Ricostruzione del castello di Valkhof, Nimega
Con la demolizione del castello di Valkhof e la sua trasformazione in parco pubblico due secoli orsono è andato perduto un elemento fondamentale della forma-urbis di Nimega. Di qui il proposito della città di far sì che questa parte importante della sua memoria storica possa tornare a essere protagonista della trasformazione fisica della città di oggi, oltre che della sua vita. Di qui la decisione, coraggiosa bisogna ammetterlo, di ricostruire dov'era il castello di Valkhof.
Non sfugge a nessuno la differenza che c'è fra la pura e semplice riconoscibilità del luogo in cui il castello si trovava nel sito del parco ottocentesco, com'è la situazione attuale, e invece la presenza fisica, materiale del castello di Valkhof, la sua immanenza, per così dire, il suo concreto emergere sul profilo della città. Una cosa è la forma del castello, l'evidenza e l'autorità della forma, anche l'utilità/praticità della forma, e una cosa la sua memoria, custodita nei libri e magari nei musei. - Un'altra cosa ancora potrebbe essere il simulacro di quella forma, cioè la sua immagine evocata in quel luogo, in pratica l'interpretazione artistica di quella forma, ma non è questo, crediamo, ciò di cui la città sembra sentire la mancanza. - Di fatto oggi il parco pubblico con la sua presenza esclude il castello e così facendo lo cancella dalla memoria storica della città.
E' evidente che la questione della ricostruzione di un monumento dell'importanza del castello di Valkhof è una questione aperta e problematica e per questo divide chi ha a cuore il destino della città. Ma è altrettanto evidente che solo la proposta concreta, cioè il come della ricostruzione, è in grado di far chiarezza e di dirimere la questione (posto che alla fine la decisione spetta alla città e non a architetti, storici, archeologi, ecc. il cui compito è semmai quello di fornire elementi e prove per quella decisione). Solo il come del progetto di ricostruzione è in grado di spiegare senza equivoci la ragione di essere della ricostruzione, il suo perché.
Ecco quindi i limiti del nostro lavoro ed ecco il suo compito. Anche noi per prima cosa ci siamo posti il problema della opportunità della ricostruzione, e quindi del senso del nostro lavoro, a partire dai dati razionali del programma, ma anche dalle motivazioni più generali, dalle aspettative, ecc., consapevoli peraltro del fatto che l'architettura è in grado di rispondere solo a determinate domande. E la nostra conclusione provvisoria è stata che la ricostruzione del castello di Valkhof avrebbe avuto senso solo se fosse riuscita a trovare un convincente equilibrio fra le diverse componenti e i valori in gioco, in particolare un convincente equilibrio, sul piano della risposta architettonica, fra castello e parco ottocentesco e poi fra il castello e la sua nuova ampliata destinazione d'uso.
A questo punto dobbiamo dire che cosa intendiamo noi per ricostruzione. Quello che deve essere, ma anche quello che non deve essere secondo noi una ricostruzione: per esempio non può mai essere una risposta gratuita, oppure una risposta vaga indistinta, una risposta in cui sull'oggetto (il castello) prevale, per così dire, l'interpretazione dell'oggetto. Per noi ricostruire vuol dire far apparire di nuovo qualcosa che è, come in questo caso, di nuovo necessario. Il che vuol dire, sul piano pratico, che la condizione di necessità della ricostruzione del castello risiede proprio nel suo sostituirsi al castello distrutto in tutto quanto noi oggi consideriamo necessario di quel castello.
Se il primo problema della ricostruzione è la sua condizione di necessità, immediatamente dopo viene quello della verità della sua forma. La vera forma del castello di Valkhof in quel luogo, la sua forma eloquente, in grado cioè di far apparire insieme al castello anche il percorso, la vicenda della sua forma, la sua ragione pratica nel tempo e il suo adattarsi, modificarsi, inclusa quindi anche la sua distruzione, inclusa cioè la sua rovina. E' questa la vera forma del castello di Valkhof, cioè quella forma che ci restituisce senza allontanarsene la sua ragione storica, incluso l'oggi naturalmente. Un castello di Valkhof reale e adeguato, che evoca visivamente adeguatezza, per usare le stesse parole con cui Lukacs definisce l'architettura.
Per noi ricostruire vuol dire costruire, non c'è differenza se non cronologica, costruire nel senso più ampio del termine, l'oggetto necessario e la forma corrispondente, la forma plasmata dal bisogno, ma anche l'aspettativa che è legata a quella forma, il posto che occupa nella memoria collettiva. Ricostruire vuol dire costruire in modo diretto e positivo, ricostruire il castello di Valkhof vuol dire costruirlo dov'era e com'era senza alterazioni o deviazioni (leggi: senza imporre tortuosi percorsi interpretativi), ma anche costruirlo con i nostri occhi e con i nostri mezzi, cioè come lo vediamo noi oggi e con i mezzi espressivi e tecnici di cui disponiamo. Questo è per noi il vero castello di Valkhof, il castello che è necessario nella e per la città di oggi.
Proviamo adesso a fare l'esempio di un castello che ha perduto nel tempo, se non i segnali della sua identificazione come tale, quantomeno la connotazione difensiva, militare, la sua caratteristica chiusura verso l'esterno, un castello che, abbandonata la sua principale prerogativa e funzione, ne ha assunta un'altra, diversa, adeguata a nuovi obiettivi, ad esempio un castello diventato Residenza, palazzo aperto sui suoi giardini, un castello che ha trasformato i suoi cortili in giardini, che ha aperto nelle sue facciate ampie finestre e loggiati, ecc., ma pur sempre un castello, un castello con i suoi segnali, con i suoi elementi di riconoscimento, le mura, le torri, ecc. Sarebbe per questo un castello meno vero? Non è forse questa la storia di tanti castelli centroeuropei, per non parlare dell'Italia?
Ma non è forse questa anche la storia del castello di Valkhof? Forse la sua forma non l'ha registrata in passato con la stessa chiarezza di altri castelli (Heidelberg ad esempio), ma la sua storia certamente sì e oggi la sua ricostruzione, per così dire, lo esige. La nuova condizione di necessità del castello di Valkhof, ciò che lo rende di nuovo necessario, non è forse proprio anche il nuovo ruolo che lo aspetta? Non è forse proprio la sua nuova relazione con la città? Il Valkhof come Residenza, il Valkhof come grande storico palazzo aperto alla città attraverso i suoi nuovi giardini.
Il parco ottocentesco Si è detto dell'incompatibilità parco/castello, l'uno contrapposto all'altro, il castello escluso dal parco e ridotto a innocua, pittoresca rovina. Ma, come il castello, anche il vecchio parco appartiene ormai definitivamente alla città, alla sua memoria come alla sua forma, e sarebbe una violenza altrettanto gratuita quella di escluderlo a sua volta. Col nostro progetto abbiamo voluto anzitutto rimediare a questa assurda, storica contrapposizione. Siamo intervenuti architettonicamente sul castello com'era cercando di mettere in opera quella trasformazione tipologica di cui si è detto. Abbiamo voluto aggiungere alla forma del vecchio castello quegli elementi architettonici che ne favoriscono, ed esprimono, la relazione col parco, i loggiati, il portico, i giardini pensili, ecc. e anche la nuova destinazione come palazzo ad uso pubblico aperto alla città (la scelta della destinazione residenziale e per attività culturali ecc. non è forse in questo senso la scelta più giusta per il castello?): la forma del castello adeguata al nuovo compito e il vecchio parco come elemento complementare, anzi come elemento necessario stavolta, del castello.
Con lo stesso obiettivo di salvaguardia del parco ottocentesco abbiamo cercato di contenere il più possibile entro il perimetro del castello il grande spazio sotterraneo previsto dal programma delle funzioni. Abbiamo cercato di limitarne l'incidenza sul parco a una piccola parte di questo (a est, dove non ci sono grandi alberi). Abbiamo mantenuto invece per la parte ovest del parco, quella rivolta verso la città, il disegno attuale senza alcuna modifica, ne abbiamo mantenuto gli elementi architettonico/decorativi, le recinzioni, gli ingressi, i percorsi, ecc., in modo che il parco ottocentesco com'è può a sua volta continuare a esistere, entrando a far parte del complesso del castello, senza perdere nulla della sua individualità.
Il centro manifestazioni nel sottosuolo del Valkhof
Un'analoga questione d'incompatibilità si pone col nuovo programma delle funzioni ed è relativa alla compresenza di due fatti di valore e anche di dimensioni molto diversi, il castello ricostruito e il centro per manifestazioni di grandi dimensioni previsto nel sottosuolo del Valkhof. Nel nostro progetto abbiamo cercato di perseguire il più possibile, insieme all'unità architettonico/costruttiva di queste due parti così difficilmente coniugabili fra loro, anche la loro compatibilità, per così dire, tipologica. Nel progetto l'edificio del castello inizia nel sottosuolo, a partire da un vasto spazio ipogeo, molto profondo e pilastrato a intervalli ampi e regolari, il cui modello architettonico sono con evidenza le grandi cisterne romane e medioevali (la Piscina Mirabile di Baia ad esempio). La pianta cruciforme del castello si adatta con coerenza costruttiva alla struttura sottostante già col suo primo piano sotterraneo, fino a fare delle due parti così vistosamente diverse un insieme unitario e sopratutto plausibile sul piano tipologico: un castello con i suoi vasti e profondi sotterranei. Con il primo piano sotterraneo interamente aperto sul grande spazio sottostante (come un matroneo o un ampio loggiato) e che con le estremità della sua pianta a croce arriva fino alle mura esterne del vecchio castello, a nord e a est per ricevere luce naturale, a sud per consentire l'accesso al centro manifestazioni dalla Voerweg e a ovest per collegarsi col Casinò sulla Waalkade. Con le torri circolari delle vecchie mura per collegare le diverse quote sotterranee (come scale di sicurezza), con l'ingresso pedonale dal vicino garage multipiano alla quota del grande spazio ipogeo e quello carraio dalla Voerweg per l'area di servizio e approvvigionamento alla quota ancora inferiore.
L'architettura del Valkhof Quindi un castello com'era che si modifica in coerenza con la sua nuova condizione di necessità e insieme con la sua storia. Un castello che mette di nuovo alla prova la sua forma, alla prova di nuovi compiti pratici e espressivi. La forma del castello di Valkhof com'era e la sua virtualità, la virtualità della sua architettura.
La forma del castello ricostruita in base a una notevole documentazione e a rilievi attendibili, impostata nel luogo preciso in cui si trovava grazie alle rovine esistenti e alle tracce di fondazioni eventualmente sopravvissute. Un nuovo complesso edilizio che orgogliosamente ripete i suoi vecchi segnali di riconoscimento, le mura e le torri circolari, la grande torre maestra e l'edificio, principale a forma di croce con i suoi corpi minori quasi incorporati alle mura. Poi i pochi elementi dell'austero linguaggio dell'architettura del Valkhof: i corpi edilizi tutti indistintamente conclusi in alto dai loro Trapgevel o Tuitgevel secondo dimensioni e importanza, i tetti aguzzi e le grandi superfici murarie interrotte solo dalle aperture delle grandi finestre crociate o di quelle più piccole a feritoia. Il tutto in mattoni rossi, com'era presumibilmente l'antica costruzione e come sono del resto le due cappelle rimaste, e i tetti aguzzi dell'edificio principale rivestiti con lastre piane di zinco. E poi il corpo nuovo dei loggiati e del portico, aggiunto sui fronti sud e ovest dell'edificio principale, quelli rivolti verso il parco e la città, i loggiati vetrati e a doppia altezza e il porticato che circonda parte del parco e del giardino interno che danno luogo a un corpo edilizio alto e sottile, praticamente una seconda facciata molto aperta, costruita in pietra arenaria affinché l'addizione risulti ben evidente e anche il suo scopo, che è appunto quello di rappresentare, con la trasparenza della struttura e l'uso di un materiale diverso e più prezioso, i nuovi compiti dell'edificio e anche il suo uso, che adesso si vuole più confortevole. Un corpo alto e sottile appoggiato ai vecchi corpi di fabbrica che però fa vedere anche una sua relativa autonomia, come ad esempio nel braccio orientale del fronte sud dove si distacca dal vecchio edificio per diventare un volume a sé stante (un po' come le logge bramantesche nel bel disegno di Heemskerck che fa vedere il palazzo vaticano in costruzione). Infine le mura rese percorribili come passeggiata panoramica a completamento del perimetro del parco e i vecchi cortili chiusi e i tetti piatti dei corpi minori come giardini pensili e come terrazze su cui si apre a quote diverse l'edificio del castello.
Tutto questo fa sì che i quattro lati del complesso edilizio offrano in sostanza due tipi diversi di vedute. Il castello visto da sud-ovest, visto dalla città e dal parco, in cui risaltano attraverso il verde i due grandi fronti a loggiato, in cui prevale cioè la nuova figura del castello, e il castello visto da nord-est, visto cioè dal Waal, in cui prevale invece la figura del castello com'era. Quest’ultima è anche la veduta più nota del vecchio castello, quella più riprodotta, e a questo proposito dobbiamo fare qui un'ultima osservazione relativa alla risposta del progetto.
Si tratta della veduta che meglio documenta, attraverso le numerose immagini, il segno lasciato nella forma del castello dalle sue alterne vicende storiche, le vicende vissute dal castello raccontate dalla medesima immagine che si ripete. E noi volevamo che di queste vicende potesse restare una testimonianza anche nella figura della ricostruzione. Su questo lato la figura del castello è in parte coperta dagli edifici secondari che si affacciano sulle mura, questi edifici, più bassi, formano come un primo-piano più casuale, più estraneo, per così dire, all'impianto rigoroso del castello, oltre che marginale rispetto alla ricostruzione necessaria di questo, e per questo ci sono sembrati anche i più adatti a interpretare quel ruolo particolare di testimonianza. Abbiamo voluto cioè che nella forma di questi edifici restasse alla fine impresso anche il segno della trasformazione, del cambiamento, che è come dire il segno della distruzione insieme a quello della ricostruzione. Per questo motivo abbiamo ricostruito di quegli edifici solo le parti in muratura, omettendo quelle, per così dire, più effimere della costruzione, cioè le sovrastrutture, come i tetti di legno.
A costruzione ultimata la figura del castello che apparirà su questo lato sarà sopratutto la risultante del contrasto fra l'edificio principale compiuto in ogni sua parte e questi corpi secondari in primo piano di cui sarà evidente invece l'incompletezza, l'innalzarsi senza scopo dei loro Gevel, come fossero edifici in costruzione, oppure caduti in rovina (la figura finale in realtà è la stessa). E il compito di questi edifici incompleti sarà appunto quello di mettere in scena la storia vera del monumento: essi realizzeranno cioè nelle loro forme il didascalico completamento della figura vera del castello di Valkhof.
Alla fine il castello di Valkhof che apparirà dal lato del Waal non sarà né esattamente il castello com'era, né l'immagine improbabile delle sue passate rovine, ma piuttosto le due figure sovrapposte, il castello necessario insieme al segno del suo passato da cui adesso è rinato. Ma dietro a questa figura inconfondibile, ci sarà in ogni caso un edificio concreto, un complesso edilizio efficiente e perfettamente funzionante secondo le finalità e i compiti che la città gli aveva attribuito.