CORNICE
Quarto Premio.
copertura dello Spazio incontri al Caffè della Villa Versiliana.
Inquadrare, tra natura e artificio.
Il confronto a cui spinge il concorso si traduce in un continuo dibattito tra la natura e l’artificio. Da sempre l’architettura cerca di saldare o accentuare queste polarità per fonderle o contrapporle. Spesso però gli elementi del contesto non sono così chiari e scindibili. Nel caso della villa Versiliana e del suo parco si percepisce una forte sinergia, che coinvolge questi estremi sfocandone i caratteri. Come la pineta è frutto del lavoro dell’uomo, che la sfruttava per la coltivazione dei pinoli, la Villa è stato rifugio per poeti e letterati, che da lì hanno dipinto e cantato il fascino della natura. Ampliando lo sguardo verso il territorio altre caratteristiche ne permeano fortemente l’atmosfera: la Versilia come terra di confine e luogo di vacanza. Il mare ne è il limite ed il ponte, risorsa per la vita e minaccia. La crescita italiana di pochi decenni fa ha trasformato questi luoghi profondamente. I villeggianti popolano la costa in cerca di tranquillità e riposo, ma anche divertimenti ed attività all’aria aperta. Questa breve successione di suggestioni è in qualche modo distillata nello spirito della Versiliana, che racchiude placidamente, senza sforzo alcuno, ognuno di questi aspetti.
Il progetto ha l’obiettivo di ridurre gli elementi ad un segno unico, che risolva allo stesso tempo il carattere velato e leggero di una copertura estiva in modo da interpretare la dualità del luogo, la villa e la pineta. Il volume stereometrico dell’edificio ed il suo colore caldo vengono assorbiti e astratti, divenendo la matrice del sistema di velari tesi che si sovrappongono sulla platea. La presenza dei pini interni all’arena viene considerata come principale elemento generatore la copertura, che ne ricalca il numero (dieci), ovvero un velario per ogni pino. Questo sistema, oltre a costituire un paradigma che conforma il progetto mira a nobilitare la presenza degli alberi che si ritagliano all’interno dei velari un margine di rispetto intorno al tronco. Il processo cerca di nobilitarne la presenza, per riuscire ad elevarli a monumenti naturali degli incontri al caffè.
La maglia rigida dei fusti si confronta con l’impianto ellittico dell’arena, ponendo l’intervento davanti al problema di riuscire a raccordare i due distinti linguaggi. Per questo, ogni velario si dilata o si restringe in maniera da approssimarsi quanto più possibile al perimetro esistente. In ques’ottica i sostegni delle alberature non occupano più posizioni concentriche ma polarizzano la sagoma dei velari attribuendo un dinamismo che vivacizza l’insieme. Per la stessa ragione si è scelto di appendere le schermature su due distinti livelli, il primo con altezze da 6m a 5m ed il secondo da 5m a 4m. Questo doppio registro permette di giocare con variazioni di quota e sovrapposizioni che alterano la percezione in alzato della copertura, facendo intravedere scorci di cielo, ed enfatizzando la sensazione di trovarsi en plain air. La svasatura dei singoli elementi, generata da queste differenze di quota rappresenta una semplice inflessione per rispondere a più esigenze, di pari importanza della schermatura solare, al fine di un ottimale utilizzo e resistenza nel tempo del progetto.
Inquadrare, tra natura e artificio si mostra come un modo di interpretare la sfida lanciata dal bando attraverso un gesto minimo, totalmente reversibile e con ottima manutenibilità.