Confine Aperto
“Per cancellare ogni frontiera e attraversare il bosco, attraversare il mare … e non puoi dire di non sapere cosa accade dall’altra parte del muro.”
Lúcio Rosato
“Navigo sulla carta geografica e segno col dito la traiettoria possibile alla mia vita”; a Lucio Rosato, che così annotava sul risvolto di copertina del suo libro ”sui territori al limite” (Libria, Melfi 2007), è sempre piaciuto, come certamente a tanti, passeggiare sugli atlanti per costruire ipotesi di viaggio che però la storia degli uomini rende sempre più improbabili se, come scrive Martina Corgnati “la geografia cambia continuamente perché è impregnata di storia [...] contesa, discussa, combattuta, se non sanguinante.”
I confini si fanno sempre più provvisori ma anche sempre più difficili da attraversare “... e si costruiscono nuovi muri, altri muri (anche il muro dovrebbe unire segnando il limite tra uno spazio e l’altro a inventare attraverso le relazioni l'architettura) muri invalicabili dove la porta è chiusa e siamo noi o gli altri a decidere chi lasciare passare. Così accade che un giovane che si avvia per il suo cammino seguendo il desiderio (è attraverso il desiderio che si costruisce un mondo migliore) una volta raggiunta quella porta chiusa viene respinto proprio sulla soglia se non ha la possibilità di garantire il suo sostentamento da questa parte del muro, come se dall'altra parte, nella quale ora si trova, riuscisse a mangiare, a bere, a vestirsi, a coprirsi, a studiare, lavorare, vivere. Ecco che gli spazi si riducono e si interrompe il cammino.” (L. Rosato, filo verde come una soglia in ArtApp numero 17/2016)
In questo nuovo appuntamento di usomagazzino per altre architetture Lúcio Rosato ospita e incontra, nel dialogo di corrispondenze, Agnese Purgatorio ricercando, anche se per vie espressive apparentemente opposte, “lo stesso provvisorio approdo in un mondo di amore”; come lo stesso Rosato racconta: “la sua ragione si fa inevitabilmente forma dove la mia forma prova ad essere conseguenza imprescindibile di una ambita ragione, senza nulla concedere all'assoluto, al fanatismo, al formalismo, al valore attribuito che sempre più condiziona il mondo; questo incontro ci pone in attesa di un nuovo viaggio”, un viaggio che si intraprende, attraverso l'arte o altre architetture, con il desiderio (utopia concreta) di cancellare tutti i confini, nella certezza che attraverso l'amore è possibile costruire un mondo migliore.
Agnese Purgatorio presenta quattro grandi tratte dal lavoro perhaps you can write to me (forse puoi scrivermi), dove “organizza i clandestini in strisce orizzontali, posizionate proprio in prossimità dell’orizzonte. Nel cielo azzurro, li accompagna una citazione, o un imprestito. Parole, impronte, disegni. Nel frattempo la striscia si gonfia e si ingrossa, quasi fosse una sostanza idrofila che assorbe il mare e la folla straborda, impazza verso i limiti dell’immagine” (M. Corgnati). Documenta e denuncia con determinazione la condizione, la rassegnazione, l'impotenza degli uomini davanti alle barriere di confini immaginari per essere pronta a cantare la possibilità; così accade che nei collage digitali this side of paradise, un lavoro in corso sui confini immaginari della foresta, le persone in fuga che attraversano i boschi sono come protette da guerriere ardite, amazzoni, che affiorano per diventare simbolo della rinascita in una specie di rituale di iniziazione, di purificazione, che allontana le avversità.
Lúcio Rosato con orizzonte cucito attraversa letteralmente il muro che divide il suo spazio usomagazzino dal locale adiacente occupato dal deposito di “casse da morto” della ditta di onoranze funebri De Florentiis; il filo di lana azzurro che all'altezza degli occhi entra ed esce dal muro disegna una linea tratteggiata che ricorda la demarcazione delle frontiere indicate sulle mappe e allo stesso tempo mette in collegamento, come a cancellarne il confine, la vita e la morte ma anche una condizione conosciuta e un'altra della quale possiamo solo intuire l'esistenza; il dritto e il rovescio di questa cucitura non ci permette di nasconderci dietro l'inconsapevolezza delle sofferenze degli uomini che vivono, o meglio sopravvivono, dall'altra parte di ogni confine e invece continuiamo a fare finta di non sapere o ancora di più ad opporci all'apertura delle frontiere, finanche a combattere perché si conservino, in nome di una pericolosa identità che è causa di ogni conflitto etnico, religioso, politico, economico.