"Una strategia di riuso per gli scali ferroviari alla Biennale di Venezia"
"Da scalo ferroviario a community hub per la rete di comuni delle aree interne."
Storicamente i fondovalle lucani sono stati esclusi dai processi di insediamento del territorio. L'infrastrutturizzazione del territorio era quindi legata a sistemi di crinale che solo in casi specifici attraversavano le vallate trasversalmente. A partire dall'età moderna è stata insediata una prima infrastruttura di fondovalle. Su questo sistema insistono oggi le più consistenti arterie della gomma e del ferro, costruite a partire dal secondo dopoguerra.
La valle del Basento è rappresentativa di una condizione tipologica nella quale il sistema infrastrutturale moderno non è mai stato incluso in un territorio ancora fortemente legato ad una condizione rurale. Segni di questo rapporto interrotto sono la sostanziale assenza di centri di fondovalle rilevanti. Questi, quando presenti, si riferiscono ai toponimi storici di crinale, con l'aggiunta della locuzione scalo, e in molti casi non presentano caratteri residenziali evidenti.
L'assenza di relazione tra territorio e infrastruttura ha prodotto un paesaggio interrotto. Effetto principale di tale interruzione è la bassa qualità ambientale del fondovalle, in alcuni casi compromessa da attività produttive deregolamentate, mai integrate nel sistema. Come conseguenza, gli scali sono incapaci di fornire alle aree interne (di elevato valore paesaggistico e culturale) una porta di accesso adeguata ai loro significati.
Prendendo il caso studio della valle del Basento, la strategia territoriale propone la riattivazione degli scali di fondovalle come polarità di un sistema che lavora per sinergia orizzontale -tra gli scali stessi- e verticale tra gli scali e i borghi di crinale. Gli scali vengono quindi trasformati da nodi intermodali a nodi aperti al territorio, rispondendo a necessità di sistema e alle specificità dei luoghi di prossimità.
All'interno di questa rete, lo scalo di Ferrandina e lo scalo di Grassano, possono essere intesi come laboratori tipologici e cerniera di comunicazione tra il sistema locale ad elevato valore culturale/ambientale (Matera il primo, il parco delle piccole Dolomiti Lucane il secondo) ed i sistemi infrastrutturali macro-territoriali.
Da un punto di vista funzionale gli scali si configurano come hub di servizi che per necessità (sottoservizi, logistica, accessibilità) non possono essere dislocati nelle aree interne. Allo stesso tempo assolvono il ruolo di vetrina del territorio e di nodi tra le reti di scale diverse. Diventano quindi degli attrattori di flussi leggeri dal territorio verso l'infrastruttura, ma anche dei distributori dall'infrastruttura verso il territorio.
Storicamente i fondovalle lucani sono stati esclusi dai processi di insediamento del territorio. L'infrastrutturizzazione del territorio era quindi legata a sistemi di crinale che solo in casi specifici attraversavano le vallate trasversalmente. A partire dall'età moderna è stata insediata una prima infrastruttura di fondovalle. Su questo sistema insistono oggi le più consistenti arterie della gomma e del ferro, costruite a partire dal secondo dopoguerra.
Il significato di queste infrastrutture, quello comunemente riconosciuto e in tal senso accettabile come reale, ha da sempre assunto forme ambivalenti. Da un lato il palinsesto necessario per l’insediamento di apparati produttivi, dall’altro il dispositivo di partenza; la cicatrice materiale dell’abbandono del territorio. Questo è la ferrovia, questo è la strada ad alta capacità del fondovalle: il biglietto per partire, abbandonare un territorio che, nonostante gli sforzi, offre opportunità solo fino a un certo punto. Forse proprio per questo la rete delle memorie collettive della Valle del Basento, non ha nodi sul fondo della valle. Le memorie si riconoscono nei toponimi, nelle testimonianze, mentre il rapporto con gli scali è estemporaneo, legato alla consuetudine ed all’azione, meramente funzionale. Con le mutazioni dei paradigmi economici quella stessa funzionalizzazione che aveva dato speranza a un territorio, colonizzando le esigenze ed i bisogni che tradizionalmente ne alimentavano la popolazione, rappresenta ora un percorso cieco.
L'intervento nello Scalo di Grassano mira a creare una rete di località che, attraverso infrastrutture comuni, condividano servizi, generando flussi, interazioni e sinergie tra i borghi sulle cime e gli snodi a valle.
Un modello di utilizzo delle risorse, che mira alla creazione di un sistema che possa stabilire connessioni tra località vicine dotandole di una nuova centralità.
La riattivazione dello Scalo fa parte di una più ampia visione territoriale che tende a mettere in valore gli elementi naturali, articolati tra rete idrologica e campi di coltivazione, e dall’altro alle infrastrutture esistenti, composte dai binari ferroviari e dalla rete ferroviaria. Questi convergono infatti nella valle che assumerà una nuova natura grazie alla trasformazione e riciclaggio dei paesaggi abbandonati.
L'idea del progetto parte dalla riprogrammazione di un' infrastruttura ferroviaria dismessa (hardware) nuove attività innovative (software), attivando un sistema di connessioni territoriali, e promuovendo modelli di innovazione sia sociale che tecnologica. Strategia altresí replicabile in numerosi altri punti del territorio italiano che condividono le stesse problematiche di spopolamento.
Il progetto Scalo Grassano riattiva le preesistenze in disuso (la stazione, le case dei ferriovieri, l'hangar), definendo paesaggi pre-esistenti nella memoria collettiva, e creando uno spazio di connessioni tra essi, che offrirá possibilità di utilizzo molto diverse agli abitanti dei paesi della rete.
La sua posizione strategica tra un ambiente naturale per lo più coltivato ed un ambiente pseudo-urbano dalle forme disordinate, ci permette di comprendere lo spazio come una transizione tra questi due universi e nello stesso tempo di mettere ordine nello spazio adiacente, attualmente percepito senza alcun potenziale.
L'edificio, considerato un vivaio di conoscenze (un HUB di iniziative civiche), riformula le attività presenti storicamente nel territorio: agricoltura e artigianato. Il programma che viene proposto è in grado di reinterpretare queste attività con una visione innovativa, e che amplifica il valore delle iniziative che preesitenti in un HackLab, con laboratori di innovazione, di prototipazione ed incubatori di imprese.
La vicinanza della scuola agricola consente la creazione di un paesaggio ibrido che ha l'ambizione di divenire sia uno spazio per la sperimentazione, sia un nuovo spazio pubblico che conntterá i saperi dei borghi limitrofi.
Attorno alla grande piazza civica si sviluppano i laboratori di prototipazione con la vocazione di tessere connessioni con la Open Design School promossa dalla capitale culturale di Matera. In questo vivaio di iniziative civiche, coesistono spazi per attività di ricerca e sperimentazione, a supporto di laboratori di imprenditoria che promuovono lo sviluppo economico locale.
Parallelamente, ci sono spazi altamente flessibili, come "la piazza a valle", in grado di adattarsi alle diverse esigenze dei cittadini, promuovendo la nascita di un tessuto associativo in grado di condividere attività e conoscenze.
Lo spazio pubblico assume diversi caratteri, da quello piú urbano antistante alla stazione, luogo di attesa e di incontro, a quello della piazza coperta centrale con un carattere ibrido in grado di ospitare diverse attività (conferenze, mostre, mercato, circo, ...), a quello piú naturle del grande parco agricolo che unisce l' Hub alla scuola agraraia.
L’ intervento integra il vecchio hangar di scambio merci trasformandolo in uno spazio che ospita moduli di dispositivi temporanei, che transiteranno lungo la rete ferroviaria italiana come una sorta di “vagone di servizi temporanei”.
Le diverse esigenze della popolazione individuate durante il processo di partecipazione potranno essere riprogrammate con una certa flessibilitá come frammenti di servizi significativi: una specialità medica, un teatro mobile, un laboratorio, prototipi dell' Open Design School o frammenti di padiglioni della Biennale di Architettura avranno una presenza temporanea nei punti dell’Arcipelago Italia.
INDICE TEMI
·Valle del Basento, morfologia del territorio (borghi e strade di crinale, territorio come parco agricolo)
·Meccanicizzazione della mobilità: la ferrovia, stazione come luogo per tornare.
·Valle del Basento, struttura del territorio: borghi di crinale, infrastruttura di fondovalle (paesaggio interrotto, discontinuità)
·Valle del Basento, territorio tra inquinamento e sistemi naturali di qualità
·Gli scali da nodi di interscambio a nodi aperti al territorio
·Temi macroprogettuali su Ferrandina e Grassano