PARETI UMANE
Un condominio degli anni ‘60 di una ex periferia romana è lo scenario all’interno del quale si muove la narrazione. Un docu/racconto di cinque minuti raccoglie il contributo di sei famiglie portate, forse per la prima volta, a riflettere sul rapporto che hanno costruito con gli spazi che abitano; dalla contingenza ai desiderata, si costruisce una impalcatura emozionale sorprendentemente spontanea dove il luogo dei ricordi si sposa con lo scorrere del tempo all’interno di uno spazio. Lo scopo del progetto di ricerca è quello di stimolare, attraverso una serie di domande poste agli abitanti che vivono in appartamenti ugualmente configurati, una riflessione sullo spazio come generatore di consuetudine, capace di viziare le abitudini, spesso in maniera inconsapevole. La collazione di queste riflessioni definisce i confini all’interno dei quali si muove l’architetto ed il suo lavoro, aiutando a scardinare alcuni automatismi, smussando/riducendo e a volte eliminando la visione corrente, figlia di un “consueto” rassicurante, spesso non funzionale e spontaneo ma assimilato al punto da sembrare naturale. La configurazione degli spazi modifica le abitudini migliorando la condizione dell’esistenza quotidiana.