La Dignità Della Memoria
"Depresso incipit iam tu miei taurus aratro ingemere, et sulco attritus splendescere vomer"
"Cominci allora, l’aratro affondato, il bue a gemere, a splendere il vomere nell’antro del solco"
Virgilio - Georgiche
"Il quotidiano è privo di quella carica di utopia che è necessaria per far architettura; è invece il mito, il mito di Trieste, il mito del Neoclassico, il mito di Venezia, che ci spinge a lavorare come architetti, o come artisti“.
L.Semerani
Questo Progetto è Manifesto; si pone in antitesi rispetto all’impostazione del concorso e alle sue futili priorità; luso del multimediale, la tristissima e metodica catalogazione cronologica dei reperti e la spasmodica salvaguardia della stessa materia allontanano sempre più lo sguardo dello stupore per l’immensità della citta romana; di Aquileia oggi non rimane che una labile traccia, le vestigia senza corpo di un impero.
È qui che nasce l`idea del Cenotafio come necessità di dare una tomba ai morti non sepolti, altrimenti destinati a vagare come anime in pena tra le stanze asettiche dei musei cittadini o ammassate in quelle che possiamo definire discariche di pietra; è questione di dignità, è questione di rispetto.
CENOTAPHIUM
Il progetto si allontana dal reale se per reale intendiamo lo sguardo scontato e superficiale del mondo, soprattutto di quello contemporaneo Nulla è visibile in superficie; lo scorrere dell’acqua nei canali scandisce il silente passaggio del tempo e la forma non risuona eloquente nel paesaggio (come avviene per i progetti in concorso); solo uneco di un mondo sommerso riecheggia dalle viscere della terra (pozzo di luce al centro dell giardino della domus romana).
All'interno dell'antico fienile che si trova ai margini dell’ampio piazzale antistante la chiesa, il viaggiatore incontra quello che è il cardine verticale del progetto; sedici rampe scendono vorticosamete e lo introducono nella grande aula. E lepifania dell’inaspettato, è il Cenotafio della città. All’interno di essa 18 urne alte 10 metri contengono le spoglie delle antiche vestigia; il visitatore si perde tra esse con riverenza angosciata, sfiorando gli spigoli taglienti delle alte torri, ferme-immobili-austere fino ad arrivare allentrata di un lungo tunnel che porta nello spazio che coincide in superficie con la Domus romana; la luce naturale, il vuoto, i rumori della città sono lunica relazione temporale nell’atemporalità del progetto. Dallaula princioale si risale ad un livello intermedio mediante rampe rigorosamente simmetriche; si lambiscono le 10 urne perimetrali stabilendo un nuovo rapporto con lo spazio fino ad arrivare alla diagonale, lunico asse che spezza lortognoalità e la rigidezza del cardo e del decumano; il collegamento diacronico riporta direttamente alla basilica, in cui lo scalpiccio degli zoccoli di lunghe masse di turisti tumefatti dalla bellezza del presente si propaga al di sopra delle tessere mosaicate. Allora si esce, nel bagliore del giorno.