Progetto di restituzione e riabilitazione del teatro romano di Brescia
Sulle condizioni attuali del teatro romano.
Ciò che risulta con maggiore evidenza dalle precarie condizioni in cui si trova oggi il teatro di Brescia è certamente il fatto di essere anzitutto un restauro di liberazione interrotto a metà. E questo senza che si riesca a capire il perché di questa interruzione, in quanto più che come un momento di passaggio, più che come la conclusione di una fase di un progetto più ampio, essa appare piuttosto come un cambiamento di rotta, come la conseguenza di un pentimento, tardivo quanto inspiegabile, anche se si tiene conto del valore storico artistico del palazzo Maggi-Gambara, quasi interamente demolito non molti anni fa.
La situazione attuale è a dir poco paradossale perché del vecchio palazzo rimane soltanto un patetico, muto frammento (formato a sua volta da ciò che resta di due corpi edilizi accostati nel sito dell’aditus ovest del teatro), del tutto insufficiente a restituircene la storia e il ruolo in quel luogo particolare, per non dire della sua forma singolare, evidentemente condizionata dalla struttura architettonica del teatro su cui insisteva. E poi restano ancora le murature di fondazione di tutta quanta la parte demolita, ben poco significative in quanto tali, ma tuttavia sufficienti a rendere praticamente illeggibile lo spazio unitario e la forma caratteristica dell'antico teatro, cioè del tutto impossibile la percezione e la comprensione di tale spazio, specie per quanto riguarda la relazione che unisce attraverso l'orchestra il corpo scenico alla ima cavea. Lo scavo della quale, mai incominciato in realtà salvo sporadici saggi, è virtualmente in corso ormai da molti anni a cura della Sovrintendenza (e a tanta incuria e incredibile lentezza non è certo estranea la presenza ingombrante di quelle fondazioni). - Senza contare il fatto che permangono invece lungo il perimetro del teatro, a volte persino sovrapponendosi alle murature antiche, piccoli fabbricati totalmente privi di interesse, oggi riadattati ad abitazioni (per non dire degli ampliamenti, vere e proprie nuove costruzioni) con certe pretese vista l'eccezionalità del sito.
La cavea:
Della cavea rimangono sopratutto le murature di contenimento del terreno e parte dei percorsi anulari corrispondenti ( due ambulacri, un criptoportico e i rari innesti dei vomitoria ancora riconoscibili). Non un solo elemento di una eventuale struttura radiale secondaria, né delle sovrastanti gradonate. Mentre della ima cavea, che come già detto resta ancora da scavare quasi per intero, si può ipotizzare (a partire dai pochi saggi compiuti dalla Sovrintendenza) che si sia conservata integra quantomeno la struttura rustica della gradinata (e quindi la linea certa della sua pendente), e per quanto riguarda l'orchestra si può ritenere che sia ancora in situ parte della pavimentazione originale in pietra, così come si può rilevare del resto in corrispondenza dei due aditus.
A tutt’oggi non esiste una documentata ipotesi ricostruttiva della cavea redatta dagli archeologi a partire dai dati in loro possesso (un'ipotesi attendibile circa la sua sezione verticale, circa il numero e le dimensioni dei maeniana, delle praecinctiones, la posizione e il numero dei vomitoria, ecc.). Per poter avviare il nostro lavoro abbiamo quindi dovuto formulare per prima cosa una plausibile ipotesi di sezione verticale della cavea, che fosse quantomeno coerente con i resti archeologici, con gli elementi della distribuzione orizzontale e verticale, cioè con i piani e i percorsi ancora esistenti o ancora riconoscibili e interpretabili con sicurezza. Fra le sezioni possibili da noi prese in considerazione abbiamo scelto di assumere e di portare avanti nel nostro progetto quella sezione che ipotizza la complanarità delle due praecinctiones con i due principali ambulacri esistenti, fino ad arrivare a definire tre maeniana di dimensioni diverse (a decrescere verso l'alto) e inclinazione pure diversa (a crescere verso l'alto) separati da due praecinctiones, più un criptoportico e un ultimo maenianum più piccolo in summa cavea.
La scaena:
Diversamente dalla cavea, interamente interessata dal Palazzo Maggi-Gambara e dalle sue diverse fasi di costruzione, la gran parte del corpo scenico si trovava prima delle demolizioni in corrispondenza della corte antistante il palazzo stesso, e solo una piccola parte (praticamente il solo muro di postscaenium) si trova ancora oggi interrata sotto la via del Fontanone.
Di qui le diverse condizioni di conservazione di questo manufatto che, anche se quasi interamente demolito e spogliato, così come la cavea del resto, è però in grado di restituirci con precisione la forma della sua pianta complessa (le tre valvae e le relative portae, le loro gerarchie e dimensioni, la distribuzione e le dimensioni della columnatio, ecc.), i diversi piani su cui è sviluppata (si conserva in situ buona parte delle lastre della pavimentazione), il piano del proscaenium (la sua parte muraria, quella lungo la scaenae frons), quella degli ambienti di postscaenium (choragia), l'altezza del pulpitum sull'orchestra, ecc., oltre a gran parte dell'apparato rustico delle murature in elevazione della scaenae frons comprese le basi della corrispondente columnatio.
Nel caso poi del fronte est di ciò che resta del palazzo Maggi-Gambara, che si trova praticamente al di sopra del parascaenium ovest del teatro, abbiamo, per così dire, il “riuso in situ” delle pietre appartenenti alla porta hospitalium che si trovava su questo lato e di altri importanti reperti appartenenti alla struttura della scaena, inglobati nella muratura della facciata del palazzo in origine con funzione prevalentemente costruttiva, ma che, riportate alla luce, assumono oggi anche un evidente valore evocativo, a ricordarci anzitutto (a noi che ci siamo proposti di lavorare su questi materiali e a partire da questi materiali) un possibile modo di lavorare sui frammenti antichi, ma a ricordarci anche la relazione privilegiata che la città di Brescia ha sempre tenuto con gli antichi reperti testimoni della sua storia, quei lapides laborati che fin dal XV sec. dovevano per legge adornare i più importanti edifici pubblici, come si vede ancora ad esempio nel Monte di Pietà e nella Loggetta (inclusi gli altrettanto famosi "falsi", tanto giustificati in quel momento storico, quanto di eccellente fattura), e che erano stati già la ragione di essere e poi la guida per il restauro neoclassico del Capitolium e per la formazione del "Museo Patrio" nel Capitolium stesso.
Il rilievo planimetrico del corpo scenico redatto dalla Sovrintendenza (arch. Kasprzysiak, 1978) è un documento prezioso, preciso ed esauriente sulla situazione attuale, ed è stato assunto da noi come punto di partenza e come base certa per il nostro lavoro. Mentre, per quanto riguarda la ricostruzione grafica del suo alzato, anch'esso proveniente dalla Sovrintendenza (arch. J.Smòlski, 1981), si tratta in realtà di uno strumento di qualità ben diversa e con obiettivi probabilmente molto diversi, poco più che una interpretazione estemporanea di quello che poteva essere (avrebbe potuto essere) una scaenae frons romana, avente quelle determinate caratteristiche e dimensioni che risultano dal rilievo, non immune da incongruenze e contraddizioni specie costruttive (si veda ad es. la rappresentazione grafica della linea del pulpitum, la continuità della columnatio nei parascaenia e il rapporto fra questi e gli aditus corrispondenti, si veda anche il raccordo con la copertura e la struttura e la posizione della copertura stessa) e anche di inaspettate ingenuità (vedi appunto ad es. il troppo sbrigativo disegno dei parascaenia).
Lo stesso disegno si rivela invece per noi molto utile quando viene utilizzato dagli stessi archeologi come "griglia" per classificare, ordinare e tentare di ricollocare i molti reperti archeologici relativi alla scaenae frons venuti alla luce negli anni. E in questo senso lo abbiamo utilizzato come riferimento per dare una collocazione, coerente con l'ipotesi archeologica, a quei pezzi, riconosciuti appartenenti al primo ordine della columnatio, che vengono riutilizzati nel nostro progetto di parziale ripristino della columnatio stessa. Del resto a noi interessa poco in questa fase del lavoro la precisione (praticamente impossibile) di questa collocazione dei pezzi, ci interessa la sua congruenza, la sua compatibilità, c'interessa rappresentare "un modo" di ricomporre la columnatio che, in presenza di nuovi elementi circa l'interpretazione dei pezzi, potrebbe cambiare anche di molto.
2) Obiettivi operativi e criteri generali
Il principale obiettivo della nostra ipotesi di restituzione architettonica e riabilitazione del teatro romano di Brescia riguarda anzitutto la restituzione dell'unità spaziale del manufatto antico, cioè la ricostruzione, il più possibile prossima alla verità, compatibilmente con i materiali originali e i mezzi espressivi di cui oggi disponiamo, del grande spazio racchiuso dai due volumi contrapposti della cavea e del corpo scenico che danno luogo appunto a quello spazio chiuso, vertiginoso e progressivamente aperto verso l'alto, che è appunto lo spazio particolare e unico caratteristico del tipo architettonico del teatro romano.
Quindi anzitutto l'eliminazione di quanto, senza svolgere un proprio riconoscibile ruolo espressivo, si oppone alla restituzione di quello spazio, come ad es. le murature di fondazione del palazzo Maggi-Gambara che ancora insistono sulla ima cavea, e la realizzazione dello scavo completo di quest’ultima fino alla liberazione della sua struttura rustica e del piano dell'orchestra.
L'altro obiettivo non secondario di questo lavoro riguarda poi il recupero del ruolo urbano del teatro come edificio pubblico nella città, la sua emergenza monumentale, la sua condizione di necessità nella città monumentale romana, cioè il suo ingombro e il suo volume che il progetto vuole restituire quantomeno in parte, e quindi il riapparire della sua tipica figura chiusa all'esterno, a riproporre in tutta la sua attualità la condizione di necessità dell'antico edificio (inclusa quindi la sua funzione teatrale) nella città contemporanea. Il che vuol dire ad esempio la ridefinizione planimetrica del corpo scenico nella pianta della città di oggi, il che presuppone l'annessione di una sottile striscia della via del Fontanone, oltre a quella della sua occupazione dello spazio, in pratica la ridefinizione del suo alzato, il che a sua volta presuppone la ricostruzione fino a un'altezza, diciamo così, compatibile e coerente con la città di oggi (all'incirca l'altezza degli edifici intorno, l'altezza omogenea di questa parte di città), cioè fino a un'altezza sufficiente per restituirci il valore urbano del muro di postscaenium, ad esclusione di quella sua parte su cui ancora insistono i resti del palazzo Maggi-Gambara (i quali, nella nuova volumetria del teatro, si troveranno a loro volta ad interpretare, su questo lato e in tutta la loro altezza, il ruolo dell'antico parascaenium). Il fatto che la scaena e il palazzo s'incastrino una nell'altro, e che questo produca un risultato violento e inaspettato, è proprio ciò che restituisce all'uno e all'altro la loro ragione di essere, in quel luogo e a quelle condizioni, nella città di oggi.
La restituzione, ancorché parziale, dell'unità spaziale del manufatto antico avviene nel nostro lavoro secondo due diverse linee operative, relative alle diverse condizioni in cui si trovano oggi i resti della cavea e del corpo scenico. Anche la restituzione di parte del perimetro esterno del corpo scenico dipenderà per coerenza da questa scelta. La cavea e il corpo scenico che insieme danno luogo alla figura unitaria del teatro presentano infatti condizioni di conservazione, ma anche strutture edilizie (materiali, finiture, ecc.), molto diverse fra loro, tali da farci propendere appunto per due soluzioni di ripristino, anche proprio in senso strettamente tecnico e costruttivo, diverse per le due parti.
La cavea:
Per quanto riguarda la ricostruzione della cavea, o di parte di essa così come avviene nel nostro progetto, vista la quasi totale assenza di reperti in grado di restituirci quegli elementi funzionali che danno luogo e forma alla cavea com'era (forma e dimensioni delle praecinctiones, dei diversi tipi di scale esterne e interne, della seduta dei gradoni, del balteus, ecc.) e a partire dall'ipotesi di sezione verticale della cavea di cui già si è detto, si è voluto utilizzare un sistema costruttivo compatibile ma manifestamente diverso rispetto a quello adottato nella costruzione originale, un sistema costruttivo non estraneo all'esperienza costruttiva romana, ma in grado per sua stessa natura di esprimere contemporaneamente la sua estraneità a quella cavea, attraverso il suo carattere amovibile, cioè reversibile, smontabile, provvisorio, ecc.: cioè la costruzione in legno, la costruzione con struttura e rivestimento interamente in legno.
Ad eccezione della ima cavea che, una volta scavata e messo in luce la sua struttura rustica originale, si prevede di completare con dei gradoni in pietra naturale o artificiale sovrapposti in modo riconoscibile alla struttura originale, tutta la restante e soprastante porzione di cavea ricostruita risulterà così costituita da una serie di cunei realizzati in ogni loro parte in legno, accostati e sovrapposti con accorgimenti diversi alle murature originali e funzionalmente e costruttivamente fra loro collegati. Una struttura robusta ed elementare che ha il suo riferimento insieme tecnico ed espressivo più che nei rari esempi conosciuti di teatri o anfiteatri romani di tipo mobile o provvisorio (vedi i theatra lignea di epoca repubblicana, vedi il teatro girevole di Curione), nei diversi tipi di teatri di corte, nei teatri rinascimentali (da Vicenza a Ferrara a Sabbioneta a Parma, ecc., alla famosa sezione trasversale che Serlio riporta nel secondo libro del suo trattato), una soluzione costruttiva che dichiara la sua diversità, estraneità alla costruzione originale proprio nel suo adattarsi alla rovina senza confondersi (utilizzando di volta in volta soluzioni diverse di ancoraggio), una soluzione nella quale però dell'antica cavea vengono omesse, oltre che quelle parti cui non corrisponde alcuna muratura di contenimento dell'antica rovina, anche quelle che alle due estremità originariamente si saldavano al parascaenium sopra all’aditus e che sul lato occidentale sono oggi occupate dai resti del palazzo Maggi-Gambara.
La scaena:
Per quanto riguarda il corpo scenico bisogna distinguere fra il suo ruolo nella città, come monumento e come emergenza nella città, e il suo essere spettacolo, cioè l'architettura della scaenae frons come rappresentazione sintetica e come allegoria, come spettacolo in se e allo stesso tempo il suo ruolo come luogo teatrale, come luogo in cui si svolge l'azione teatrale, ruolo che, una volta realizzato il progetto, non potrà non esser preso in considerazione come uno dei principali fini pratici del progetto stesso, cioè appunto l'uso teatrale del teatro romano di Brescia.
Questo doppio compito che è affidato al corpo scenico si esprime nel nostro progetto in due modi sostanzialmente diversi, o piuttosto assume il valore di due diversi gradi di approfondimento del medesimo tema, due diversi gradi di approfondimento e di precisazione espressiva.
Il ruolo nella città del corpo scenico che si esaurisce praticamente nella sua stessa presenza, nella sua evidenza e nelle relazioni che stabilisce con la sua presenza, con il suo volume, con la scala e le dimensioni dei suoi elementi costitutivi (la dimensione delle aperture, lo spessore delle murature, ecc.) e per il quale ruolo è sufficiente, diciamo così, una risposta rustica, uno svolgimento "al rustico" del tema espressivo di questa parte del progetto.
- La soluzione con opus listatum, già adottata nel restauro neoclassico del Capitolium, sarebbe probabilmente la più coerente (vedi ad es. ciò che resta delle murature di contenimento dell'antica cavea), se non fosse troppo caratterizzante e non rendesse le murature nuove troppo simili ai resti esistenti, oltre che ambigua, nel suo riprendere mimeticamente anche i modi espressivi del restauro neoclassico di Brescia romana (vedi appunto il Capitolium). -
Il ruolo teatrale della scaenae frons romana, il suo spettacolo si è detto, l'architettura della scaenae frons come allegoria del teatro stesso, del suo essere finzione, ripetizione, rito, ecc., ma anche come metafora della città, della città per antonomasia, di quella Roma idealizzata che viene replicata quasi senza varianti in ogni angolo di provincia (la scaenae frons che si confonde con le porte e gli archi trionfali, con le fontane, i ninfei, ecc. e il cui modello compiuto è rappresentato dal Septizonium romano) e insieme il suo diventare qui testimone per eccellenza, documento antiquario privilegiato, con i preziosi frammenti dell'antica scaenae frons come prova inconfutabile quanto raffinata del passato illustre della città.
Quindi da un lato la condizione di necessità della scaenae frons come apparato decorativo (e evocativo) per eccellenza e dall'altro il suo essere costituito dai frammenti originali come condizione necessaria per il perpetuarsi di quel rapporto privilegiato, visivo, fisico con le antiche pietre testimoni di quella sua storia, che Brescia custodisce gelosamente da sempre.
Quindi in pratica la scaenae frons, o parte di essa, come antiquarium di se stessa (in qualche modo si ripete qui quel gesto già compiuto col primo restauro del Capitolium e che a sua volta voleva essere la ripetizione di un più antico gesto di alleanza con gli "Antichi", ancora oggi testimoniato da ciò che resta della città rinascimentale, cioè della città abbellita dai lapides laborati di cui già si è detto), con una struttura rustica "alla maniera dei romani" a individuare e ricollocare il monumento nella città di oggi e un antiquarium (questa volta ricomposto interamente in situ) a legarlo indissolubilmente al suo passato e con lui la città di oggi in questa sua parte.
Fabbriche e materiali dell'orchestra e della cavea
Si è detto delle particolari condizioni in cui si trovano l'orchestra e la ima-cavea rispetto alle restanti strutture della cavea.
L'orchestra:
A esclusione di alcune parti molto piccole in prossimità dei due aditus, l'area dell'orchestra è interamente occupata dal terrapieno che indica ancora la quota dei cortili del demolito palazzo Maggi-Gambara. Tuttavia con una certa sicurezza possiamo dedurre che la pavimentazione a grandi lastre di pietra, che troviamo nelle parti scoperte in corrispondenza degli aditus, si estenda anche nella parte restante dell'orchestra. Nel caso in cui così non fosse in ogni sua parte, il progetto prevede il completamento della pavimentazione o con la stessa pietra, ma usando pezzature diverse facilmente riconoscibili, o più semplicemente con una pavimentazione di "macadàm", più facilmente adattabile alle diverse situazioni che si potrebbero presentare qui e nel prolungamento dei due aditus.
La ima cavea:
La ima cavea si trova nelle stesse condizioni dell'orchestra, ad eccezione di una piccola parte che è stata scavata di recente e che ha messo in luce la struttura rustica dei gradoni (l'esatta inclinazione del maenianum e le misure dei gradoni), tutto il resto si trova ancora al di sotto dello stesso terrapieno. Qui il progetto, rimosso il terrapieno insieme ai muri costruiti per il suo contenimento sul lato della scaena, prevede di rivestire con lastre di pietra naturale o artificiale tutta la parte centrale dell'ima cavea, ad esclusione delle due estremità verso gli aditus, dove si pensa invece di lasciare in vista la struttura rustica dei gradoni insieme ai resti in pietra e in opus caementicium appartenenti alla volta e al muro verso la cavea degli stessi aditus. Per rispondere alla prescrizione di "reversibilità" del progetto, nel rivestire i gradoni si userà l'accorgimento di sovrapporre alla rovina un elemento di separazione (ad es. una rete colorata in nylon come già si è fatto a Sagunto) facilmente individuabile all'occorrenza.
La media e summa cavea
Per quanto riguarda la media e summa cavea, gli ambulacri e le relative scale di accesso e distribuzione, la prima operazione da fare sarà il ripristino dei percorsi necessari al buon uso di tutte le parti della cavea stessa, il ripristino delle murature ove incomplete o danneggiate, dei pavimenti degli ambulacri e dei gradini delle scale, generalmente in pietra, e predisponendo quanto necessario (illuminazione artificiale, segnaletica, guide, parapetti, corrimano, ecc.) per rispondere anche alla normativa vigente per i locali di pubblico spettacolo. Per quanto riguarda invece la parziale ricostituzione dei maeniana secondo l'ipotesi di sezione verticale scelta per il progetto, il principio più generale cui ci siamo attenuti è stato quello di una migliore comprensione della rovina in ogni sua parte e quindi anzitutto quello di cercare di non sovrapporre i cunei della nuova cavea a quelle parti della rovina costruttivamente più significative per una corretta interpretazione della sua struttura e della sua fabbrica (vedi il frammento di criptoportico al centro, vedi l'opus listatum nella media e summa cavea).
Ad eccezione dell'ima cavea di cui si è già detto, la nuova cavea, cioè quella parte della cavea che viene parzialmente ricostruita e suddivisa in tre distinti maeniana, sarà il risultato dell'accostamento di 5+2+2 cunei (disposti in modo discontinuo e senza obbligo di corrispondersi reciprocamente per le ragioni dette sopra) aventi tutti il medesimo sviluppo e le stesse condizioni distributive (le stesse dimensioni planimetriche, compatibilmente con la loro progressione verso l'alto, e la stessa scalinata centrale per il collegamento con le praecinctiones e i vomitoria). Questi cunei sono previsti interamente in legno convenientemente trattato (ignifugato, idrofugato, ecc.), con una struttura portante formata da centine radiali, realizzate con puntoni, travi e tiranti in legno massiccio, fra loro collegate a formare una struttura rigida, ma che, appoggiandosi di punta alla rovina , è sempre in grado di assorbire facilmente le asperità e anche le vistose differenze dei profili e dei piani d'appoggio a cui di volta in volta si deve adattare. In corrispondenza delle due praecinctiones, là dove nei due rispettivi maeniana si aprono anche i vomitoria che danno accesso agli ambulacri e alle scale di distribuzione, l'alta parete curvilinea che si determina è prevista anch'essa in legno, si tratta di un assito regolare in cui le tavole disposte verticalmente sono di poco distanziate l'una dall'altra, in modo da lasciar vedere la struttura all'interno e, attraverso la struttura, la rovina a cui è appoggiata.
Fabbriche e materiali del corpo scenico
Si è detto già che nella costruzione del corpo scenico noi dobbiamo distinguere anzitutto due momenti diversi, con obiettivi, strategie e mezzi espressivi diversi. Due momenti che sono anche due fasi distinte del lavoro di progetto e che derivano dalla doppia finalità che questo corpo edilizio interpreta ed è tenuto a rappresentare.
Una fase più decisamente costruttiva e volta da un lato a definire, sopratutto mediante il suo volume e le sue misure, il rapporto che il corpo scenico stabilisce con il suo intorno, la sua relazione con la città con cui oggi torna a misurarsi e di cui si è già detto, e dall'altro a mettere in evidenza attraverso la complessità e ricchezza sia in pianta che in alzato del corpo scenico stesso, tutta la tensione sul piano espressivo del suo complicato sistema di muri, mistilinei e intersecantisi, di piani d'appoggio e di collegamento, di mensole, cornici, parapetti e dei relativi vani per l'immorsamento, ecc., relativi alla loro funzione di ancoraggio e sostegno dell'antistante e altrettanto ricca e complessa struttura della columnatio. Quindi in pratica una soluzione architettonica "al rustico" del muro di ancoraggio della columnatio, una soluzione in grado però di esprimere il più possibile il senso della stretta relazione che lo lega alla columnatio, anche in quei tratti della scaenae frons dove questa non viene riproposta. Una soluzione che mette in opera accorgimenti e artifizi diversi, esasperando anche, per così dire, il suo compito di sostegno per mettere in evidenza quegli elementi della sua forma, che meglio possono farci intendere (quasi sempre attraverso l'impronta in negativo) la parte corrispondente della columnatio, e quindi anche la loro totale dipendenza dalla struttura decorativa, anche se questa è assente in quel punto.
E poi una fase più specificamente archeologica, cioè relativa alla parziale ricomposizione della scaenae frons, utilizzando il più possibile e nel modo più corretto possibile le pietre originali d'imposta e ciò che resta delle antiche murature in elevazione tuttora in situ, oltre che, naturalmente, ciò che rimane della columnatio e che è relativo al primo ordine di questa. Infatti, fissato, per così dire, l'ingombro della scaenae frons e individuato ciò che questo ingombro è destinato a contenere, cioè il primo ordine della scaenae frons (fino a un'altezza pari a quella del piedestallo del secondo ordine), e tenuto conto anche del fatto che parte della scaenae frons è occupata dal frammento di palazzo Maggi-Gambara, la cui facciata verso il teatro già include e evidenzia parti sia del muro di sostegno che della columnatio della scena antica, si è deciso, per una più agevole lettura del manufatto, di raccogliere nella metà occidentale della scaenae frons tutti i pezzi riconosciuti appartenenti al primo ordine della columnatio (anche se il loro posizionamento, nel già citato disegno redatto per la Sovrintendenza dall'arch. J.Smòlski nel 1981, era diverso e malgrado il fatto che anche così le lacune fossero ancora molto numerose). In modo tale che, a lavoro ultimato e vista dalla cavea, la scaenae frons potesse apparire come una costruzione al rustico, completa e omogenea per tutto il suo sviluppo longitudinale e parzialmente reintegrata invece nel suo apparato decorativo (come in una vera e propria anastilosi) solo in quella metà della scaenae frons che nel suo ultimo tratto scompare all'interno del palazzo Maggi-Gambara.
Tutte le murature del corpo scenico (muro di postscaenium e della scaenae frons, il podio della columnatio, i muri trasversali dei choragia e i muri interrotti del parascaenium orientale) saranno "a sacco", realizzate con casseforme di mattoni faccia a vista (fatti a mano e di misure standard) e riempimento in calcestruzzo a basso dosaggio di legante (con prevalenza di calce idraulica) e con inerte di basso peso specifico. Impostate sui resti originali, queste murature ripeteranno scrupolosamente il profilo planimetrico e anche tutte le variazioni in alzato del muro della scaenae frons, tutte le diverse quote d'imposta del primo ordine della columnatio, la dimensione e la collocazione delle aperture, ecc., così come indicato nel disegno ricostruttivo della Sovrintendenza e con le modalità di cui si è già detto.
La columnatio sarà realizzata per blocchi omogenei d'intervento, utilizzando i frammenti originali del primo ordine, raccolti appunto per blocchi, per parti compiute, a dare di se un'idea il più possibile completa, nella metà occidentale della scaenae frons, e dove l'ultimo di quei blocchi, quello relativo alla porta hospitalium, lo si vedrà penetrare, letteralmente, con i frammenti del suo frontone nella facciata rinascimentale del palazzo. Frammenti che, anche se integrati da addizioni anche importanti, saranno però sempre chiaramente riconoscibili per via del tipo di materiale, per la fattura e la finitura molto semplificate e per la diversa tonalità del colore di tali addizioni.
Per quanto riguarda il pavimento di quella parte di proscaenium che appartiene allo sviluppo in profondità della scaenae frons, rimangono ancora in situ ampie porzioni del rivestimento originale in pietra, per il resto si prevede una soluzione in analogia a quanto ipotizzato per il pavimento dell'orchestra. Lo stesso dicasi per i choragia e per le scalinate relative alle tre portae canoniche. Tutta la superficie rimanente del proscaenium è prevista pavimentata in legno, con tavole disposte longitudinalmente e sovrapposte a un'orditura secondaria appartenente alla struttura reticolare di sostegno, anch'essa interamente in legno, che occupa tutto lo spazio dell'hyposcaenium. Si prevede inoltre di rendere visitabile quest'ultimo, per via dei numerosi reperti di pietra appartenenti probabilmente alla struttura che consentiva il movimento degli aulea.
Come già detto a proposito dell'ima cavea, nella restituzione del corpo scenico tutte le parti aggiunte di completamento saranno tenute separate dai reperti originali per mezzo di un sottile strato di materiale estraneo (per es. la già citata rete colorata di nylon) facilmente riconoscibile.
Sulle destinazioni d'uso delle diverse parti del teatro
Come già indicato in questa stessa relazione, oltre ad assolvere alla rinnovata funzione teatrale, il teatro è destinato a svolgere un'importante funzione museale, sia come museo aperto al pubblico tout-court, cioè come museo di se stesso, sia come laboratorio di archeologia per l'indagine e la sperimentazione sul campo, aperto anche al pubblico proprio in quanto tale.
La funzione teatrale:
Una volta ripristinata la cavea in modo da poter accogliere il pubblico compiendo anche la normativa vigente per i luoghi di pubblico spettacolo (ingressi e percorsi controllati, illuminazione, foyer, servizi igienici e di ristoro, ecc. dislocati sia nelle diverse cryptae a cul de sac presenti nella rovina, sia in quegli spazi di risulta che si affacciano sulle due grandi terrazze alle estremità della praecinctio media), gli elementi specificamente destinati a un uso teatrale del teatro si concentrano nel corpo scenico. Gli impianti tecnici per l'illuminazione e per il suono trovano posto in un apposito choragium laterale (presso il parascaenium a est) dove si trova anche la scala di collegamento con il percorso in sommità del muro di scaenae frons (utilizzando lo spessore del muro e con un parapetto in ferro sui due lati) che è destinato ad accoglierne le apparecchiature (che saranno installate anche in alcuni punti della cavea, specie in summa cavea dove è previsto anche il posto di regia). Mentre i camerini per gli attori con relativi servizi, i guardaroba, l'attrezzeria, i depositi, ecc., sia pure di dimensioni ridotte, sono previsti nei choragia del corpo scenico, oltre che nel piano terra dell'edificio principale del palazzo Maggi-Gambara ad essi direttamente collegato.
La funzione museale:
Il museo vero e proprio dovrebbe occupare il palazzo Maggi-Gambara praticamente per intero (così com'è previsto del resto anche dal restauro attualmente in corso), anzitutto il museo del teatro romano e della città romana in questa parte di città, museo in cui i pezzi più completi e meglio conservati del secondo e terzo ordine della columnatio del teatro, quelli più interessanti per il pubblico, dovrebbero venir esposti nel primo piano del corpo scenico. Direttamente accessibili dalle sale del museo al primo piano del palazzo, questi pezzi potrebbero essere collocati sulla parete interna del muro di postscaenium, all'aperto ma protetti da una tettoia di zinco, in collegamento ideale con i sottostanti pezzi relativi al primo ordine della columnatio.
E poi il laboratorio di cui si è detto, aperto anche al pubblico, che svolgerà una funzione accessoria rispetto all'uso museale del teatro, ma quanto mai necessaria, se si considera il gran numero di reperti, di notevoli dimensioni e quindi manovrabili con difficoltà, attualmente disposti a emiciclo sul piano destinato ad accogliere invece i cunei relativi alla nuova media cavea del teatro. Infatti, a partire dal problema posto da questi reperti, e da quelli che si sono aggiunti e che si aggiungeranno nel frattempo ancora da collocare e da classificare, si è pensato che, tolti i pezzi più significativi che entreranno nella dotazione del museo, tutti gli altri potrebbero continuare a restare dove sono già, sotto le gradinate, e trovare una loro collocazione adeguata anche a quei fini che sono propri di un laboratorio di archeologia, allo studio dei pezzi, alla loro classificazione, collocazione, ecc.. Tutti questi pezzi troverebbero posto all'interno della struttura in legno della cavea, protetti dalle gradinate e divisi per settori corrispondenti ai diversi cunei, che a loro volta sarebbero attrezzati a questo fine, oltre che a quello di rendere visitabili, in determinate circostanze, i laboratori stessi.
Altri laboratori, più protetti e ugualmente visitabili, potrebbero trovarsi nei locali seminterrati dell'edificio principale del palazzo (là dove numerosi sono i reperti archeologici relativi al parascaenium del teatro), senza specificamente distinguerli dalle sale espositive.