<<Quid tum?>> Architetture e spazi esequiali a Marineo
La particolare condizione fisica del luogo costituisce il punto di partenza del progetto di ampliamento del cimitero storico di Marineo, piccolo comune dell'entroterra palermitano. Un rapporto quasi osmotico con il paesaggio morfologicamente "tormentato", in cui il tema dell'hortus conclusus (tipico dei cimiteri mediterranei) viene scardinato in favore di una disarticolazione di elementi puri ed essenziali, volti a rompere qualsiasi rigidezza.
L'EVOLUZIONE DELLO SPAZIO CIMITERIALE
In tutte le culture il problema della morte viene affrontato e risolto in modi differenti, cercando di fare chiarezza sul fondamentale problema dell’esistenza umana e non c’è cultura che non si possa interpretare come un tentativo di soluzione a questa ancestrale questione. Analizzando ogni singola cultura, ponendo attenzione alle concezioni dell’aldilà, ai concetti di immortalità, alla simbologia funebre, appare chiaro ed evidente il principio che la Terra è Madre che genera le forme viventi e l’uomo che viene dalla terra in essa ritorna. Credenze che legano la Terra al culto dei morti. Fin dall’inizio l’uomo ha intessuto nelle varie religioni, di fronte alla morte inspiegabile e assurda, una serie di mitologie e riti volti ad allentare la durezza di questo evento, rendendo meno dolorosa la separazione con il mondo dei vivi, unendo al dolore per la fine della vita l’immensità del mondo naturale. Possiamo considerare il sepolcro come la prima architettura, le antiche necropoli ci hanno permesso di conoscere a fondo culture e stili di vita del passato. È noto che le dimore dei defunti erano più robuste di quelle dei vivi dato che di quest’ultime non si hanno più tracce, mentre le necropoli sono arrivate fino a noi intatte. L’ultima dimora doveva essere solida, qualificata sotto ogni punto di vista; nell’antico Egitto tutti gli sforzi si dovevano concentrare sulla tomba perché eterna e non sulla casa dei vivi perché provvisoria.
La civiltà etrusca è in tal senso assai paradigmatica di uno sforzo compiuto affinché si affidasse soltanto all’architettura funeraria il compito di custodire e preservare la memoria di un intero popolo.
Lo spazio cimiteriale è strettamente connesso ai processi di organizzazione ed espansione subiti dalla città, in particolare quella ottocentesca; in quegli anni motivazioni igienico sanitarie impongono soluzioni laiche e razionali per risolvere il problema delle sepolture cittadine. L’igiene pubblica diventa una questione fondamentale per migliorare le condizioni di vita della popolazione. Nasce quindi l’esigenza di allontanare i cimiteri e collocarli in zone periferiche. Queste necessità segnano l’inizio di una trasformazione dell’idea di architettura funeraria che porterà alla costituzione di un recinto tessuto secondo una razionale suddivisione in parti gerarchicamente subordinate che ripercorre gli accenti, le ripetizioni, i meccanismi caratteristici della forma urbana. Cimitero inteso come “città” in cui «assi, piazze, slarghi, camere, gallerie, sepolture individuali e collettive riuniti entro un unico disegno, riproducono idealmente la società dei vivi come una carta riproduce un rilievo o un paesaggio. Tutti sono riuniti nel medesimo recinto. Il cimitero di San Cataldo di Aldo Rossi ne è un esempio emblematico, uno spazio in cui si rappresenta l’idea di città, dove piazze, torri, case, strade e portici con le loro prospettive descrivono uno spazio metafisico e volutamente retorico che evidenziano che questo luogo, in fondo, è destinato ad essere visitato e non abitato. Il tema della sepoltura dei morti ha generato forme dinamiche e campi di forza nel paesaggio: tumuli di terra, circoli di pietre, boschetti, isole sepolcrali. Forme archetipiche in cui Adolf Loos riconosce l’essenza dell’architettura nella sua celebre definizione: «Se in un bosco troviamo un tumulo lungo sei piedi e largo tre, disposto con la pala a forma di piramide, ci facciamo seri e qualcosa dice dentro di noi: qui è sepolto un uomo. Das ist Architektur. (Questa è architettura)».
IL CIMITERO COME PAESAGGIO
Le tendenze contemporanee hanno consentito al cimitero di riscattarsi definitivamente dalla funzione di risarcimento igienico sanitario, trasformandosi in un vero e proprio parco sepolcrale. Un luogo dedicato al silenzio e al culto dei morti, uno spazio della memoria. Il nuovo immaginario risulta suggestivo e poetico, ma anche duro e ruvido, non solo luoghi formatisi da vegetazione e prati verdi per ritrovare il tempo lento della meditazione, ma paesaggi fatti di cemento, pietra, lamine d’acqua e acciai, dove lunghe e strette scale attraversano volumi puri ed elementi essenziali. In tal senso, emblematico è l’esempio del cimitero di Finisterre, in Galizia, di César Portela, in cui il classico impianto recintato e chiuso viene sovvertito per far posto ad uno spazio “libero e frammentato”, in cui l’architettura si adatta all’andamento topografico del terreno minimizzando l’impatto architettonico che un cimitero di tipo “compatto” provocherebbe nel paesaggio. I blocchi di colombari si fondono con la terra avendo come sfondo il cielo e il mare, riunendo vivi e morti in uno spazio senza tempo. Questa nuova composizione dello spazio sepolcrale influenza anche il modo di vivere questi luoghi, paradossalmente lo spazio della morte si trasforma in uno spazio della vita. Questi luoghi diventano religiosi e laici, contemplativi e vissuti, immobili e dinamici, silenziosi e “caotici”, caratteristiche che si legano con l’epoca in cui viviamo segnata dal progressivo e accelerato irrompere di informazioni e immagini, in cui velocità e mobilità rendono sempre più difficile congetturare un punto e un luogo senza tempo. Il cimitero-paesaggio si propone come vero e proprio spazio pubblico, dotato di estrema elasticità, capace di essere intimo e aperto allo stesso tempo, in grado di semplificare il rapporto uomo-morte eliminando tutto il superfluo.
MARINEO E LA QUESTIONE CIMITERIALE
Su un colle, visibile dalla statale Palermo-Agrigento, sorge Marineo, contrassegnata da una bianca rupe piramidale, una rocca che incombe sulla piccola cittadina del palermitano, detta mitologicamente “la tomba di Polifemo”. Marineo si apre su un’ampia vallata segnata da un territorio morfologicamente “tormentato” e da una serie di colli che la rendono unica e suggestiva. In effetti dal paese si può scrutare tutta la valle del fiume Eleuterio in cui sono visibili le località archeologiche di Cannita e Porcara. Ad Ovest del paese si può ammirare, in corrispondenza di un evidente declivio, la zona detta “La Montagnola“, ove attualmente si trova il cimitero storico di Marineo. L’impianto architettonico del cimitero è fortemente legato all’immaginario del classico cimitero mediterraneo, un recinto chiuso, introverso, in cui la vegetazione lo rende riconoscibile dalla lunga distanza. Insediandosi su una collina, risente delle differenze di quota, ed è inevitabile che l’ingresso denunciato da un portale arcuato, sia posto ad una quota intermedia, in modo tale da consentire l’innesto del cardo e del decumano in corrispondenza dei punti medi dei lati del recinto. L’asse di ingresso si conclude con la chiesa, mentre l’asse ortogonale copre un dislivello di 20 mt circa, e consente l’innesto ad una serie di collegamenti secondari, di dimensioni minori, dislocati secondo una trama meno regolare rispetto alla rigorosità dell’impianto.
IL PROGETTO DI AMPLIAMENTO
Sull’esempio di numerosi riferimenti e approcci alla questione di un intervento architettonico su un terreno in forte pendenza si è avallata l’ipotesi di un ampliamento in corrispondenza della parte inferiore del cimitero, unica area esente dal vincolo della Sovrintendenza. A differenza del progetto di un nuovo cimitero dislocato in un’altra area, il progetto di ampliamento consentirà ai cittadini di continuare a vivere un luogo carico di storia, custode della loro memoria e dei loro defunti.
L’elemento su cui si fonda l’intero progetto di ampliamento è un’asse parallelo al lato lungo del cimitero esistente che viene prolungato nella parte inferiore, oltre i limiti del recinto. Un principio ordinatore, una regola che permette di legare e combinare il nuovo intervento con l’esistente. La discesa diventa l’elemento chiave attraverso cui si sviluppa l’intero progetto; un elemento architettonico fortemente legato alle asperità del profilo del suolo, debole e dolce nella parte alta, forte e deciso in quella bassa.
Perpendicolarmente viene tracciato un’asse trasversale, tangente il lato corto e inferiore del cimitero, che consente il raggiungimento dei due poli opposti dell’ampliamento (il luogo di culto e il crematorio), e che introduce un altro tema dell’intera composizione, ossia la ripresa della croce di assi, ma declinato secondo una concezione diversa rispetto a quella del cimitero classico. Non più una croce inquadrata da un recinto, ma una croce “libera” che scardina l’impianto dell’hortus conclusus. La rottura del concetto di spazio cimiteriale chiuso contribuisce alla identificazione del progetto di ampliamento di uno spazio sepolcrale in un ampliamento del paesaggio, dove “morte” e “vita” si sovrappongono attraverso scorci panoramici verso la vallata e verso la vicina Marineo.
Scendendo di quota sono presenti percorsi trasversali, gerarchicamente subordinati, sui quali vengono dislocati blocchi essenziali, volumi puri disposti ortogonalmente alle curve di livello, destinati ad accogliere le cappelle gentilizie e i colombari.
Nell’unica area libera del vecchio cimitero, dove era previsto il campo di inumazione, sono stati progettati i servizi igienici, inseriti in una corte ipogea baricentrica rispetto all’intero complesso, raggiungibile attraverso una scala dal vecchio cimitero, e attraverso un collegamento ipogeo di connessione con l’ampliamento.Il sistema delle sepolture prevede: un campo di inumazione; cappelle gentilizie; colombari; ossari; un cinerario all’interno del tempio crematorio.
Il campo di inumazione è posizionato sul primo dei cinque livelli di cui si compone l’intervento, un pianoro caratterizzato da un prato dal quale fuoriescono elementi monolitici in materiale lapideo, che evidenziano l’ingombro della sepoltura.
Le cappelle gentilizie e i colombari sono concepiti come volumi puri, innestati ortogonalmente alle curve di livello e raggiungibili attraverso dei percorsi che in parte accarezzano il suolo e in parte seguono un segno, una direzione in contrasto col profilo del terreno che ne esalta i tratti stessi.
Le cappelle gentilizie basano la loro forma sul rettangolo aureo ed hanno un carattere privato e introverso. Immaginate come stanze parzialmente a cielo aperto, strategicamente limitano al loro interno il diretto rapporto visivo con il panorama.
I colombari sono cubi aperti verso la vallata, che presentano strombature diverse in modo tale da offrire una percezione quasi omogenea da punti di vista lontani, e aperture panoramiche totali e dirette con l’intorno.
Il cemento a faccia vista e la trama verticale evocano atemporalità e solidità, qualità necessarie per spazi volti ad eternare la vita.
L’inizio dei percorsi è caratterizzato dagli ossari. Spazi in cui viene negata ogni relazione visiva con il paesaggio, stanze totalmente a cielo aperto di forma quadrata in cui i loculi (in parte ipogei) vengono inseriti su due delle tre pareti di cui sono costituite. L’elemento culminante dell’intera composizione è il tempio crematorio. Al suo sviluppo orizzontale fa da contrappeso, in un dilatato rapporto dialogico con il volume stereotomico e slanciato del luogo di culto. Il percorso che conduce al tempio è segnato da vari accadimenti, cui è affidato il compito di dilatare il tempo che separa il defunto dalla cremazione. Quattro sono gli spazi e i momenti che scandiscono questo rito funebre:
- il chiostro per la sepoltura delle ceneri
- la sala del commiato dei familiari
- il rogo, l’ultima luce che divampa
- la restituzione delle ceneri
Il chiostro interno, a cielo aperto, distribuisce percorsi e cinerari, e racchiude in esso la canna fumaria, che si staglia verso l’alto. La sala del commiato è caratterizzata da una volta a botte secondo un arco a sesto ribassato; spazio separato dal precedente chiostro attraverso l’inserimento dei locali di servizio e dalla scala che porta al livello inferiore, di carattere nettamente più privato. Nel livello sottostante è presente il forno per la cremazione e la sala della consegna delle ceneri ai parenti.Il luogo di culto, infine, è posto in uno degli estremi dell’asse trasversale della croce. È progettato come uno spazio laico, privo di qualsiasi riferimento religioso, uno spazio per la meditazione, per il ricordo e per la riflessione. Un volume alto, e visibile da ogni punto di vista che funge da contraltare del crematorio posto sul polo opposto. All’interno asole, scorci di panorama, lame di luci e un arco cicloidale ne qualificano e ne scandiscono lo spazio, rendendolo unico e in continuo cambiamento al variare della luce.
CONCLUSIONI
La presente esperienza progettuale è stata finalizzata a utilizzare la particolare condizione fisica e identitaria del luogo come sostanza formativa e strutturante della stessa idea di progetto. Idea che ha condotto alla genesi di un’architettura che si radica, in maniera quasi simbiotica, al suolo e diviene prolungamento del potente paesaggio, trattato, non come semplice sfondo ma come elemento attivo della composizione, fondamento del progetto. Percorsi, scorci, aperture strombate, fenditure che attraversano il muro, mostrano un paesaggio che assume un forte valore simbolico, perché siano parte dell’intimo rito della contemplazione. «La dimensione osmotica esistente tra le pulsioni emotive di una natura antropizzata e quelle di una architettura fondata sul valore spirituale del luogo, è alla base di questa riflessione progettuale. Il tentativo di tradurre in forma architettonica il silenzio, l’assenza, la memoria è stato affidato alla ricerca di una eloquente essenzialità, attraverso una purezza stereotomica che caratterizza ogni elemento del progetto. La “scatola”, che possiamo definire come modulo base del progetto, elemento ordinatore, scavata e modellata dalla luce, pura, silenziosa, riassume in sé i concetti chiave che hanno guidato le scelte linguistiche e tematiche del progetto.