La città nella città
Expo dopo Expo
Scuole di architettura italiane per Milano
Università di Catania - SDS di Architettura di Siracusa
L’idea del progetto nasce come presa di coscienza delle difficoltà oggettive di oltrepassare le autostrade, i relativi raccordi in quota (ponti, viadotti) e la ferrovia.
La relazione con l’intorno più prossimo è ulteriormente negata dal fatto che, ad esclusione del nucleo residenziale costituito dalle torri di Cascina Merlata a Sud (verso cui viene mantenuto l’esistente collegamento pedonale in quota), il resto delle aree limitrofe è occupato da capannoni industriali e da attrezzature introverse come l’enorme polo fieristico, il grande Cimitero e il centro di reclusione (carcere di Bollate).
La visibilità da grandi distanze (per la scala territoriale dell’intervento la topografia pianeggiante), la riflessione sulla percezione del futuro edificato (a velocità elevate, viaggiando in auto o in treno) e lo sprawl urbano dell’intorno hanno, infine, suggerito di dar forma ad una cittadella turrita, anch’essa introversa, compatta all’esterno (in modo dar rispondere al bisogno di riconoscibilità e, al tempo stesso, limitare il consumo di suolo), ma permeabile ed articolata all’interno (così da permettere ad un programma funzionale variegato di organizzare il costruito senza negare la fisiologica complessità propria della città a misura d’uomo, restituendo spazi di vita pubblica diversificati).
La logica compositiva dell’intervento è stata, così, quella di immaginare l’edificazione per fasi successive di cinque grandi isolati con funzioni miste - disegnati a partire dalla griglia costituita dai lotti che ospitavano i padiglioni e gli spazi pertinenziali dismessi — , in ognuno dei quali è tuttavia prevalente una destinazione d’uso principale.
Un campus universitario che ospiti i dipartimenti scientifici e tecnologici, residenze sociali, residenze per studenti, docenti ed ospiti del campus, un polo produttivo legato agli aspetti applicati delle nuove tecnologie e spazi di co-working, in cui poter sperimentare nuove e più dirette sinergie tra ricerca universitaria ed applicazioni pratiche.
Il fine è quello di concentrare, in un nuovo pezzo di città, residenza, studio, sperimentazione e produzione definendo così un unicum plausibile grazie alla presenza di connessioni veloci e dirette col resto della città e col sistema trasportistico intermodale.
I blocchi instaurano delle precise relazioni, formali e di programma, tra loro e con le preesistenze, mantenute e riqualificate come attrezzature collettive e spazi pubblici (teatro all’aperto, padiglione Italia, padiglione Zero e cascina Triulza).
Il bordo dell’edificato è compatto; affiancato da una fascia erbosa in declivio, che lo separa dell’esistente viabilità anulare di servizio, esso ospita parcheggi pubblici e privati lungo il perimetro esterno degli edifici. Gli spazi aperti interni risultano, così, interamente pedonalizzati.
Lo scavo per costruire e realizzare i garage sotterranei restituisce una cubatura di terra che viene re-immessa nel ciclo del processo edilizio con la realizzazione delle scarpate alla base dell’edificio - murazione. Il costruito nasce quasi per estrusione dal terreno, di cui conserva le tracce al piede ed in sommità.
Vengono dunque eliminati i canali d’acqua per aprire, piuttosto, la cortina edilizia (frastagliata ed articolata su livelli via via più bassi) sul grande spazio pubblico - verde o inerbito - ricavato dilatando e smagliando il cardo ed il decumano, assi strutturanti del vecchio impianto, qui ancora presenti come vuoti, ma non più riconoscibili come assi.
In risposta ai vincoli imposti dal Comune, oltre metà dell’area viene destinata a verde e housing (residenze sociali o alloggi a servizio del campus universitario); al commercio (ubicato ai livelli terra e primo ed in diretta comunicazione con la viabilità esterna) vengono affiancati uffici, attività ricettive, servizi pubblici ed attrezzature, in modo da comporre un mix d’attività distribuite lungo l’intero arco temporale giornaliero.
La massa costruita viene forata in verticale - grazie ad ampie corti dal carattere pubblico e semi-pubblico - ed in orizzontale - attraverso strade-corridoio scavate nei volumi che garantiscono le connessioni dando vita a spazi pubblici di natura più intima.
La cortina muraria costituisce un elemento di accumulo passivo nel ritardare la dispersione termica. Il sistema di terrazze con altezze variabili orientate a sud funziona da catalizzatore di luce e calore solare; i cortili interni e i cavedi, nella parte più densa del progetto, assicurano la ventilazione. I tetti piani e praticabili, nella maggior parte concepiti come tetti-giardino, diventano parte fondante di un landscape artificiale, in cui la varietà di spazi verdi permette di ritrovare luoghi per il tempo libero e orti.
Le coperture praticabili aumentano le esperienze visive, consentono di volgere sguardi sull’intorno e stabilire contatti visivi con altre realtà urbane nel territorio.
Sette torri punteggiano il basamento compatto, contribuendo a definire - col ricorso al mattone come materiale predominante - l’immagine impattante di una città-fortezza contemporanea, nuovo simbolo di Milano e metafora di un futuro di solida e produttiva cooperazione.