LA MORTE DI VENEZIA SECONDO MARCO
Venezia. Morirà-lentamente-nell’anonimato. Sarai tu a salvare con astuzia, prima del crollo dell’edificio, la cupola centrale di quella basilica che un tempo portava il tuo nome. Catalogherai con minuzia ogni singolo pezzo, sia esso bronzo, piombo, ferro o legno… porterai il tutto altrove, al sicuro. Riscoprirai gli antichi saperi, sapori. Diventerai così un mistro, murer, marangon da soaze e da rimessi, sabioner, tagliapietra e fabro; Sarai Proto, ProtoMastro. Edificherai il tamburo in muratura sopra uno zoccolo di fondazione robusto quanto basta per sopportare il peso della cupola originale. Non serviranno calcoli; scoprirai che basta un compasso puntato sul foglio, e del buon senso geometrico. Con cura, gli stessi chiodi arrugginiti dentro lo stesso legno, esattamente nello stesso punto in cui li hai trovati; sarai scientifico, matematico. Sarà dura, sarà casa tua.
IL GUSCIO
Il progetto è inserito in un contesto temporale indefinito. Lo scenario catastrofico si presenta privo di regole o giustificazioni sensate. “Venezia morirà lentamente nell’anonimato” è una sentenza incontrovertibile; la ragione non deve fare domande ma lasciare posto alla nebbia. Marco è l’ultimo della nobile dinastia dei Dogi Veneziani, colui, il solo, che ha l’amaro piacere di assistere alla morte della sua città, il prescelto. È la liturgia sistematica dell’edificazione dell’ultima dimora, nella riscoperta metodica degli antichi mestieri dell’edilizia lagunare, a diventare fulcro del progetto. Il guscio ( nuova palificata + nuova fondazione + costruzione del tamburo su cui poggia la cupola originale della basilica di San Marco ) avvolge e protegge nella sua essenza architettonica il segreto di millenni di storia. Il segreto? Rimarrà segreto.