Alpeggio Petosan
“May I lead you to the shores of a mountain lake? The sky is blue, the water is green and everything is deeply peaceful. The mountains and clouds are reflecting in the lake, and so are the houses, courts and chapels. It seems like they are placed there as if they had not been created by human’s hand. As if they had been made out of God’s workshop, like the mountains and the trees, the clouds and the blue sky. And everything breathes beauty and peace...”
Adolf Loos, Architecture 1910
These words, written over a hundred years ago, are perfect to describe the feeling of those who arrive in the small core of Petosan, outside La Thuille.
The name by which the locals identify buildings such as this one is, the mayen, autonomous core designed to provide shelter and protection to man and animals in an isolated spot -and absolute-, the alp.
The simple and essential shape originates from the golden ratio.
Its association with the landscape is natural, in the proper sense of the term. No scenic views, no complacency.
On the side facing the glacier there were no windows on the first floor, because life was hard and the farmers did not feel the need to contemplate the view, they were an integral part of it.
Living meant, above all, to have protection, refuge, shelter.
From this existence, an artefact was born that really seems to have come out of God’s workshop. It belongs to the earth, it is manufactured by wise hands which have learned to do it “the way it has to be done”, from generation to generation. The construction of the window in this sense is emblematic.
It is an object that cannot be improved, efficient, beautiful, entirely made of larch; each component carved from solid. It is not built like this anymore. Today, no luxury mountain residence has the master richness of this modest mountain pasture.
Not being able to restore them, we chose to manually rebuild them, with the same larch wood.
It was unthinkable to lose such wealth. The performance factor could be resolved by placing side by side second internal windows.
Much attention has been paid to the positioning of the windows on the first floor.
The custom would have pushed towards a renewal of the scheme, with a perfect vertical overlay. Nevertheless, the overall sense of connection between inside and outside would have been affected, as each of the three internal spaces needed light in a specific spot.
From this concept, the choice to create a phase shift between below and above was implemented. The internal project and the plan together with the structure generate the facade. The central core, island designed, floats in the space and contains the staircase, the bathrooms, the wardrobes and the kitchen block. On the ground floor, the terminal rooms host the entrance and a bedroom, while, on the first floor there are the other bedroom and the living room. Inside, the floors and the walls are made of thin solid larch slats. Internally, the house is an extrusion of sectioned wood, with two terminals corresponding to the opposite walls, made of plaster.
The internal core, the centre of the system, is in larch, previously treated with iron oxide and finished with wax.
Our small job continues the previous anonymous work, with the awareness of disturbing an equilibrium, but on the other hand being able to put intelligence and sensitivity into this change.
It fits into the natural environment, thinking about the contribution that this renovated house can give to the landscape.“A facade can sing”
Cesare Cattaneo, Giovanni e Giuseppe, Milano, Libreria artistica Salto, 1942
“Posso condurvi sulle sponde di un lago montano? Il cielo è azzurro, l’acqua verde e tutto è pace profonda. I monti e le nuvole si rispecchiano nel lago, e così anche le case, le corti e le cappelle. Sembra che stiano lì come se non fossero state create dalla mano dell’uomo. Come fossero uscite dall’officina di Dio, come i monti e gli alberi, le nuvole e il cielo azzurro. E tutto respira bellezza e pace…”
Adolf Loos, Architettura 1910
Queste parole, scritte più di cento anni fa, sono perfette per descrivere l’emozione di chi arriva nel piccolo nucleo di Petosan, fuori La Thuille.
Il nome con il quale la gente del posto identifica fabbricati come questo è lo mayen, nucleo autonomo pensato per dare ristoro e protezione all’uomo e ai suoi animali in un luogo isolato -e assoluto-,l’alpe.
La forma semplice , essenziale, trae origine dalla sezione aurea.
Il suo rapporto con il paesaggio è naturale, nel senso proprio del termine. Niente scorci scenografici, nessun autocompiacimento.
Sul lato affacciato al ghiacciaio non esistevano finestre al primo piano, perchè la vita era dura e i contadini non sentivano l’esigenza di contemplare il panorama, perché ne erano parte integrante.
Abitare significava soprattutto avere protezione, rifugio, riparo.
Da questa esistenza ruvida è nato un manufatto che sembra davvero uscito dall’officina di Dio. Appartiene alla terra, è fabbricato da mani sagge che hanno imparato a fare come “si deve”, di generazione in generazione. La costruzione della finestra tipo in questo senso è emblematica.
E’ un oggetto non migliorabile, efficiente, bellissimo, interamente in larice; ogni componente scolpito dal pieno. Non si costruisce più così. Nessuna residenza montana di lusso oggi ha la sapiente ricchezza di questo modesto alpeggio.
Non potendole restaurare, abbiamo scelto di ricostruirle a mano, con lo stesso legno di larice.
Era impensabile perdere una ricchezza del genere. Il fattore prestazionale si poteva risolvere affiancando delle seconde finestre interne.
Molta attenzione è stata data al posizionamento delle finestre al primo piano.
La consuetudine avrebbe spinto verso una riproposizione dello schema , con una perfetta sovrapposizione in verticale. Ma il senso complessivo di legame tra interno ed esterno ne avrebbe risentito, perchè ognuno dei tre spazi interni necessitava di luce in una precisa posizione.
La scelta di creare uno sfasamento tra sotto e sopra nasce da questo. Il progetto interno, la pianta insieme alla struttura generano la facciata. Il nucleo centrale, ad isola, galleggia nello spazio e contiene la scala, i bagni, gli armadi e il blocco cucina. I locali terminali ospitano al piano terra l’ingresso e una camera, al primo piano l’altra camera e il soggiorno. All’interno pavimenti e pareti sono in sottili doghe di massello di larice. Internamente, la casa è un estruso in legno sezionato, con due terminali corrispondenti alle pareti opposte, in gesso.
Il nucleo interno, il nocciolo del sistema, è in larice trattato con ossido di ferro e finito con sciolina. Il nostro piccolo lavoro continua l’opera anonima precedente, con la consapevolezza di disturbare un equilibrio ma anche di poter mettere intelligenza e sensibilità nel cambiamento.
Si inserisce nel mondo naturale pensando al contributo che questa casa rinnovata può dare al paesaggio.
“Una facciata può cantare”
Cesare Cattaneo, Giovanni e Giuseppe, Milano, Libreria artistica Salto, 1942