Concorso Internazionale di Progettazione per la realizzazione del Polo Scolastico di Eccellenza Alberghiero ed Agroalimentare
Un progetto di architettura è sempre una scelta, una crisis, che opera sull’individualità dei luoghi che trasforma selezionando nuovi ordini possibili, modi della costruzione e caratteri adeguati a quella realtà della quale vuole
criticamente assumere i dati, i bisogni ma anche le contraddizioni. In tal senso la proposta per Ariano Irpino prova a risondare il senso del tema, in che modo possibili strutture formali legate all’uso e alle attività da collocare realizzino la ragione di quest’edificio collettivo. A partire da questa perlustrazione tematica, il progetto trova la sua autentica ispirazione dalla relazione che il nuovo manufatto può instaurare con i caratteri del luogo in cui si insedia grazie alla posizione che assume nella morfologia di Ariano Irpino.
Il rapporto con la forma del lotto, la sua condizione acclive, la doppia relazione che può assumere in rapporto alla via delle Puglie e la valle, da un lato, e con la piazza superiore con la presenza del centro pastorale e di Palazzo Bevere-Gambacorta, dall’altro, diventano i punti fissi dai quali il progetto muove nella determinazione della sua sintassi, della definizione e proporzione delle sue parti e quindi dei suoi caratteri.
Alla scala più ampia è lo stesso “logo” del Concorso che rappresenta l’area di progetto tra il campanile della Cattedrale e il Castello Normanno a suggerire che, tanto nello skyline che in planimetria, il nuovo complesso scolastico possa entrare in tensione con gli elementi primari preesistenti che rappresentano la
città, costituendo a sua volta un ulteriore punto fisso nel panorama, un caposaldo emergente in grado di polarizzare a distanza il vasto territorio di riferimento. La condizione acclive costituisce dunque la specificità di questa area di intervento: una specificità precedentemente del tutto occultata e ignorata
dall’Hotel Giorgione, costruito a totale e indifferente occupazione del lotto e con il corpo alto parallelo alle isoipse, che oggi si offre nuovamente come possibile matrice di un progetto che la consideri ragione collocativa dei corpi di fabbrica in grado di realizzare un dispositivo architettonico chiamato di nuovo a mostrare, a rendere intellegibile la particolare condizione del sostrato tellurico esaltandone le forme, le variazioni, le giaciture.Ne è derivato un progetto con una articolazione volumetrica complessa, di tipo additivo, laddove la unitarietà è garantita dal lavoro sui caratteri, degli edifici e dello spazio aperto. Si conferma un modo della composizione di tipo paratattico in cui i vari corpi, le differenti parti, pur ritrovando caratteri comuni assumono una loro specifica identità formale, dimensionale e tipologica per essere non tanto dei ‘solitari’ ma gli elementi di una composizione in grado di definire, entrando in tensione tra loro, lo spazio aperto come condizione fondamentale del progetto ma anche spazi conchiusi, sequenze, iati. Rosario Assunto ne Il paesaggio e l’estetica parla di
due situazioni correlative quando dalla dimensione universale del paesaggio si approda alla dimensione locale della città addentrandosi idealmente in strade
e piazze, che sembrano essere state scritte per i luoghi della città appenninica: in una strada o in una piazza può esservi paesaggio così come può, una via
cittadina essere nel paesaggio.
Al di là della qualità dell’edilizia, piazze, strade e luoghi di questa città sono nel paesaggio e il paesaggio entra prepotentemente in questi spazi urbani: questo
‘carattere’ vuole riprodursi nel progetto laddove, da est verso ovest, l’edificio dell’auditorium e dei laboratori, l’aulario/lama, l’aula civica e l’elemento di chiusura che definisce lo spalto che contiene la palestra, nonché lo spalto stesso, sono diventati altrettante occasioni per guardare verso il paesaggio ma anche per catturarlo all’interno di nuovi spazi urbani in un sito che oggi, pur nella sua forte connotazione morfologica, non offre luoghi nei quali possano essere riassunti i valori della collettività e nei quali la collettività stessa possa
riconoscersi. All’interno della composizione, il corpo delle aule, a mo’ di torre-bastione, si dispone normalmente alle isoipse misurandone la variazione e troneggiando sugli altri volumi, trovando in pianta la giusta collocazione
secondo la giacitura della risalita della cortina sull’antica via delle Puglie, matrice dell’insediamento di crinale. La testata nord di questo edificio diventa ulteriore elemento di definizione dello spazio di Piazzale S.Francesco mentre l’edificio si distacca da quello su via D’Afflitto della misura adeguata a collocare una scala urbana che conduce al corpo di ingresso sia alle aule che all’edificio dei laboratori il quale, a sua volta, assume invece una forma trapezia per porsi
in aderenza all’edifico esistente e, nel lasciare libera l’area inedificabile, fissa definitivamente in lunghezza la dimensione del corpo delle aule. Dal lato opposto il crepidoma dello spalto, rispetto alla soluzione progettuale della prima fase del Concorso, ripensato anche in relazione alla necessità di accogliere
al suo interno la palestra, assume una ancora maggiore autonomia formale prendendo la forma rettangolare e serrando la sua misura tra il volume dell’aula civica e quello del grande lucernaio/sala impianti sul limite occidentale del lotto. Il sistema di rampe che, a partire da una quota di circa - 9,00 metri raggiunge la quota 0,00, corrispondente al Piazzale San Francesco, è come se fosse realizzato per incisione e scavo del volume e si avvolge intorno all’aula civica ‘perno’ dal quale parte la rotazione del sistema che va qui ad allinearsi lungo la strada.
Le due incisioni triangolari, che in via D’Afflitto assumono una forte relazione di continuità con la scala urbana esistente che conduce a un altro luogo di internità, sono l’elemento di divisione con un ulteriore spazio dello spalto che regolarizza e amplia la piazza superiore offrendo, da essa, un più ampio luogo di affaccio verso valle. Si tratta di una composizione che realizza un dittico
(dal greco δίπτυχον, Dis-, “due” + ptychē, “piega”) incernierando, da un lato, i due edifici dell’aulario e dei laboratori e, dall’altro, l’aula civica con il podio,
capace, in più, al di là del giudizio sulla qualità architettonica, di ridare un ruolo e un senso anche all’edificio sacro sulla piazza che torna a stabilire rapporti di corrispondenza polare con gli altri elementi emergenti di nuova costruzione.
In tal senso la volontà è stata quella di costruire un progetto profondamente ‘urbano’ nel senso di capace di riprodurre la complessità morfologica della città in un insieme di luoghi identificabili e nominabili. Si è costruita la densità, anche nella differente articolazione volumetrica dei corpi di fabbrica, attraverso la finitezza dei diversi elementi – corpi minerali quasi scolpiti per sottrazione di massa – capaci di conformarsi alla accidentalità della orografia e di costruire una narrazione di spazi urbani in concatenazione ma anche le necessarie aperture e traguardi alla profondità naturale della valle. La riflessione sul tema già fissata, in prima fase di concorso, nelle tipologie – l’aulario, l’edificio deil laboratori con l’auditorium, il podio con l’aula civica – si precisa ora con la definizione del carattere di questi edifici, stereotomici, muti verso nord, più aperti invece verso sud, eccezion fatta per il corpo delle aule che invece trova i suoi affacci sui fronti est ed ovest, sul podio, per accentuarne il carattere di lama sottile.
Tutti gli elementi che costituiscono la composizione sono autonomamente definiti ma accomunati dal carattere plastico murario, pervasivamente utilizzato
tanto per quelli che si incaricano della fondazione del suolo, come masse topograficamente modellate in rapporto alla conformazione del luogo, quanto per quelli in elevazione. L’obiettivo principale dell’approfondimento progettuale
condotto nella seconda fase del Concorso è stato dunque proprio quello della ricerca del carattere adeguato non solo per dare risposta al tema ma anche al luogo, riconoscendo un ordine da continuare costruendo un nuovo ordine, ridiscutendo ogni volta e di nuovo quelle soluzioni che conservano un sostanziale carattere di permanenza e che la storia dei luoghi ha dimostrato essere ‘corrispondenti’ ai temi della vita dell’uomo, al Lebenswelt, ma anche capaci di essere Lebenswert, ovvero degne di essere vissute. Il tema compositivo-urbano che si è adottato è stato quello della costruzione di un modo dell’esternità, nella apertura al paesaggio appenninico, capace di
realizzare numerose internità urbane. Un sistema di corpi emergenti dal sostrato tellurico – la lama, il crepidoma e i laboratori – ma anche poggiati con cura come in una sequenza diatonica, fatta di tensioni, distanze, pesi differenti su un piano d’orizzonte da cui guardare ed essere visti da lontano. Una “natura morta” fatta però di corpi minerali distinti ma in grado di definire tensioni, chiaroscuri netti, radunare polarità e costruire nuove prossemiche e lontananze insperate.