti i piani dell’edificio. Attraversando l’androne principale e la corte si raggiunge la “galleria”, che funge da “sala dei passi perduti”, ampia sala di attesa prima di entrare nelle 4 aule di udienza per 50 posti ricavate nel corpo basso di via Accademia dei Pellegrini. In tale ambito è previsto un percorso di accesso alle 4 grandi aule di udienza ad esclusivo uso dei magistrati rispetto al percorso destinato agli avvocati e al pubblico. Sono previste, inoltre, due sale riunioni (aule del consiglio) ad esclusivo uso del personale tecnico. Su questo livello, facilmente fruibili da tutti, sono ubicate anche le 3 aule destinate alle aste giudiziarie telematiche. L’unità funzionale destinata a occupare la “manica” laterale, contigua allo stretto percorso che separa il Palazzo da Casa Bonismiro, sarà riservata agli uffici e ai servizi relativi al settore delle Aste Giudiziarie e, con accesso di servizio proprio, al settore interrogatori. Completa il sistema un corpo scala e ascensore di connessione verticale con i nuclei funzionali distribuiti ai vari piani. Un altro accesso, riservato ai non addetti ai lavori, è stato previsto in corrispondenza del lungo diverticolo raggiungibile da via Accademia del Pellegrini che offre la possibilità di fruire della “loggia urbana” (il lapidarium), che si apre sull’area archeologica, e della galleria destinata a spazio espositivo. L’area archeologica, parzialmente protetta dal volume ex novo che amplia il palazzo, è attrezzata da sistemi di passerelle che permettono di visitarla integralmente. Un ulteriore accesso di servizio è stato inserito lungo il fronte della stretta via interna (di cui si prevede l’eliminazione dell’attuale tamponatura per permettere un’adeguata partecipazione del Palazzo con il contesto storico), nell’ambiente angolare destinato a bar su piazza Re Manfredi.
Il piano primo, funzionalmente destinato a Tribunale del Lavoro, aule di udienza, Stanza per il Presidente di Sezione e il Direttore amministrativo, uffici e servizi relativi, organizza ordinatamente il sistema delle percorrenze, qui costituite da un ambulacro distributivo rigirante intorno al cortile che serve tutti gli ambienti che si dispongono lungo i fronti esterni. Variazione significativa si può notare nel corpo del palazzo in estensione sulla piazza retrostante che trova un assetto distributivo efficiente costituito da una percorrenza anulare intorno all’unico spazio illuminato ed areato destinato ad archivio. Ambiente dilatato e a doppia altezza che ospita un sistema automatizzato per il prelevamento e il deposito dei fascicoli.
Da questo livello, coincidente con il piano nobile di Palazzo Carcano, si accede alla parte in ampliamento su via Accademia dei Pellegrini, tramite un nucleo distributivo (che intercetta una sala di attesa), prima di raggiungere un largo corridoio di accesso alle 3 sale di udienza.
Il piano secondo, riservato totalmente agli uffici del Tribunale Civile con le sezioni civile, esecuzioni immobiliari e mobiliari, volontariato giurisdizionale e fallimentare, archivio e servizi annessi, presenta una disposizione strutturale-distributiva pressoché identica al precedente con le uniche eccezioni costituite da una riduzione della superficie generata dal ritaglio del corpo di fabbrica nella porzione dilatata su piazza Re Manfredi e dall’inserimento di una scala (con pedana elevatrice) che permette di risolvere la differenza di quota presente tra i due piani dell’esistente e il nuovo volume d’ampliamento; quest’ultimo organizzato su tre livelli allo scopo di ottimizzare le superfici e le altezze d’interpiano. Il secondo e il terzo piano del volume di ampliamento sono destinati ad uffici.
Infine, il piano della terrazza, attualmente privo di funzioni se non per l’arrivo dei vani scala e di un deposito, dovendo accogliere gli extra corsa degli ascensori e ospitare cavedi per gli impianti, le macchine dei sistemi di riscaldamento e raffrescamento dell’aria e il solare termico, sarà dotato di una copertura in struttura leggera di legno lamellare, molto ribassata, con falde orientate in modo da ottimizzare l’efficienza dei pannelli solari.
La scelta di coprire l’intera superficie dell’ultimo solaio trova un antecedente storico proprio in questa area culturale con i palazzi che iniziano a dotarsi di copertura “in perdita” al momento in cui si dotano di solai leggeri del tipo volterranea, con travi di acciaio e voltine ribassate in tufelli o laterizio.
3. Qualità degli spazi espositivi e museali
Un buon progetto di allestimento museale prende forma a partire dalla valutazione delle qualità degli spazi e delle caratteristiche dei materiali espositivi: l’integrazione tra questi due valori determina l’intensità e l’efficacia comunicativa dell’esperienza di fruizione. Non tutti gli oggetti (piccoli, preziosi, grandi, durevoli, figurativi e scultorei, monocromi, policromi, ecc.) richiedono le medesime attenzioni e metodologie sul piano della conservazione, protezione e presentazione: ognuno di essi pretende una sua attenzione e sensibilità. Partendo da questa considerazione, l’area destinata a spazio museale ed espositivo, trova il suo accesso lungo Via Accademia dei Pellegrini in corrispondenza dell’antico diverticolo configurato a galleria, che da est penetra nel corpo dell’antico palazzo. È da sottolineare che l’intera area museale espositiva, sebbene introdotta da un accesso libero a carattere pubblico (ma soggetta a controllo) non interferisce con i percorsi di distribuzione tecnica degli uffici giudiziari. Il programma espositivo si organizza in quattro momenti, integrati l’un l’altro all’interno di un percorso differenziato nelle forme del linguaggio comunicativo: l’avvicinamento, l’introduzione, l’esperienza diretta dell’archeologia, i documenti materiali e immateriali.
L’avvicinamento e l’introduzione: la visita ha inizio a partire dal vestibolo d’ingresso posto lungo la via Accademia dei Pellegrini nel punto del ricongiungimento tra l’antica e la nuova fabbrica: soglia protetta dalla doppia volta cementizia che introduce ad una loggia urbana dalla quale sostare e osservare le trame dell’archeologia, incontrare la corte aperta, la piazza e il Castello Svevo. In questo contesto protetto ma ancora in stretta relazione con la città, viene allestita la prima sezione espositiva dedicata, come fosse un lapidarium, alle testimonianze materiali non deperibili e durevoli, allo scopo di descrivere l’incontro tra forme e memorie diverse. L’esperienza diretta con l’archeologia: un sistema di pavimentazione lapideo, appoggiato al parterre archeologico in modo reversibile, dall’assetto costruttivo sobrio, conduce il visitatore alla fruizione diretta delle strutture archeologiche emergenti dal suolo. Di queste strutture sono previsti interventi di restauro e di protezione dei paramenti murari, dei coronamenti e delle superfici pavimentali.
I documenti materiali e immateriali: all’interno di un programma di allestimento espositivo c’è sempre l’esigenza di garantire le migliori condizioni di protezione e conservazione dei materiali musealizzati (oggetti fittili preziosi, fragili e deperibili); oggetti di cui è richiesto un controllo delle condizioni termo-igrometriche e illuminotecniche che richiedono un approccio progettuale di volta in volta diverso: come vedere, da quale distanza, in quale contesto spaziale. È indispensabile ancora assicurare una narrazione adeguata, attraverso l’uso di un linguaggio della comunicazione visiva adatto alla complessità della contemporaneità con attenzione alle disabilità.
Per dare luogo e ultimare il programma di visita, è stato immaginato, in continuità con il percorso precedentemente descritto, il riuso con finalità espositive dell’antico diverticolo voltato, che dal vestibolo penetra nel corpo di fabbrica del palazzo. Il progetto di allestimento prevede il restauro della galleria voltata con la restituzione integrale delle qualità spaziali dell’invaso.
L’allestimento museale si adatterà alle differenti tipologie di materiali, di dimensioni e forme diverse, privilegiando un’organizzazione con la disposizione di pannelli informativi interattivi, teche e contenitori in modo tale da ridurre al minimo le interferenze prospettiche con l’architettura della galleria antica. Le teche sono immaginate in “scatole” compatte e regolari sospese e galleggianti nello spazio, realizzate in metallo e vetro; i pannelli informativi tematici saranno anche del tipo interattivo e digitale.
TAVOLE DI CONCORSO - I E II FASE