Piano di recupero del centro storico di Teora
Su uno sperone naturale, un paese cresciuto intorno alla strada di crinale che collega la chiesa madre -posta sull'estremità del "becco d'aquila" a picco sulla vallata - al castello con torri cilindriche di epoca angioina, con in alto il convento di San Francesco demolito dai francesi - poi dato all'attuale destinazione cimiteriale - e, all'inizio del paese, la fontana dei Tarantini e l'ospedale.
Così si presentava intorno al Settecento Teora, non molto diversa rispetto alla Teora moderna, prima del terremoto. Modificatasi forse solo nelle destinazioni d'uso che si sono succedute, come il castello diventato nel tempo un blocco di case d'abitazione e il nome di una piazza, e poi presumibilmente nelle sezioni stradali, come il corso da cui prende avvio la strada anulare che cinge il vecchio centro, fiancheggiata a monte da piccole e medie case tanto serrate fra loro e inerpicate fino a ricongiungersi, da riprodurre come un involucro la conformazione naturale del sito.
Dopo il terremoto e, soprattutto, dopo le operazioni di demolizione e di parziale sgombero delle macerie del vecchio centro, il terreno rimesso a nudo nella sua condizione, per così dire, "naturale" mostra quanto stretta fosse la corrispondenza fra edificazione e andamento del terreno, quanta naturalezza in questo adattarsi dell'una all'altro, poiché la traccia a terra è ora per forza di cose perfettamente leggibile: il selciato intatto delle strade tortuose e delle scalinate, i sotterranei delle case in parte ricavati nella roccia, i muri di sostegno degli orti e dei piccoli spazi pubblici aperti sul paesaggio; sempre un'evidente linearità fra problema e risposta e una sorprendente sapienza costruttiva. Questa traccia planimetrica è forte e di evidenza immediata, ma non è certo in grado da sola di restituire la tipicità e la ricchezza degli elementi costitutivi della vecchia edificazione - anche se realizzata con mezzi tanto poveri e inadeguati alle calamità naturali cui da sempre il paese è stato esposto. Come le visuali di colmo, la successione degli alti orizzonti disegnati dall'andamento del terreno e dai piani digradanti dei tetti e dei piccoli cortili, specie nella direzione dal castello verso la chiesa madre. E poi i tagli trasversali delle ripide salite, le anguste aperture sul paesaggio delle scale e degli orti chiusi fra le case, che sono uno dei caratteri più frequenti e originali degli abitati collinari dell'Italia centro-meridionale. Infine, la collocazione altrettanto caratteristica degli elementi emergenti dell'abitato, la chiesa madre, la congrega, il castello, il corso: emergenti per forme, per destinazione d'uso e per collocazione privilegiata, così da scandire l'edificazione compatta e da marcare i passaggi più importanti dell'orografia del sito. Questi caratteri più generali, specifici della costruzione nel tempo di Teora, insieme a quelli più particolari relativi agli elementi costruttivi e di dettaglio che ancora possiamo riconoscere nei pochissimi edifici rimasti in piedi nel vecchio centro, testimoniano il persistere nel tempo di una pratica costruttiva senza incertezze, consapevole dei propri modi e obiettivi (il che, beninteso, non ha niente a che vedere con i mezzi costruttivi poveri e inadeguati di cui si è già detto). Una pratica costruttiva che del resto, salvo pochissime eccezioni recenti, è stata continuata fino a oggi. L'uso del suolo, le tecniche edilizie, l'impiego dei materiali, fino agli elementi costruttivi e decorativi ecc., sono la conferma di una tradizione che non ha perduto di efficacia nel tempo.
Va da sé che il fatto stesso di mettere in primo piano i caratteri specifici dell'antico abitato visto nel suo aspetto di costruzione nel tempo mostra una definita scelta operativa, ma anche proprio una disposizione di fronte ai "materiali", agli elementi architettonici di cui dispone il progetto, che è certo una scelta conoscitiva in senso lato, ma soprattutto una definita scelta di "apprendimento", una scelta di apprendimento specificamente tecnico-pratico. Teora com'era, Teora com'è (compresa quindi la sua attuale condizione di rovina), vista come il principale elemento concreto, materiale di riferimento storico culturale destinato a indirizzare le scelte e nello stesso tempo a far crescere il progetto inteso come ricerca nel campo dell'architettura.
Condizioni e caratteri che sono visti, pertanto, nel presente lavoro di progettazione - insieme beninteso alle scelte politiche più generali, alle esigenze e alle necessità pratiche più immediate - come i soli concreti, reali dati razionali del progetto di ricostruzione.
A monte di questi dati razionali stanno, come già accennato, le più generali scelte di base, legate all'eccezionalità dell'intervento, alla condizione di emergenza e allo stato di fatto del paese e del suo territorio. Fra queste la più significativa, quella che più delle altre rappresenta il carattere eminentemente collettivo della ricostruzione di Teora, è la scelta, emersa fin dalle prime assemblee popolari indette dopo il sisma, di ricostruire Teora sul posto. Di ricostruire cioè l'abitato -per quanto consentito dai risultati delle indagini geologiche compiute e dalla consistenza del patrimonio edilizio esistente - nello stesso luogo in cui si trovava. Cioè a dire la volontà culturale e politica di rispecchiarsi nella propria storia e di volersi ancora identificare in questa stessa storia senza incertezze nella ricostruzione.
Questa scelta non facile - e tanto più coraggiosa perché lucida e consapevole nel clima di allarme e di fatalità seguito al terremoto - è in realtà anzitutto un preciso giudizio tecnico sulle cause della catastrofe subita, sui suoi micidiali effetti sul centro antico e sui modi per fronteggiare tali eventualità. Questa scelta ha avuto poi come logica conseguenza, proprio per il suo emergente carattere collettivo e ideale, la scelta parallela di destinare le aree edificabili del vecchio centro a uso prevalentemente collettivo. Una riappropriazione del luogo che esprime la continuità della vita collettiva, che incarna, per così dire, la nozione stessa di patria nel senso più diretto e progressivo del termine. Una scelta volta a negare nello stesso tempo, con decisione, ogni calcolo personale e ogni decisione individuale che non tenga conto del comune impegno a ricostruire anzitutto una riconoscibile sede comune.
A questi dati, destinati a orientare prevalentemente sul piano qualitativo e formale la progettazione architettonica del centro storico, vanno aggiunti i dati scientifici, quelli più oggettivi e neutrali, assolutamente indispensabili sul piano tecnico-operativo. In primo luogo la carta della microzonizzazione sismica, redatta in base alle ispezioni geo-morfologiche compiute sul territorio, che fissa le aree per l'edificazione in base a un indice di pericolo-sita sismica per le diverse zone delimitate sul territorio comunale. Uno strumento imprescindibile, un disegno neutrale e obbligato che va a sovrapporsi alla trama esistente.
E poi le ricerche avviate sull'edilizia antisismica, da cui trarre, nel lavoro di progetto, una normativa adeguata: distanze, altezze, tecniche costruttive ecc.
Infine, il dato quantitativo più generale, conferma del diritto stesso alla casa: l'impegno, in primo luogo politico, attuato attraverso strumenti idonei perché ogni casa distrutta e censita possa essere ricostruita o sul posto o in altro luogo adeguato. E anche la previsione dei relativi servizi: gli edifici di utilità e di uso pubblico di cui si diceva. Ai quali corrispondono, fin da ora, forme diverse e particolari di finanziamento. I contributi e le donazioni individuano, già con relativa precisione, la destinazione di alcuni di essi: come la casa per gli anziani e l'asilo nido, e poi il finanziamento per il restauro della congrega, il contributo previsto per la ricostruzione della chiesa madre ecc.
Si è detto dei due disegni sovrapposti: la traccia dell'edificazione antica, fitta e omogenea, e il disegno incurante, astratto che individua le aree edificabili rispetto a quelle a maggiore pericolosità sismica. Due segni senza un'apparente relazione fra loro.
Per quanto riguarda il centro antico tutta la zona di crinale compresa fra la chiesa madre e il castello (questi ultimi esclusi), giù fin quasi al corso, da un lato, e fino alla via Roma, dall'altro, è considerata zona ad alta pericolosità sismica. Circa un terzo del vecchio abitato non potrà essere ricostruito. La forma di Teora ne sarà profondamente modificata. Il suo profilo, un tempo continuo lungo la curva discendente e segnato solo dalle emergenze della chiesa e del castello, sarà caratterizzato principalmente da questa ampia interruzione.
Un segno indelebile nel cuore stesso del paese: testimonianza, ricordo, infine "monumento" nel senso più letterale della parola, fatto di pietre di poco sporgenti dal terreno, il selciato delle strade e delle scale, i brevi terrazzamenti, le grotte scavate nella roccia allineate contro il pendio.
Il progetto parte da questo indiscutibile dato di fatto: il centro storico non potrà più avere quella continuità edilizia che ne caratterizzava la forma precedente.
La ricostruzione non potrà avvenire che "per parti", per elementi distinti, individuati. L'interruzione sul crinale è troppo vasta e decisiva rispetto alla conformazione del vecchio paese: nella ricomposizione edilizia dell'abitato avrà anch'essa, come gli altri elementi di progetto, un suo ruolo definito. Le parti edilizie che comporranno il progetto definitivo faranno i conti anche con questo nuovo elemento, insolito, inaspettato. Altri diverranno gli equilibri. Un altro senso acquisterà nella composizione la separazione stessa degli elementi. Intervalli e differenze tipologiche acquisteranno nuova importanza. Una volta compiuta questa scelta per il progetto (del resto una scelta obbligata) non c'è che da attuarla con coerenza e chiarezza. Come ogni scelta, in sé, non è né buona né cattiva: è una scelta compositiva come altre e appartiene al patrimonio storico dell'architettura delle città. Semmai, è la sua condizione di necessità che la fa "buona"; e poi, naturalmente, il "come": cioè il come questa linea viene attuata.
È necessario, ad esempio, che l'affermazione di questo principio d'individuazione delle parti che compongono il progetto si accompagni a una marcata unità stilistica, architettonica (unità delle tecniche e degli elementi costruttivi, dei materiali ecc. fino agli elementi decorativi e di dettaglio) perché esse possano ricomporsi evidenti, stagliate sul profilo discontinuo del centro storico; e a tal fine è essenziale che la progettazione stessa delle parti sia un fatto assolutamente unitario.
La prima conseguenza di questa nuova forma di ricostruzione dell'abitato per parti è che anche la residenza, un tempo tessuto connettivo dell'edificazione, avrà una sua collocazione definita, sarà essa stessa un'emergenza, una parte compiuta come le altre, così come la nuova chiesa madre, così come il blocco edilizio del castello. La seconda conseguenza riguarda il riflesso di questa scelta sull'esistente, in particolare su quella parte del centro storico che, avendo subito solo danni di non grave entità, potrà essere interamente recuperata.
C'è, infatti, una parte, anche se ridotta e marginale, del vecchio centro che si è salvata dalla distruzione e con cui bisogna fare i conti (specie oltre la piazza Castello lungo la via Appia, così come all'inizio del corso verso la fontana dei Tarantini).
Esiste cioè, malgrado tutto, aperto nel progetto un problema architettonico ben definito: quello del rapporto diretto, concreto, fra "vecchio" e "nuovo".
Ora, di fronte a queste condizioni oggettive, l'eventualità di ricostruire anche parte dell'abitato distrutto "com'era/dov’era" si ripropone in modo più ampio e generale. Vi sono parti dell'edificazione antica di Teora (incluse nelle aree riedificabili) il cui valore di testimonianza rispetto alla cultura originale che le ha prodotte e mantenute finora è fuori discussione, ma la cui riproposizione è possibile soltanto se si applica il principio limite del "com'era/dov’era", tale è l'autenticità ma anche l'originalità e parti-colarità delle soluzioni edilizie. È questo il caso delle ripide salite trasversali aperte sul paesaggio (ad esempio via Sibilla); è questo il caso di parte dell'edificazione a monte del corso (per gli accostamenti e sovrapposizioni, per i caratteristici passaggi coperti, per gli elementi decorativi unitari ecc.).
Il progetto di ricostruzione del centro storico di Teora opera di conseguenza nelle tre direzioni indicate: 1. Restauro degli edifici solo parzialmente danneggiati (come i casi già indicati più sopra, come anche i gruppi di piccole abitazioni allineati in basso sotto l'abside della vecchia chiesa madre ecc.); 2. Ricostruzione "com'era/dov’era" di alcuni comparti edilizi interessanti per l'individuazione degli spazi urbani più significativi del vecchio centro (come la piazza Castello, il lato a monte del corso, la ripida via Sibilla di collegamento fra i primi due, parte della via Roma ecc.); 3. Riproposizione dei principali elementi costitutivi e d'individuazione del centro antico: edifici pubblici (chiesa madre e blocco edilizio del castello) e residenza (quartiere Pianistrello e edificazione a valle del corso), cui si aggiungono i nuovi edifici per l'assistenza (asilo nido, casa per anziani ecc.) e l'unità residenziale sulla via Roma.
Per quanto riguarda i punti 1 e 2, il lavoro di progetto prevede la stesura di una serie di elaborati grafici alle diverse scale (redatti in base a documenti d'archivio, rilievi, catasti, fotografie ecc.) in grado di restituire con sicurezza tutti gli edifici previsti "com'erano", con particolare attenzione ai volumi originali, alla partitura delle fronti, agli elementi e ai particolari costruttivi e decorativi, ai materiali ecc.
Per quanto riguarda, invece, il punto 3, relativo alla nuova edificazione, il lavoro di progetto individua il principale elemento generatore e regolatore delle scelte architettoniche relative anzitutto nel dialogo e nel confronto con la struttura edilizia esistente "com'era", com'è e come prevista nella restituzione del progetto stesso, oltre che con le aree libere (in generale tutta la conformazione naturale del suolo), con gli spazi pubblici, le strade e le piazze, gli slarghi, le scale ecc., i quali vengono conservati nel loro assetto originario, fatte salve quelle rettifiche che sono necessarie al buon uso degli stessi. Nello stesso tempo il lavoro di progetto, come già accennato del resto, trova il suo obiettivo funzionale prioritario nella riproposizione dei principali elementi collettivi del centro storico, oltre che di parte dell'edificazione residenziale, individuata quest’ultima in due diverse aree d'intervento, quella di Pianistrello e quella adiacente alla via Roma.