MOTORE IMMOBILE
Tutte quelle storie sulla tua strada. Trovare la tua strada. Andare per la tua strada. Magari invece siamo fatti per
vivere in una piazza, o in un giardino pubblico, fermi lì, a far passare la vita, magari siamo un crocicchio, il mondo ha
bisogno che stiamo fermi, sarebbe un disastro se solo ce ne andassimo, a un certo punto, per la nostra strada, quale
strada?
Sono gli altri le strade, io sono una piazza, non porto in nessun posto, io sono un posto.
Alessandro Baricco, City
Piazza Abbazia è una piazza italiana.
E' uno spazio d’uso pubblico di significativa qualità urbanistica, in rapporto dialettico con un territorio urbano di cui è centro di convergenza e baricentro, entrambi attori di un costante e reciproco processo di ridefinizione.
In Piazza Abbazia si ritrova la matrice delle piazze comunali dell'alto medioevo: da un lato l'Abbazia di Santa Maria ed il suo sagrato, lo spazio dell'accoglienza e del rinvio; dall'altro la Scuola G.Rodari, sede dell'attività dell'istruzione e luogo deputato alla formazione della società civile.
La piazza in quanto spazio prescelto dalle pubbliche istituzioni civili e religiose è il luogo in cui si incarnano le più significative memorie storiche ed al tempo stesso, attraverso le facciate degli edifici che vi si affacciano, è il luogo della loro rappresentazione. Le capacità della piazza di essere centro della vita del tessuto sociale ed urbano sono espresse in azione ed in potenza in ragione di questo connubio; la piazza è il simbolo materializzato della storia pubblica di una comunità, è il luogo di riunioni, di prediche, di spettacoli, di cerimonie o di processioni, è il luogo dell’attività commerciale e dello scambio, dell’informazione e del contatto della comunità con il mondo esterno.
“Le piazze prodotte nell’ambito della cultura urbana dell’Occidente costituiscono lo spazio formale della comunità insediata, il nucleo spaziale ove si realizza l’intersezione di storia civile, movimenti culturali, tendenze artistiche, cultura materiale, immaginazione collettiva, proiezioni simboliche, ritualità consolidate, tradizioni popolari e consuetudini comportamentali." (C. Dardi, Place d’Italie, in “Agorà”, n.1, Roma 1987).
Ecco il punto di partenza per la definizione di un progetto capace di porre in sintesi ed in sinergia il portato di questi elementi archetipici dell'urbanizzazione europea e nel nostro caso: gli assi storici, su tutti quello del Ponte San Benedetto, le facciate della Chiesa Abbaziale e della Scuola, gli elementi di antropizzazione storici dei chiostri e orti del Monastero, la crosa via Asilo, fino agli elementi pervasivi del territorio quali il torrente Sciusa, le pareti in pietra calcarea, la macchia mediterranea. Gli assi delle facciate degli edifici e le parallele da essi generate sono i vettori attraverso i quali le peculiarità di questi elementi della vita comunitaria si estrinsecano nello spazio aperto: sono essi il Motore Immobile del tessuto urbano, economico e sociale. L'apporto della Scuola in questo progetto si concretizza attraverso le funzioni didattiche, ludiche e di relazione; la Chiesa proietta naturalmente attraverso lo spazio della Piazza la capacità di dare ordine ad eventi e cerimonie; il ponte di San Benedetto è l'asse storico che fornisce un punto di vista privilegiato, rialzato quel tanto da superare l'artificio della quota dell'argine, e conduce visivamente nello spazio urbano della Piazza, cogliendone le relazioni scenografiche e prospettiche.
Il rapporto tra i potenti rostri del ponte ed il torrente è il primo riferimento che introduce lo spazio progettato: già dal Ponte San Benedetto si possono scorgere la vasca d'acqua ed i muri delle rampe e scale di accesso che, in rapporto con il tracciato stesso, rimandano alla sagoma dei contrafforti, in ideale prosecuzione del percorso storico. Lo specchio dell'acqua, quasi al livello del calpestio, ripropone il rapporto tra il mare e l'Abbazia e ne moltiplica la facciata in un gioco di riflessi, lasciando già scorgere il sagrato ed una porzione di piazza dove i muri bassi di pietra naturale si interrompono per poi riprendere e degradare accanto alla rampa e alle scale di accesso.
L'area pedonale, pavimentata in pietra, restituisce le facciate proiettate su ideali vettori, a provocare lo spazio comune: le sedute traslano perpendicolarmente alla scuola, sono gioco, incontro, banchi; contemporaneamente una griglia di luci a maglia quadrata rende "sagrato" l'intero spazio aperto - “Tra il tempio e il vestibolo ha lasciato un vastissimo intervallo e questo spazio è stato foggiato a forma di quadrato […] Lo spazio centrale lo lasciò aperto e sgombro affinché si potesse vedere il cielo e godere lo splendore dell’atmosfera illuminata dai raggi del sole. Qui egli ha posto i simboli della santa purificazione, cioè la fontana eretta di fronte alla chiesa, donde sgorga acqua copiosa per l’abluzione di chi sta per entrare in chiesa. Qui è la prima sosta del pellegrino in cui concilia bellezza e purezza e dove il catecumeno trova gradevole il soggiorno” (Eusebio di Cesarea, Historia ecclesiastica X,IV).
La possibilità di disporre le sedute lungo binari secondo configurazioni mutevoli ed infinite consente di far fronte ad una programmazione di usi ed attività declinata secondo i diversi tempi del vivere urbano, le stagioni, il giorno e la notte, i vari momenti della quotidianità, gli eventi e le cerimonie.
Le panchine non sono pensate come un elemento statico di arredo urbano ma partecipano alla vita della piazza, la configurano e trasformano, assecondando le esigenze dei singoli e della collettività.
La piazza muta la sua morfologia secondo criteri arbitrari stabiliti dagli individui o dai gruppi: il singolo che cerca riservatezza oppure ombra e riparo da sole e vento, i bambini che giocano a palla, i genitori che attendono all'uscita della scuola, i gruppi di turisti o escursionisti che condividono una sosta. Seguendo questi criteri si crea uno spazio pubblico realmente utilizzabile e caratterizzato da ampi margini di libertà, anche creativa, per chi lo vivrà con l'obiettivo di renderlo ricco di significati. Piazza Abbazia, quindi, come costruzione collettiva: il risultato di diversi apporti individuali ed una stratificazione di linguaggi differenti.