I Pesci non Portano Fucili
Inaugura al MACRO Testaccio la prima antologica dedicata ad Alfredo Pirri, i pesci non portano fucili, curata da Benedetta Carpi De Resmini e Ludovico Pratesi.
La mostra è visitabile dall'11 aprile fino al 4 giugno 2017.
Questa mostra al Macro Testaccio rappresenta la tappa conclusiva del progetto i pesci non portano fucili, un viaggio all’interno dell’opera, del pensiero e della ricerca di Alfredo Pirri che è iniziato nel novembre 2016 con la prima mostra RWD / FWD, allestita presso lo Studio/Archivio dell’artista. Il titolo del progetto è stato scelto dallo stesso Pirri in omaggio all’opera The Divine Invasion di Philip K. Dick (1981), in cui l’autore immagina una società disarmata e fluida come il mare aperto dentro il quale immergersi e riemergere dando forma ad avvenimenti multiformi.
Questa mostra permette una lettura completa e ragionata della complessità della ricerca di Alfredo Pirri, attraverso un itinerario espositivo strutturato come un’opera in sé. Ci si addentra in un percorso articolato in cui il tema della città, intesa non solo come agglomerato urbano ma come spazio aperto, luogo di condivisione e di incontro, è declinato in varie sfaccettature, attraverso una profonda rielaborazione dello spazio architettonico stesso e qui diviso in due sezioni principali.
Come l’accordo musicale ha una natura sincronica, che risiede nella sovrapposizione istantanea di note, indipendentemente da quelle che sono precedute o si susseguono, così il percorso espositivo implica una struttura che viene disegnata dall’idea di un’immagine simbolica della città che contestualmente ripercorre le grandi tematiche dell’opera di Pirri.
L’esposizione riunisce 50 opere tra le più importanti e significative realizzate dall’artista nel corso della sua carriera dagli anni ‘80 ad oggi, sottolineando l’alternarsi ritmico di fluidità e fissità, dove i repentini mutamenti di tecnica diventano allegoria di un tempo mentale, scandito dagli elementi che da sempre contraddistinguono la ricerca dell’artista: lo spazio, il colore e la luce.
Apre la mostra l’opera che l’artista ha realizzato nei mesi di ricerca all’interno del laboratorio allestito alla Nomas Foundation: Quello che avanza (2017). Costituito da 144 stampe, il lavoro è frutto di una ricerca sulla tecnica della cianotipia, che consente di realizzare immagini fotografiche off-camera di grandi dimensioni, caratterizzate da intense variazioni di blu.
Tra le altre opere scelte, Gas (1990), lavoro che combina elementi concettuali e minimalisti, capace già nel titolo, di evocare una materia invisibile che attraversa e riempie lo spazio circostante; le Squadre plastiche (1987-88), con la loro immobilità di testimoni mute e contemporaneamente la loro pittura che si riverbera sulla parete come energia viva; Verso N (2003), installazione in cui i frammenti costruiscono un orizzonte immaginario, un paesaggio spirituale attraversato da fasci di luce che si irradiano nello spazio riflettendo i colori della pittura; La stanza di Penna (1999), costituita da copertine di libro disposte in modo da creare uno skyline urbano, paesaggio bagnato da una luce diffusa che ricorda i colori del tramonto.
A fare da raccordo tra le due sezioni l’opera Passi, che assume la valenza di una soglia. Si tratta di un’installazione site specific costituita da pavimenti di specchi che si frantumano sotto i passi dell'artista e dell'osservatore, creando narrazioni deformate che promuovono un dialogo dialettico con lo spazio circostante, la sua natura e la sua storia.
La visione che Pirri offre al nostro sguardo diventa così un’occasione di incontro dove la memoria dell’ombra proiettata assurge a spazio mentale del tempo che scorre in una dimensione ciclica, perché come ha scritto Benjamin “non è che il passato getti la sua luce sul presente o il presente la sua luce sul passato, ma l’immagine è ciò in cui quel che è stato si unisce fulmineamente con l’ora in una costellazione. In altre parole: l’immagine è la dialettica nell’immobilità”.
Benedetta Carpi De Resmini e Ludovico Pratesi