Area Garibaldi-Repubblica a Milano
Dopo tanto tempo, il vecchio scalo ferroviario è ancora la sola ragione di essere della forma della grande area vuota oggetto di questo concorso. L'area di forma rettangolare molto allungata corre parallela e poco distante dai bastioni spagnoli ed è perciò interessata dalle radiali che, in corrispondenza delle porte Nuova e Comasina, attraversano quel tratto di bastione. Malgrado ciò, in tanti anni, non si è mai stabilita la benché minima relazione (né architettonica, né di tracciati eco.) fra questi due importanti elementi della città. Neppure nei progetti. È come se la ferrovia fosse ancora lì. Questa constatazione è un po' il punto di partenza del nostro progetto.
C'è poi un altro elemento importante da non dimenticare (malgrado la sua attuale violenta, inutile bruttezza), la via Melchiorre Gioia: la sua linea sghemba è, in realtà, il più antico elemento topografico del luogo, il naviglio della Martesana viene ancor prima delle mura e, del resto, è un "accidente" con cui la forma della città ha sempre fatto i conti.
Dunque la forma dell'area è rimasta pressoché immutata: un lungo rettangolo vuoto. Soltanto i suoi margini, col tempo, si sono complicati, si sono fatti incerti, più marcati ma anche più incerti e accidentati. Anche se si deve distinguere, perché in condizioni abbastanza diverse. Quello a nord sembra il più casuale; è il più assurdo anche se lo si considera, per così dire, dall'esterno verso l'interno, frammentato com'è da piani di attuazione incredibilmente estranei l'uno all'altro (non fa eccezione il C.D.). E quello a sud, un po' più comprensibile e coerente, forse per via dell'esiguo spazio fra i bastioni e lo scalo ferroviario, e poi ancora abbastanza unitario grazie a ciò che è rimasto dell'edificazione ottocentesca. Sul tutto domina oggi, in ogni caso, la più allegra confusione planivolumetrica. Il nostro progetto ha due obiettivi principali: vuole ricollegarsi con forza e in modo esplicito alla struttura architettonica della città storica. Per quanto detto prima, vuole stabilire cioè una condizione di necessità reciproca fra il sistema dei bastioni ecc. (radiali, porte ecc.) e l'area dell'ex scalo ferroviario; e poi vuole rendere più chiara, più leggibile, la forma tecnica del vuoto, cioè la sua origine, lo scalo ferroviario, la sua ragione di essere, appunto la sua forma in quel luogo, lasciandolo com'è, cioè vuoto: un lungo parco urbano interrotto soltanto dalla linea sghemba della Martesana-Melchiorre Gioia (per esempio analogamente al passaggio da piazza d'Armi a parco Sempione).
Alla prima questione, che è anche la più complessa, la più ricca ecc., il progetto risponde in sostanza con due episodi architettonici. Una linea di confine, un limite netto per la città storica, un'edificazione continua, o anche solo i frammenti di un'edificazione, però chiaramente continua, ripetitiva, un edificio che ripeta la figura a salienti di un "muro" di città (ma qui piuttosto un luogo d'osservazione privilegiato: le logge della residenza). Un muro che riprenda il ruolo che era dei bastioni. Una linea interrotta dove è necessario, ma che subito riprende, delle torri unite fra loro dal sottile diaframma dei loggiati, torri che diventano frontespizi di edifici in profondità avvicinandosi a corso Como (la radiale della porta Comasina di cui si è detto), dove il muro per esserci ancora deve appunto diventare l'elemento terminale di un'edificazione sviluppata in profondità.
Una nuova facciata per la città in questo luogo privilegiato dove domina il verde e le visuali sono insolitamente ampie. Una direzione privilegiata, la prosecuzione fino a viale Restelli dell'asse di porta Nuova, la sua enfatizzazione (l'ampio viale pedonale a verde che, dalla porta, attraversa tutta l'area) e il suo concludersi architettonicamente con l'episodio dei due edifici paralleli che, in fondo, si aprono per prendere in mezzo il palazzo della Regione. Elemento conclusivo, quest'ultimo, di tutto il profondo impianto prospettico del viale, ma anche (finalmente) una conclusione architettonica per quell'altro ampio viale a verde che, venendo da fuori, finora non portava in nessun posto (appunto il viale Restelli).
Quindi una direzione privilegiata, ma anche un episodio architettonico decisamente monumentale, le cui forme riprendono anch'esse, dal lato aperto sul verde, la figura a salienti del muro di cui si è detto. Ma qui, alla fine, l'insieme degli edifici, la loro forma e giacitura, assumono un po' la funzione di un avancorpo e anche l'aspetto un po' ostile (verso la nuova edificazione circostante? verso i nuovi grattacieli?) della figura di una "tenaglia" (si veda il disegno della tenaglia della porta omonima).
Nel progetto gli edifici sono tutti di una medesima altezza (39 metri), un'altezza che supera di poco quella dell'edificazione circostante e che non impedisce ai grattacieli presenti e futuri della zona di svettare liberamente.
Alla seconda questione il progetto risponde logicamente con una perimetrazione e gli edifici svolgono essenzialmente una funzione di "quinta" per delimitare con precisione lo scalo diventato area verde. L'idea è appunto quella di destinare a parco pubblico l'area dello scalo ferroviario mantenendone leggibile la forma.