DIE GROßEN BIBLIOTHEK
12.03.1521 IL MAESTRO DI BOTTEGA CONCENTRATO A COMPRENDERE IL MODELLO INVIATOGLI LA SERA PRIMA DALL’AMICO ALBRECHT.
QUALCOSA NON TORNA.
1520 – Muore a Roma Raffaello Sanzio al quale Dürer era legato da amicizia; i due artisti si erano scambiati loro delle opere pochi mesi prima: Dürer aveva inviato un autoritratto, Raffaello il bozzetto della Trasfigurazione; sul retro del foglio, un disegno e delle annotazioni apparentemente insignificanti – misure, codici, sconociuti all’autore tedesco; il segno delicato ma sicuro delinea un orizzonte artificiale maestoso, dove le figure che abitano l’immenso spazio voltato (150 piedi) sembrano perdersi in tanta vastità; altre piccole annotazioni colpiscono l’occhio interessato del Dürer: sembra essere la lista, frettolosa ma attenta di tutti i più grandi artisti, filosofi, pensatori, politici, poeti e architetti di sempre.
L’occhio del fiammingo s’incendia ma non riesce a comprendere; scrive l’autore “debbo vedere al più presto il Sanzio” quasi fosse in dovere di risolvere l’enigma. Enigma frutto della casualità; era semplicemente uno dei primi pensieri annebbiati e stesi su carta di quello che sarebbe diventato il più celebre affresco di Raffaello: la Scuola di Atene; questo, Dürer non lo saprà mai. Inconsapevolmente, alla vista di quel pezzo di carta, l’artista nella sua piccola stanza a Noriberga provò a tradurre quei pochi segni e indizi in un’architettura che purtroppo non ci è mai pervenuta: die große Bibliothek des Wissens, la grande Biblioteca del Sapere. La sua è una sensibilità spiccata, un’ansia che egli condivide con le grandi menti contemporanee, una voglia di essere presente di capire, comprendere. Da buon tedesco, era convinto della necessità di mettere nero su bianco cognizioni rimaste sino allora nell’empirismo; la prospettiva ad esempio, e l’urgenza di una teorizzazione in un campo dov’egli riconosce maestri, i grandi rinascimentali italiani, in primis Raffaello.
2013 – Cercare oggi, di tradurre in architettura qualcosa che non esiste, che non abbiamo mai visto è un’impresa utopica; diventa la ricerca di un progetto (la biblioteca di Durer) attraverso i riflessi che esso ha lasciato negli sguardi lucidi dei suoi soggetti, nelle mani torbide di Erasmo da Rotterdam, nei suoi studi antropometrici, tra linee delle sue incisioni [...]
IL PROGETTO
Il progetto nasce dal concetto di Biblioteca, come architettura Universale e riconoscibile (βιβλίον e θήκη=il ripostiglio delle opere). Magazzino del Sapere materiale ma anche riparo del soggetto dalla crisi della cultura del contemporaneo. E’ uno spazio libero, pulito, di simbolico passaggio (da A a B), senza ostacoli, che riprende la solenne architettura dello sfondo della Scuola di Atene. L’enfasi data alla rappresentazione prospettica impressa da Raffaello è simbolo evidente del nuovo pensiero, del desiderio e dello sforzo di arrivare alla conoscenza, comune a tutta la filosofia antica e al pensiero cristiano; la prospettiva centrale non è che la formula estetica più efficacie per arrivare in un’unico punto, quello stesso punto da cui tutte le linee partono: la Verità, unica e inseparabile. (1) L’edificio di progetto infatti non è altro che un cannocchiale grazie al quale il soggetto mette a fuoco (attraverso lo studio e la contemplazione) il centro della sua prospettiva (l’obiettivo finale).
(2)Il vuoto: è lo spazio del pensiero dove non dobbiamo incontrare nessuna distrazione, nessun tipo di ostacolo visivo. Mimesis: la grande volta non vuole assumere le sembianze di una copertura, ma per mole e maestosità confondersi all’idea di cielo, pace e tranquillità. (3) Il pieno: i piedritti della grande volta svolgono la doppia funzione di struttura portane della fabbrica e di catasto manufatti. La conformazione interna della muratura permette di sfruttare piccole celle in linea (18p3mx3m), dove riposano i vari testi che sono distribuiti su 9 livelli (x2) divisi per materia. Al livello -1 tre spazi voltati conservano i manufatti di grande pregio. Tutto vuole essere Simbolo e allo stesso tempo Funzione. L’Idea riveste la Forma, o meglio, l’Idea si riveste di Forma. L’immagine dell’arco di trionfo (4) sorretto dalla cultura del nostro passato, diventa potenza. L’edificio come archetipo di riparo (riparo del pensiero dalla tempesta che oggi affligge il mondo contemporaneo) ma allo stesso tempo di soglia o meglio di passaggio (porta obbligata per un futuro verso la Verità).