Il progetto muove dentro una cultura della progettazione che si confronta con le esperienze più rappresentative dell’architettura europea da un lato e dall’altro con la “spontanea” architettura rurale: le grandi aperture e le profondità dei portici e delle “tese” delle barchesse, la semplicità e l’omogeneità di certe superfici cieche, ecc… Qui la tradizione viene intesa come “continuità”, una biblioteca contemporanea che guarda al “filò” contadino dove un tempo le persone si raccoglievano nelle stalle per raccontarsi i fatti e le storie dei luoghi. Un cubo bianco, quasi sospeso da terra, con due lati rivolti a valle interamente vetrati, i libri sono ammucchiati sul pavimento, poco lontano un piccolo orto recintato: la coltivazione biologica degli ortaggi, passione della signora. Sul soffitto illuminata dai led una mappa napoleonica della casa e una scritta: “SI HORTUM CUM BIBLIOTHECA HABES NIHIL DEERIT” (Cicerone).