canPO #04 _ Espace Intérieur
Nell'area argine di Corbola, dove Pico della Mirandola compose il sonetto "alla richerca della vita quieta", un gruppo di studenti di architettura e architetti progettano e costruiscono un piccolo spazio per la meditazione e la preghiera lungo il fiume. Il piccolo manufatto è stato progettato e costruito durante il workshop di autocostruzione canPO # 04.
La quarta edizione del workshop, rispetto al percorso fatto, ha portato ad un “ritorno” sempre secondo una modalità di azione su punti del territorio, quasi fosse un’agopuntura su un corpo bisognoso di cure.
Quest’area è caratterizzata da un tipico borgo rurale dei primi del ‘900. In questa zona Giovanni Pico della Mirandola era solito soggiornare nei suoi viaggi tra Ferrara e Venezia e proprio qui compose il sonetto: “alla ricerca della vita quieta”. L’edizione di quest’anno, canPO #04, quasi seguendo il percorso iniziato da Pico della Mirandola, ha trattato il tema “L’Espace Intérieur”.
Il tema, strettamente legato a quello dello spazio sacro, propone uno spazio meditativo capace di fungere oltre che come osservatorio, da dispositivo capace di relazionarsi con l’intorno e con la luce: un piccolo framezzo tra terra e cielo.
Nello spazio sacro, avviene un incontro polare tra immanenza e trascendenza e anche l'esperienza religiosa, che è di natura liminale, ha a che fare con lo stare nel mezzo tra queste due polarità; se ne deduce che lo spazio sacro è ciò in cui e con cui è possibile un'esperienza religiosa. Il passaggio tra il sacro e il profano, spazialmente ben rappresentato dalla sequenza percorso soglia e meta, può avvenire solo attraverso uno stadio intermedio ritualizzato: il rito di passaggio. Ampliando l'accezione originaria di rito di passaggio, asserendo che tutti i tipi di rituale sono strutturati secondo la forma processuale del passaggio, si giunge ad affermare che tutti gli spazi sacri sono strutturati secondo la forma liminale. Lo spazio sacro, dunque, è liminale e costitutivo del rito stesso, quindi anch'esso ha il potere di creare un mondo, un microcosmo in cui vige il linguaggio metaforico.
La preghiera personale, la meditazione sono un rito? L’antropologia culturale risponde affermativamente. L'idea di spazio interiore, interiorità, intimità, è un luogo in cui uno si ritira in sé, si isola dagli altri e dal mondo. Si tratta, in origine di un topos propriamente cristiano del quale nel tempo se n'è appropriato anche il pensiero filosofico laico. Questa camera è il centro dell'anima o dello spirito, il luogo più segreto, la coscienza. Lo spazio interiore è dunque metaforizzato attraverso una camera, una figura spaziale che permette di formulare, organizzare, costruire un'esperienza umana. Sappiamo che l'uomo fa uso di metafore in generale e in molti casi di metafore spaziali per esprimere concetti o esperienze "astratte" in base all'esperienza vissuta. Dunque, per offrire la medesima esperienza non ci resta che ricreare spazi capaci di "ri-accendere" l'entrata in relazione con il nostro luogo segreto. La messa in opera di questo spazio interiore, del cubiculum cordis, stanza dello spirito, si rende necessaria. Ciò che andrà costruito sarà un luogo capace di "far entrare" e di "far uscire" da questo luogo interiore, uno spazio che possa offrire l'esperienza della preghiera o della meditazione che, posto sul cammino fisico della nostra vita, sia capace di "invitarci" a sostare e a entrare nella camera e a chiudere la porta.
percorso metodo/costruzione
Il giorno 10 Settembre, all’apertura del laboratorio i partecipanti sono stati introdotti all’area del Delta, al tema del laboratorio e accompagnati a visitare gli interventi delle passate edizioni.
Il workshop di architettura-autocostruzione ha visto la partecipazione di undici studenti e come tutors gli architetti: Alessandro Bellini, Emilio Caravatti, Paolo Mestriner, il prof. Gian Luca Brunetti e l’architetto-liturgista Francesca Leto.
Data l’area in cui operare si è scelto l’esatto punto in cui collocare il manufatto.
Vi sono dei dati di partenza fissi: la quantità e tipologia di materiale a disposizione: morali e tavole in legno, impregnante all’acqua color nero, dimensioni della base.
Agli studenti suddivisi in gruppi di lavoro è stato dato il compito del rilievo dell’area e di definire una proposta progettuale. Il progetto non è deciso a priori ma viene sviluppato durante il laboratorio.
A partire dalle le tre proposte, è stato sviluppato un lavoro congiunto per arrivare a una sintesi capace di riassumere gli elementi positivi di ciascuna proposta, di rappresentare tutti i partecipanti e da realizzarsi in un tempo ridotto, pari ai tre giorni rimanenti.
I gruppi sono stati poi sciolti e formate squadre che potranno essere modificate durante l’iter progettuale e realizzativo, per ragioni di efficienza del processo ma anche di didattica, ovvero dare l’opportunità a tutti i partecipanti di fare esperienza delle varie fasi del processo progettuale-costruttivo: la misurazione, lo studio di uno snodo, il taglio del materiale, la verniciatura, l’assemblaggio etc.
Per la costruzione, gli elementi sono stati prototipati e prefabbricati in una differente zona e solo successivamente assemblati sul sito prescelto. Questo per ragioni autorizzative, tecnico logistiche e di sicurezza. Il tutto per ragioni di sicurezza idraulica è stato pensato per essere facilmente rimovibile.
Mercoledì 12 settembre, si è iniziato a predisporre il cantiere nell’area provvista di energia elettrica e servizi. Si è iniziato con il taglio del materiale e dalla “messa in mostra” del modulo di base originante la microarchitettura. Contemporaneamente è iniziata la verniciatura del materiale depositato presso l’area affinché fosse possibile il taglio e l’assemblaggio dello stesso a partire dal giorno seguente.
La microarchitettura è stata sviluppata sulla verticalità e caratterizzata da una facciata/struttura in morali di legno. La composizione della stessa è stata studiata al fine di renderne chiaro l’assemblaggio in cantiere e capace di mantenere il baricentro il più basso possibile oltre ad evitare la possibile arrampicata.
La base in legno con i primi corsi di morali sono stati trasportati il giorno seguente e agganciati alla base in cemento armato di recupero. Mentre un gruppo ha proseguito la struttura in elevazione formata dai corsi di morali, un piccolo gruppo ha continuato la verniciatura del materiale da assemblare.
Il progetto contemporaneamente ha continuato ad essere affinato ed è terminato con la messa in posa del rivestimento.
Descrizione del progetto
Il dispositivo è collocato in una zona ribassata rispetto alla sommità arginale, verso il fiume Po. La soluzione tecnica relativa ai corsi dei morali in legno degradanti verso l’altro oltre a dare risposta ai problemi evidenziati in precedenza, ha una precisa intenzione simbolica: la messa in opera di una tensione e direzione verso l’alto/cielo La dimensione della microarchitettura in pianta è determinata dalla piastra in cemento armato di dimensioni 140 per 200 centimetri usata come base. Questa base fungeva da supporto ai vecchi cassonetti ormai in disuso a motivo della raccolta differenziata dei rifiuti porta a porta. Recuperata nei pressi di uno scolo adiacente l’area cimiteriale è stata posata capovolta rispetto al suo normale utilizzo ed è servita da fondazione e base di appoggio. A questa base, è stato aggiunto, a sbalzo, un piccolo corpo di profondità 80 cm. Questa estroflessione si configura come un esonartece-soglia aperta sul lato sud, e invito a entrare per chi percorre l’argine: a piedi, in bici o in auto.
L’orientamento, stabilito secondo il Nord Geografico, è stato determinato seguendo l’asse est-ovest per il lato lungo mentre per quello corto un orientamento nord-sud capace di mettere idealmente in relazione i due campanili e le “due comunità prima più vicine grazie al vecchio ponte in ferro di recente demolito”.
Superato il varco d’accesso ed entrando nel piccolo nartece, l’interruzione di una tavola del rivestimento determina una doppia fessura: da questa è possibile scorgere il fiume e al di là di esso il campanile della vicina comunità di Bottrighe. Il nartece, in quanto soglia/transizione, presenta assi verniciate con mordente nero, come l’esterno. Nella cella vera e propria, il legno non verniciato, in tinta naturale, muta l’esperienza percettiva di colui che vi accede.
Due tagli, a nord e a est, inquadrano il fiume e un filare di pioppi: questi sono due elementi tipici del paesaggio. Le fessure sono posizionate a un’altezza tale affinché vi si possa guardare attraverso solo assumendo una postura accovacciata o seduta o inginocchiata. Un’apertura sommitale permette alla luce di penetrare nella stanza; questo fa sì che spazio e tempo si coniughino generando una percezione del piccolo ambiente che muta col passare delle ore del giorno e lungo l’arco delle stagioni.