Il padiglione sull'acqua
“Il padiglione, ideato come un involucro aperto sui lati sopra una piattaforma di calcestruzzo a pelo d’acqua, è una piccola struttura in ferro e legno, la cui esile consistenza è tale da farla apparire quasi un architettura effimera rispetto alle solide fabbriche di calcestruzzo che la circondano. Non è semplice comprendere quali furono gli esempi che ispirarono questa architettura, che l’architetto stesso dichiarò mutuata dall’architettura giapponese. L’idea di un padiglione di meditazione isolato dal mondo per mezzo dell’acqua ha una lunga storia anche nell’architettura occidentale. L’esempio più noto è forse il teatro marittimo di villa Adriana, ma vi erano anche esempi più vicini in alcune ville del Veneto del XV-XVI secolo. Dal punto di vista percettivo la sua funzione è abbastanza chiara. Per raggiungerlo è infatti necessario varcare la porta di vetro che scorre verticalmente posta all’interno del corridoio d’accesso. Questa pesante paratia in metallo e vetro una volta spinta verso il basso risale con un automatismo completamente bagnata per essersi immersa nell’acqua sotto il corridoio. Il suo movimento di ritorno è dovuto al sistema di contrappesi e carrucole poste all’esterno del corridoio, quindi non è visibile da chi si trovi al suo interno. La porta così risale alle spalle del visitatore e la separazione del padiglione dal mondo esterno è segnata da un movimento meccanico automatico, che avviene indipendentemente dalle intenzioni di chi ha varcato la soglia. Questo ramo scuro del corridoio perpendicolare ai “propilei” è l’unico percorso che consente di raggiungere il padiglione sull’acqua, altrimenti inaccessibile dal giardino. La forma cava del padiglione all’interno è tale da impedire a una persona di statura media, in piedi, di vedere l’esterno, mentre la stesa persona seduta sulla panca posta al suo interno gode di una vista privilegiata sull0arcosolio con lo sfondo delle colline di Asolo. Come in altri luoghi significativi del cimitero Brion, ma questa volta in modo più esplicito, Scarpa sembra suggerire che per comprendere il senso delle cose è necessario prenderne le distanze e in questo caso sedersi concedendosi del tempo. Alcuni tagli sui lati della struttura lignea del padiglione sono decorato da elementi metallici, attraverso i quali l’arcosolio è perfettamente inquadrato, con il campanile di San Vito e le colline sullo sfondo.”
Vitale Zanchettin
“Carlo Scarpa – Il complesso monumentale le Brion”
Marsilio, Venezia, 2005