Piazza Matteotti-la Lizza a Siena
Ecco i pochi importanti elementi che costituiscono la lezione costruttiva della città antica in quel luogo.Anzitutto "un tracciato", un confine, le vecchie mura: un limite mai contraddetto, il muro del convento ora demolito.
E poi "uno spazio", poco più di uno "slargo", posto trasversalmente all'estremità del fitto tessuto urbano; uno "slargo" che solo a prima vista può apparire casuale e senza una forma architettonica definita: il vecchio Poggio Malavolti.
Infine "un tipo edilizio". Un modo di edificare la città secondo una con-suetudine ormai consolidata, anch'esso strettamente legato al sito, alla sua condizione di limite: elemento di mediazione fra la città e la campagna, parte determinante del paesaggio. E che da luogo a un'edificazione serrata e lineare che, da un lato, chiude a completare la cortina della via di città e, dall'altro, apre a comprendere la campagna e partecipa così in modo decisivo alla definizione architettonica del fronte esterno della città.
Il progetto è tutto qui, nella conferma di questi pochi importanti elementi costitutivi della città antica. Alcuni allineamenti essenziali per ritrovare la ragion d'essere dello spazio chiuso del vecchio Poggio Malavolti. Il permanere della figura chiusa e ripetitiva delle mura verso la città e quella aperta e digradante del profilo a valle della città in questo punto di cerniera.
E poi quell'altra figura, unica, dove la città guarda se stessa e si vede come "scena", che ha il suo punto di vista privilegiato all'estremità della Lizza, circa di fronte alla chiesa di Santo Stefano.
Un allineamento decisivo anche se "ideale": la linea libera e diritta che, tangente al fronte sul giardino del palazzo Ciacci, unisce la chiesa di Santo Stefano a quella della contrada del Drago, una linea che corre parallela alla vecchia giacitura dello stradone degli orti di San Domenico prima che questo cambi direzione. Queste, grossomodo, le condizioni di partenza del progetto: gli elementi generatori del progetto.
Una serie di vincoli che ne fissano i confini per l'occupazione del suolo, gli allineamenti, le gerarchie architettoniche, infine le altezze. Ed ecco la risposta del progetto. Anzitutto un asse longitudinale, secondo l'allineamento "ideale" che unisce la Lizza alla chiesa del Drago di cui si è detto, come principale coordinata di riferimento per la giacitura del nuovo corpo edilizio che andrà a ridefinire e concludere, verso sud, l'isolato che include anche il palazzo Ciacci e il suo giardino. In pratica una via longitudinale di servizio, interna all'isolato come negli esempi citati più sopra; una via che l'attraversa per intero, dalla vecchia limonaia sulla Lizza fino al portale che la conclude proprio di fronte alla chiesa del Drago.
A monte di questa via, gli edifici principali: il palazzo Ciacci e il nuovo fabbricato di progetto, il cui colmo supererà di poco quello del palazzo. Secondo la destinazione d'uso prevista, i due edifici saranno collegati fra loro da un corpo basso di un piano, architettonicamente inteso come prolungamento del primo ordine del vecchio palazzo, cosi come il muro esistente sul lato opposto che lo unisce alla limonaia.
La dimensione trasversale del nuovo fabbricato tenderà a occupare per intero la parte a monte dell'isolato, ma sarà sempre di molto inferiore a quella del palazzo contiguo, dato anche lo sviluppo longitudinale dell'edificio e la necessità di una buona il-luminazione dei locali anche da questa parte. È per questo che, stabilito l'allineamento dei fronti sul lato ovest del complesso, il fronte su via Malavolti fa vedere tre brevi volumi in successione, salienti dal perimetro rettangolare allo scopo di restituire, mediante la loro sequenza prospettica, la cortina edilizia della vecchia strada. Dalle due estremità della quale, i tre volumi alti e stretti appariranno piuttosto come una sequenza di case-torre, vista anche la soluzione adottata per il loro coronamento (a loggiato aperto e con un aggetto pronunciato della copertura verso strada).
Poi, a valle della via di servizio, i corpi secondari, quelli trasversali, in numero di tre compresa la vecchia limonaia, s’impostano sullo zoccolo che già esiste per vincere la differenza di quota fra la via Malavolti e il viale Tozzi e Curtatone, che scende verso il San Domenico.
Nel progetto questo zoccolo, o terrapieno, corre rettilineo (coronato dalla sua balaustra umbertina) fino a incontrare l'angolo acuto dell'edificio più a ovest della piazza Matteotti, nel luogo in cui si trova anche l'unica scalinata che collega le due quote.
I due corpi trasversali di progetto, che si trovano nella zona mediana del terrapieno e che insieme alla limonaia lo dividono in tre parti più o meno equivalenti, sporgono dal filo del terrapieno stesso insieme alla parte di questo che è compresa fra loro per recuperare l'allineamento del nuovo viale sottostante. In questo modo, il lungo terrazzamento viene diviso in tre sezioni che si trovano alla stessa quota ma che sono, quanto al prospetto, vistosamente sfalsate: le due estreme destinate a giardino pubblico, con alberi e aiuole, e quella di mezzo lastricata, pure a uso pubblico (come sito del mercato).
La sezione, corrispondente al palazzo Ciacci e compresa fra la limonaia e il primo dei nuovi corpi trasversali, torna così ad avere la sua destinazione originale e anche il suo originale disegno all'italiana. I due corpi trasversali hanno un'altezza di due piani, di modo che, nei confronti della maggior altezza dell’edificio principale più arretrato, possono assumere, insieme al corpo di poco più basso della limonaia, anche il valore volumetrico di un basamento per l'intero complesso.
Essi sono tenuti insieme da un terzo corpo di fabbrica di uguale altezza, disposto lungo la strada di servizio e interamente loggiato ai due piani. Si viene così a determinare una sorta di piazza alta e aperta su un lato, una corte lastricata e aperta verso il San Domenico, che, essendo anche il luogo d'accesso per il pubblico alla Cciaa, andrà a svolgere con il suo loggiato un compito analogo a quello del vecchio loggiato aperto sulla piazza Umberto I nel progetto originale del Mariani.
I due corpi trasversali sono collegati al fabbricato principale mediante due archi che sovrappassano la strada di servizio. Ma questo non è il solo elemento del progetto che mette in relazione le due parti.
Si è già detto del valore di basamento che i due corpi bassi, insieme alla limonaia, assumono rispetto al complesso edilizio maggiore per via della loro collocazione rispetto al fronte continuo della città su questo lato. Ma il progetto prevede altresì di adottare lo stesso tipo di soluzione di facciata dei corpi più bassi anche per la parte inferiore del fabbricato principale fino all'altezza dei primi. In tal modo il basamento si estende, per così dire, anche sotto l'edificio più alto e lo include riapparendo lungo tutto il suo perimetro.
Tale soluzione di facciata prevede un grado più avanzato di finitura delle parti e degli elementi. Gli stessi materiali dovranno indicare questo grado di maggior precisazione: materiali per rivestimento, ad esempio, come la pietra o lo stucco, in grado cioè di delineare lesene e cornici, stipiti e modanature. In modo che tutto il complesso edilizio fino alla quota del secondo piano apparirà "finito", mentre la parte più alta, quella emergente, lasciata "al rustico", cioè con mattoni faccia a vista, apparirà come struttura muraria, un po' come una fase, un momento non definitivo, della costruzione. L'insieme offrirà cioè allo spettatore una figura apparentemente incompiuta, come in attesa del gesto decisivo, per far vedere, insieme alla risposta del progetto, l'impossibilità oggi di una risposta perentoria, univoca, non nelle scelte volumetriche, degli allineamenti, delle gerarchie, delle altezze, dei pieni e dei vuoti ecc., che saranno tutti determinati, ma incompiuta nella sua fase più delicata e "superflua" da un punto di vista strettamente materiale, la più problematica oggi, com'è appunto quella della "decorazione".
In realtà questa è per me l'unica risposta possibile oggi, se un progetto intende veramente misurarsi con sincerità e consapevolezza dei propri limiti espressivi con l'architettura della città antica.
È ancora per lo stesso motivo che l'edificio principale, ad esempio, non ha un coronamento che lo conclude con sicurezza e sembra quasi, nel suo arrestarsi giusto alla quota d'imposta del cornicione del palazzo delle Poste, demandare a quest'altro edificio, più ottimista e sicuro di sé, il compito di tale conclusione.
Questa scelta, che riguarda il problema della figurazione di questo progetto nel suo complesso, renderà di conseguenza più relative e incerte anche le scelte compiute per tutta la parte bassa dell'edificio, insinuerà cioè un ragionevole dubbio anche nelle scelte adottate per la parte apparentemente più "finita" di esso.
Bisogna, infine, ricordare che questa scelta figurativa è anche coerente con quell'idea di "muro" che, legata alla ripresa del filo a nord del vecchio Poggio Malavolti, come anche con quella delle "torri" di cui si è detto, e che appartengono entrambe, fin dall'inizio, agli obiettivi pratici di questo progetto. A sud, il complesso edilizio si arresta infatti sul confine del vecchio Poggio Malavolti, di cui l'unico vertice rimasto è ancora riconoscibile all'imposta dell'arco e immette nella piccola strada interna dell'isolato a valle della via del Paradiso.
Questo taglio sghembo nella nuova edificazione da luogo a un fronte irregolare a salienti e prevalentemente chiuso, appunto un muro. La sua irregolarità deriva dalla sovrapposizione di due piani diversi e che s'incontrano idealmente nel luogo del vecchio arco delle Cappuccine: quello ortogonale del frontespizio del nuovo fabbricato e quello sghembo del muro del vecchio convento (o delle vecchie mura). Il fronte presenterà quindi, alle estremità, due elementi salienti, come due torri: l'una rivolta verso la piazza, a indicare insieme al portale centrale che l'inquadra il nuovo asse verso la Lizza, l'altra rivolta normalmente alla prima nel luogo appunto del vecchio arco delle Cappuccine, la prima della sequenza di tre torri sulla via Malavolti di cui già si è parlato.
Infine, a nord, cioè dalla parte della Lizza (o della piazza Gramsci), il nuovo complesso edilizio si presenterà esclusivamente con il suo lato che già esiste, con il "vecchio": la limonaia e il fianco del palazzo Ciacci a essa collegato.
Il loro profilo coprirà completamente o quasi la parte "nuova" del complesso e solo attraverso il grosso portale praticato all'estremità della limonaia, dove ha inizio la nuova strada di servizio, sarà possibile cogliere in prospettiva la successione dei diversi corpi sui due lati e l'alternarsi degli spazi pubblici a verde; cogliere il senso cioè della nuova profondità acquisita dall'isolato fra la Lizza e il portale che, sul fondo, immette nella piazza Matteotti.