Casa di Andrea
Lettera ad un amico
Carissimo Gabriele,
Qualche giorno fa ho fatto visita ad un cantiere non lontano da casa. Molto lontano da Venezia. Raggiungere questo luogo con i mezzi pubblici come faccio io è un avventura d’altri tempi. Sveglia alle ore 3,30. Imbarco sulla linea del vaporetto n.2 alle 4,05. Poi alle 5,04 c’è la partenza del treno per Udine. Quindi poi una corriera alle 7,00 per Tolmezzo e poi da lì un’ altra ancora fino a Collina. Orario di arrivo 10,50!
E’ un posto molto bello. Il punto più alto di una stretta valle che finisce contro un monte imponente. Dal paese alla sua cima c’è un dislivello di milleseicento metri! Le montagne non sono mai alte o basse solo per la quota segnata sulle carte geografiche. Sono alte o basse per quanto la testa si inclina quando si vuole scorgerne la cima. Hai presente come i bambini ti guardano quando ti parlano? Loro piccoli piccoli alzano la testa in modo vertiginoso per parlarti. Loro piccoli e tu per loro altissimo anche per uno come te!
La casa che sto ristrutturando per Andrea e sua moglie è quella che il nonno ha lasciato a suo padre e il padre a lui. Lui ci è affezionato e Qualche anno fa, quando un parente aveva palesato l’ idea di demolirla perché il tetto era sfondato in alcuni punti, si fece fare un prestito dalla banca e un progetto da un architetto suo amicio…!
Me ne presi cura come il medico fa con il suo malato. Si fece un rilievo, ci si immaginò una possibile semplice recupero e si iniziò un cantiere che ormai dura da quasi quattro anni.
Il mio amico ha pressappoco la mia età. Fa l’ insegnante di scienze dopo una laurea in geologia a Trieste. Lui, come suo padre e poi il nonno e ancora suo bis nonno è cacciatore di camosci. E questo, caro Gabriele non è un dettaglio di poco conto. Perché penso a questo posto mi viene in mente lui aggrappato alle cenge di questo monte alla conquista della vita spericolata del magnifico animale. La caccia al camoscio ha qualcosa di epico perché essere cacciatori no basta, si deve anche saper essere alpinisti!!
Questa casa appartiene a questi picchi così come il mio amico è parte di questo monte pieno di guglie e pinnacoli vertiginosi. Quella montagna la conosce. Sta dentro lui, nella parte che accoglie i ricordi più preziosi, quelli legati alla terra d’origine.
La pianta della casa è molto molto semplice. Il piano terra è luogo di transito e di deposito, spazio di passaggio tra fuori e dentro. Qui i muri sono poco rifiniti, l’ Impianto elettrico scarno e soffitti tamponati con un pannello di legno di pino. Le porte dello stesso materiale sono scorrevoli e svolgono la loro funzione sovrapponendosi solamente alla luce del foro.
Il primo livello e il sottotetto della vecchia casa sono stati svuotati dai muri divisori preesistenti. Si è fatto un grande vuoto ora occupato da un soppalco traccia rimanente di uno spazio sottotetto un tempo usato per il ricovero delle derrate alimentari. Il sottotetto è diventato un piccolo spazio libero sospeso nel volume della casa dove potersi ritirare per la notte.
Un piano terra molto greve finito con un intonaco molto grezzo, poco costoso. Il piano superiore uno scrigno di legno entro cui essere accolti. Sono questi i contrasti che piacciono a me. La grevità del basamento e la leggerezza del piano superiore. Tra la casa che ti ho fatto vedere e questa ci sono forti analogie.
Per guardare fuori solo una grande finestra e altre più piccole. Nella casa che tu ben conosci la grande finestra inquadra in modo molto astratto un paesaggio naturale mentre le piccole solo pezzettini di esso.
In questa casa la grande finestra incornicia un paesaggio urbano perché di fatto la casa sta al margine del paese e il lato che la contiene si affaccia su piccole case. Fuori dalla finestra una terrazza .
Dalla grande finestra si vede le case del villaggio. Anche in questa casa il paesaggio più importante sembra escluso. La grande finestra si concentra su una scena “normale”, come accade per la casa di Faas. Mi ricorda alcune situazioni che è solito dipingere Hopper. La grande finestra fissa un luogo “domestico” esterno ove gli abitanti a volte sono messi in scena.
E il monte dove sta? Le altre piccole finestre della casa mostrano tetti e boschi lontani. Non succede nulla fino a che ci si avvicina ad una profonda nicchia “scavata” in una spessa parete di legno. Si supera la soglia che divide il grande spazio soppalcato dal microscopico ritaglio ed eccola…la montagna svelarsi nella sua grandissima bellezza. La grande finestra e la piccola nicchia alcova si fronteggiano nella pianta. L’ una, la grande, a guardare le cose vicine, piccole e quasi banalmente normali, la piccola a guardare le cose lontane ma grandissime. E’ una bella sorpresa incontrare il monte in questo modo. Poco per volta. L’ alcova accoglie, ci si può sdraiare dentro e godere di questa colossale vista. E’ quel che ha fatto il mio cliente che era in cantiere con me. Fino all’ ultimo gli ho nascosto il segreto della sua casa. La scoperta è stata come quando il bambino arrampicatosi sulla credenza apre quel grande vaso di vetro, ci mette le dita e piene di nutella le porta alla bocca. Una sorpresa! Lui mi ha guardato di lontano e mi ha sorriso!
Durante la fase di costruzione la committente mi chiese di dipingere la porta di ingresso alla casa con uno smalto blu. Senza chiederne il significato le dissi che non sarebbe stato possibile considerando che in montagna non esistono dettagli di questo genere. Mi fu speigato solo molto tempo dopo del perché di una così strana richiesta, a lavori quasi chiusi, dopo che Andrea era stato portato via da un terribile male.
Il racconto di Giovanna mi emozionò moltissimo tanto che divenne per me importante ritrovare il loro colore da qualche parte in qualche punto della casa. Non la porta di ingresso fu del colore blu cobalto del cielo sopra il Coglians ma il punto della casa in cui lui si sedeva per guardare la grande montana. Una nicchia di legno ricavata nello spessore della scala è diventata il segno del passaggio di un' anima bella che si fermava lì a guardare i camosci.
Ciao, fede