Headquarter GFT Milano
L’headquarter GFT non è solo un ufficio, è un luogo per il confronto e l’incontro: uno spazio - hub fluido e flessibile per rispondere alle nuove esigenze del mondo del lavoro
Che aspetto può avere un ufficio che produce l’immateriale? Un ufficio dove le postazioni fisse di lavoro non sono più vincolanti e si lavora su una poltrona, sorseggiando una tazza di tè, affacciati ad una finestra o su una scrivania ogni giorno nuova? Cosa succede se, invece che escludere la vita urbana dal luogo di lavoro, la si trasforma nel paradigma stesso dell’esperienza lavorativa? La scommessa dell’HEADQUARTER di GFT Italia a Milano è di dare forma a questo paradosso, progettare una sede per una azienda che lavora con il mondo immateriale dell’ Information Technology che recuperi e tragga ispirazione dai valori spaziali e sociali dell’invenzione materiale più grande dell’uomo: la città. Abbiamo immaginato un luogo dove relazioni umane e conoscenze si muovano lungo strade e piazze, dove ci si possa appartare per discutere in salotti accoglienti oppure scambiare opinioni di fronte ad un tavolo da pranzo. Così l’open space dell’ordinario palazzo per uffici diventa un nuovo paesaggio urbano, teatro di un nuovo modo di intendere il lavoro. Una minore gerarchia, anche spaziale, si traduce in uno spazio fluido che agevola le relazioni interpersonali e lo scambio di informazioni. In questo nuovo luogo, l’ingresso all’ufficio ha l’obiettivo di identificare una soglia tra il “mondo esterno” e gli spazi della nuova sede: un tavolo rovesciato fuori scala crea un cortocircuito dimensionale e introduce al cambio di ambiente e alla miniaturizzazione del paradigma urbano. Oltre questa soglia un volume architettonico allungato, fortemente caratterizzato dal punto di vista tipologico, è elemento di orizzontamento nello spazio e allo stesso tempo fondale per i luoghi del lavoro, per i percorsi e per i diversi ambiti intercettati. Si tratta di un elemento iconico che ha una duplice valenza. La sua sezione trasversale, con il tetto a falde inclinate, rimanda alla forma archetipica della casa e pone l’accento su una definizione di ufficio che si ibrida con lo spazio domestico: la “casa” è luogo di incontro, di socialità, ma anche di scambio di idee. L’andamento longitudinale del volume ricorda invece l’immagine della fabbrica tradizionale.
L’interno colorato della “factory” ha una spazialità avvolgente e attura la luce riflettendola grazie ai suoi bagliori metallici; l’esterno invece ha un rivestimento forato che fa vibrare la superficie alla luce, restituendo una percezione mutevole del volume in rapporto al movimento all’interno dello spazio. Questa dualità tra percezione materica e materializzazione delle forme si riscontra continuamente percorrendo l’ufficio: alla maternità dei rivestimenti in cemento si contrappongono le ampie superfici vetrate dei volumi per le sale riunioni; al bianco minimale delle postazioni di lavoro mobili si contrappongono gli arredi e i serramenti in legno di rovere. In questo modo si definisce un luogo di lavoro fluido e stimolante, che supera la concezione dell’open space e dell’anonimato dell’ufficio tradizionale. Il lavoro di ufficio diventa così esperienza spaziale, e in maniera speculare l’esperienza dello spazio lavorativo diventa funzionale ad un lavoro che si confronta con le sfide della contemporaneità