VISIONI
Beatrice e Gianpaolo li ho conosciuti in una calda giornata di luglio, dopo aver salito i 144 gradini che collegano la casa posta sulle pendici delle mura vaticane alla valle sottostante. Avevamo sbagliato ingresso.
Ci siamo seduti per terra in corrispondenza dell’attuale cucina, come dei vecchi amici, e abbiamo iniziato una conversazione raccontandoci esigenze da una parte, e le prime riflessioni a caldo, dall’altra.
Il progetto, frutto di un concorso con altri colleghi per la definizione dell’incarico, si è sviluppato per corrispondenza, non essendo la committenza in Italia, metabolizzando soluzioni di cui restano le tracce di una scrittura che non è quindi esclusivamente visiva, ma che contiene in nuce le ragioni delle scelte che hanno poi determinato la configurazione della casa.
Un dialogo stimolante con committenti illuminati, accordando, nel senso proprio del termine, una correlazione di idee talmente affini, che a tratti mi sembrava di parlare a me stesso.
Beatrice aveva le idee molto chiare ed è stata un’esperienza unica partecipare alla ricerca di arredi, materiali e sapori, condividendo una bacheca di immagini su Pinterest, l’accampamentino, come lei lo ha definito.
In diverse occasioni ho rilevato l’importanza dell’aspetto percettivo dello spazio, amplificabile per mezzo del grado di relazione con l’esterno, ed anche in questo caso il primo suggerimento è stato quello di prevedere l’ampliamento della superficie finestrata di facciata.
Nel caso specifico, a dispetto delle piccole finestre che incorniciavano episodi di un paesaggio più vasto, l’idea progettuale ha privilegiato un’esposizione della zona giorno su tre lati, a vantaggio del panorama che spazia dal Parco Regionale Urbano del Pineto, alla Riserva Naturale di Monte Mario, fino alle Mura Vaticane, consentendo di percepire tutto il percorso del sole, dall’alba al tramonto, quando i riflessi tingono le algide pareti della casa di un caloroso rosso porpora.
Ben cinque superfici trasparenti insistono sullo spazio del soggiorno ed in particolare tre di queste sono a tutta larghezza e, se non fosse per la presenza dei pilastri, sarebbero divenute un’unica lastra omogenea.
Non si tratta più di ampliare una superficie finestrata ma di lasciare libera la vista di spaziare fin dove lo sguardo si perde.
Centralmente ad esse la parete di ambito punta verso la zona notte e, rafforzata dal monolite della panca, diviene lo spartiacque visivo tra la zona del soggiorno e la cucina, definendo un cannocchiale prospettico verso il paesaggio.
Il perno di questa visione è uno spazio centrale che determina, a livello funzionale, una zona ibrida semipubblica in cui si mescolano le funzioni di un piccolo studio e della “cabine d’essayage”, dove sono degli objet trouvé, come la scaletta della Tubes, o un vecchio sgabello, a dare un senso di multidisciplinarità a questo spazio.
Il varco di accesso a ridosso della porta d’ingresso, consente di rendere privata questa zona ma al tempo stesso comunicante con il soggiorno, determinando un asse di percorrenza che si conclude nella porta finestra che guarda a Sud-Est, verso le mura vaticane.
Una grande panca è il leit motiv della zona giorno e divide, fisicamente ma non percettivamente, lo spazio della cucina/pranzo da quello del soggiorno.
Un catalizzatore sociale di quasi 10,00 ml di lunghezza (assecondando le richieste della committenza di avere uno spazio che potesse accogliere, in occasione di cene di rappresentanza, almeno venti persone sedute), diventa lo spunto per organizzare la zona video e per dare un senso di autonomia alla zona pranzo, che si affranca da quella propriamente operativa della cucina in quanto consente uno sbilanciamento della posizione del tavolo, che si aggancia praticamente su di essa, evitando che galleggi nel relativo spazio di risulta, decentralizzandolo.
La posizione del tavolo favorisce anche il canale di accesso alla terrazza che risulta completamente sgombro quando la porta è aperta e consente una relazione totale con essa, tanto da lasciare immaginare che il piano della cucina possa proseguire al di fuori della sua linea di confine.
Il senso di divisione tra il soggiorno e la cucina è enfatizzato anche dalla proiezione delle travi che si è scelto di mantenere a vista e dalla vetrata in ferro e vetro che al tempo stesso, insieme alla finitura “iron” della panca, conferiscono un sapore industriale fortemente ricercato dalla committenza, in un ambiente che accoglie una extraterritorialità, coerentemente con le personalità ed il lavoro dei proprietari, che si muove tra la decorazione di sapore orientale, al mobile da erborista cinese, all’evanescenza di un loft londinese.
Al centro un camino al bioetanolo, la cui fiamma si intravede attraverso la vetrata apribile, addolcisce gli spigoli contemporanei e riporta un senso di calore nella casa, il focolare domestico.
La cucina si affranca dal peso dei pensili consentendo di lasciare libera la linea del piano operativo, estraniandolo simbolicamente dalla sua funzione.
Il piano cottura, sul quale insiste la cappa a filo, risulta centrato sulla parete grazie alla nicchia nella quale sfila il piano, conferendo un senso di continuità a quest’ultimo.
La parete è rivestita esclusivamente in questo tratto con lastre di gres porcellanato laminato, rigorosamente bianche.
Il lavello a filo è centrato in corrispondenza della finestra (la quinta), apribile grazie all’utilizzo del rubinetto abbattibile Kyo della Geda.
Le posizioni gerarchiche degli elettrodomestici, hanno comportato un approfondito studio del passo delle casse, tutte organizzate con cestoni estraibili.
La colonna frigo-forno-dispensa chiude la composizione ed avanza rispetto alla fine del piano in granito bocciardato che sfila al di là di questa.
L’illuminazione della zona operativa è multipla, con linee Led a ridosso dell’intersezione tra il piano verticale ed orizzontale, e con faretti in gesso a scomparsa.
Scenari multipli ma anche episodi puntuali sono enfatizzati dalla sospensione AIM della Flos sulla zona pranzo, dalle lampade da terra Stick, della Catellani o la Sampei, di Davide Groppi nella zona giorno, o la parentesi, sempre per Flos, nello spogliatoio.
Tra arredi esistenti, l’impianto a tutt’aria realizzato con la tecnologia “airzone”, le lastre di gres porcellanato laminato con finitura a spacco di cava, le porte invisibili a tutt’altezza, le lame di vetro, le docce a filo pavimento, il lavabo industriale della Moab, il tema della piega, gli accessi multipli agli ambienti, i tappeti materici della pavimentazione, tutto concorre alla definizione di uno spazio dove le vie di fuga garantiscono una sensazione di profondità, dove tutto è percorso.
Lo spazio ampio del soggiorno e quello sartoriale della zona notte, dove tutto è calibrato al centimetro, sono cuciti a terra per mezzo di un parquet di noce nazionale nostalgicamente posato a spina ungherese, valorizzando la connessione longitudinale, a sua volta accentuata dalla relazione tra la cucina e la terrazza che per mezzo delle ampie vetrate condivide, all’esterno, lo spazio del living, ancora una volta, amplificandone i contenuti.