Alle mani allo sguardo
Alle mani, allo sguardo offre una triplice visione d’artista in una mostra che accosta per la prima volta i misurati ma titanici studi di creta di Isabella Zaccagnini e le fotografie di paesaggi urbani di Federico Cianciaruso e Simone Galli. Luoghi desolati, spazi altri, immortalati in giro per l’Italia, scoprono la possibilità di svelare nuovi immaginari grazie al dialogo con le piccole sculture, figure umane che emergono dalla terra e si torcono alla conquista dello spazio. Eterno presente quello degli spazi ritratti, eternità nell’istante quella dei corpi d’argilla. Nei sensi il terreno di contatto, un orizzonte che imposta un dialogo nuovo con i luoghi che ci circondano.
Il mio corpo è il punto zero del mondo; laddove le vie e gli spazi si incrociano, il corpo non è da nessuna parte: è al centro del mondo questo piccolo nucleo utopico a partire dal quale sogno, parlo, procedo, immagino, percepisco le cose al loro posto e anche le nego attraverso il potere infinito delle utopie che immagino. Il mio corpo è come la Città del Sole, non ha luogo, ma è da lui che nascono e si irradiano tutti i luoghi possibili, reali o utopici.
Michel Foucault, 1966
Una cattiva volontà avrebbe spinto l’uomo a chiudersi gli occhi. Il cieco non vuole sapere o piuttosto vorrebbe non sapere, ossia non vedere. Idein, eidos, idea: tutta la storia, tutta la semantica dell’idea europea, nella sua genealogia greca, lo si sa, lo si vede, assegna il vedere al sapere. Osservi ora l’allegoria de L’ errore, l’uomo dagli occhi bendati di Coypel. Naturalmente i suoi occhi potrebbero vedere. Ma sono bendati.
Jacques Derrida, 1990
Cogliersi come|nell’ essere
(Provo a chiudere gli occhi: respiro, posso ascoltare il battito del cuore, ondeggio, posso aprire le braccia tutt’attorno. Ad occhi chiusi sono finalmente fuori da me. Estranea, straniera al mio stesso sguardo su me stessa. Non mi conosco più, non mi riguardo, eppure finalmente mi sento.)
Libera.
Negli attimi in cui si è completamente fuori da sé
si matura la coscienza del ritorno
slowly we unfurl
L’istante diviene memoria nell’immediatezza della percezione.
|Come è possibile la percezione senza ricordo?
La possibilità di indagare il ricordo con uno sguardo costantemente orientato verso il presente può divenire interesse fotografico per una poetica del frammento. Il parziale, frammentario, incompleto, rovinato è potenza generatrice, ricchezza in grado di definire mondi possibili, assolutamente altri, nei quali ritrovarsi.
Guardare quindi, in un corto circuito dallo sguardo fotografico al corpo d’argilla, guardante e guardato.
E così emulare ciò che è possibile solamente ad occhi chiusi.
L’opera d’arte è immobile solo in apparenza.
Le regole del corpo umano rappresentato, immaginato, sono per natura mutevoli. Una metamorfosi senza principio né fine. Nella mitologia di un corpo inesistente vive la ricerca di misure che lo trasfigurino senza modificarne l’essenza, mantenendo possibile un’identificazione.
|Quando quel corpo umano non sono più io?
Quando quel corpo umano sono ancora io
allora posso vedermi.
Nel guardarmi abitare uno spazio in rovina riscopro le mani, lo sguardo, i miei. Riscopro la città. Riscopro le mie mani ed il mio sguardo nella città.