Renzo Zavanella: villa Duplex detta "Villa dei Direttori"/STATO DI FATTO - GLI ESTERNI
Uno straordinario quanto originale esempio di razionalismo nautico degli anni Trenta, contaminato da accenti cubisti alla Mallet-Stevens e da reminiscenze futuriste, inserito nel contesto industriale dell’ex-zuccherificio di Sermide, ai confini estremi della provincia lombarda.
La Villa si è trovata, successivamente la dismissione dell’attività, nella delicata quanto labile situazione comune a tanti edifici della “modernità”, in particolare per quelli realizzati nella prima metà del Novecento. Troppo “vecchi” per essersi mantenuti ad uno stato di conservazione per cui è ancora sostenibile un loro recupero, e troppo poco “moderni” per essere considerati paradigmi di innovazione nel processo di modernizzazione edilizia. Inoltre, come risaputo, sono edifici questi che non godono certo di un particolare “appeal” nella cultura di massa, essendo da questa quasi sempre relegati alla stregua di edifici “brutti” e da demolire senza particolari riguardi o ripensamenti. A questi elementi sostanzialmente comuni a edifici similari, si aggiunga la particolare e specifica situazione urbanistica dell’area dell’ex-zuccherificio di Sermide, per la quale sono stati proposti, nel corso degli ultimi tre decenni e mezzo, diversi piani urbanistici (Piani Attuativi, Piani Integrati di Intervento, Piani di Riqualificazione, ecc.) senza che essi abbiano prodotto concrete e significative azioni di “recupero urbano” dell’ex-comparto industriale e men che meno azioni mirate alla conservazione (quantomeno dello status quo) della Villa dei Direttori. Quest’ultima è stata completamente abbandonata al proprio destino, sempre più avviluppata dalla vegetazione selvaggia.
Ed è l’immagine che, nel corso del primo sopralluogo del 6 dicembre 2012, ci si è presentata davanti: una sorta di moderna rovina di piranesiana memoria, la cui pelle bianca degli intonaci esterni (per larga parte ancora integri) si intravede appena tra edere e altri elementi vegetali spontaneamente attecchiti fin sulla soglia della Villa. E tale contrasto cromatico, tra il bianco artificiale e il verde “naturale” che si manifesta alla scala dell’edificio, muta se lo sguardo si allontana, tra i ruderi e gli scheletri degli opifici di produzione.
La Villa diventa allora un punto bianco sul fondo color terra e mattoni rossi degli edifici di archeologia industriale, che costituiscono un’affascinante cornice al quadro razionalista disegnato da Zavanella.
Queste che seguono sono alcune delle fotografie dello STATO DI FATTO IN EVOLUZIONE DEGLI ESTERNI SCATTATE TRA IL 2012 e il 2016, in diversi anni e in differenti stagioni e situazioni climatiche.
Tutte dimostrano comunque in modo inequivocabile lo scorrere inesorabile del tempo e le profonde ferite che lacerano la fabbrica zavanelliana. La presenza invasiva e diffusa del verde è un ulteriore tratto comune in tutte le immagini proposte.
Il contesto urbanistico relativo all’area delineatoci nel 2012 dal Sindaco di Sermide era piuttosto desolante: in estrema sintesi, si prospettava un’area di proprietà privata soggetta a procedura di concordato fallimentare che non aveva (e non ha) nessun interesse ad agire né sul comparto nella sua globalità né tantomeno sulla Villa. Il Comune nulla poteva rispetto a questa situazione (subendone anzi le conseguenze dei mancati introiti fiscali). Abbiamo quindi deciso di mettere in azione, autonomamente, la procedura per l’attuazione di un decreto di vincolo di tutela sulla Villa (e sull’area del giardino-parco circostante), quantomeno per scongiurare una qualsiasi azione demolitoria da parte del soggetto privato.
E’ del 10 giugno 2013 il sopralluogo congiunto alla Villa promosso dall’architetto Davide Allegri del Politecnico di Milano, che ha visto la presenza degli architetti Andrea Costa e Daniela Lattanzi della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia, del dott. Paolo Calzolari - Sindaco del Comune di Sermide - e di un delegato della proprietà dell’area. A seguito del sopralluogo è stato ratificato, a cura della «Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per le Province di Brescia Cremona Mantova», il Decreto di vincolo il 10 ottobre 2013. La relazione di progetto contenuta nel Decreto parla di una «architettura che esprime le ragioni della sua essenza formale nella rinuncia di ornamenti intesi come superflui, concretizzando i propri valori sulla base di principi teorici adatti e rispondenti ad esigenze e finalità funzionali». La relazione enuncia, a nostro parere in modo esemplificativo, quei “principi” teorici che hanno ispirato Zavanella nelle sue scelte progettuali: «La logica dei processi compostivi e costruttivi in cui la nitidezza dei volumi e delle superficie tende ad esemplificare la pura sintesi delle forme». E ancora: «L’autore pare ripercorrere nelle linee della sua estetica (come fonti di ispirazione) la deduzioni progettuali espresse in alcune particolari opere di Alvar Aalto e di Adolf Loos. La rigorosa impostazione della questione funzionale, nell’impiego razionale degli spazi, determina sull’intera cubatura dell’edificio un’articolazione volumetrica dovuta all’incastro delle parti. Lo schema distributivo usufruisce di un dinamismo basato su angoli di diversa apertura, in modo da orientare il maggior corpo dell’edificio, così da ottenere un optimum di aerazione ed insolazione (ereditando il modello dell’orologio solare). Rispetto al rigore delle forme condiviso nell’ideale razionalista della generazione precedente, si scopre come, linee superficie curve ed ondulate non siamo meno razionali, potendosi inserire al fine di ottenere una più sensibile modulazione nella variazione della luce».
Dopo anni di indifferenza finalmente un atto concreto di riconoscimento del valore artistico, culturale e identitario della “Villa” zavanelliana. Il Decreto di tutela ha così costituito il primo, dovuto, gesto di “rispetto” e di riconoscimento di valore verso la Villa e verso tutto ciò che essa rappresenta non solo per l’architettura moderna del primo Novecento, ma più in generale nella storia di Sermide, come in quella dell’industria italiana tra le due guerre».