SANTA GIULIA - MUSEO DELLA CITTA'
Con l’incarico per il progetto di allestimento del Museo della Città, la Direzione dei Civici Musei d’Arte e Storia affidava nel 1997 agli architetti Giovanni Tortelli e Roberto Frassoni il compito di valutare, sulla base degli studi preliminari già esistenti e del lavoro svolto dalle Commissioni Scientifiche, le reali potenzialità espositive degli spazi a disposizione, di migliorare la fluidità dei percorsi per il pubblico, di incrementare la superficie dedicata ai servizi di accoglienza, e, in seguito, di avviare il restauro delle emergenze monumentali di Santa Maria in Solario, della cripta di San Salvatore e della chiesa di Santa Giulia.
L’impegno si presentava gravoso, sia per l’enorme quantità di materiali accumulati nei depositi museali, sia per la complessa articolazione degli ambienti destinati ad esporli, costruiti in epoche diverse e privi dei collegamenti originari, già in gran parte recuperati dal punto di vista architettonico con soluzioni non sempre adeguate, sia per la ricerca di un metodo e di un sistema espositivo, di inequivocabile espressione contemporanea, da impiegare lungo tutto il percorso museale individuato.
Le soluzioni progettuali sono state formulate con la stretta collaborazione dei curatori scientifici attraverso un’attenta analisi del sito, della sua storia, del rapporto che poteva e doveva essere instaurato tra i reperti, l’architettura destinata ad ospitarli e la città che li aveva prodotti e restituiti.
L’approfondita conoscenza dei materiali inoltre, molti dei quali individuati in corso d’opera o trovati in situ durante i lavori di restauro, ha consentito di trovare loro la giusta collocazione, evidenziandone il valore artistico, storico, documentario e la funzione formativa e pedagogica.
Se allestire uno spazio costruito quindi significa comprenderne e trasformarne il volume per renderlo fruibile secondo un nuovo percorso narrativo, operando contemporaneamente un lavoro di lettura, di riscrittura, di montaggio e di comunicazione, il Museo di Santa Giulia, luogo di sosta e di conoscenza, di flusso continuo tra memoria e futuro, può considerarsi un esempio con cui confrontarsi.
Nell’ex monastero desideriano sono stati recuperati, studiati, restaurati ed esposti migliaia di frammenti, in gran parte lapidei, restituiti dalla città in modi e tempi diversi, con caratteristiche fisiche, materiche e dimensionali tra loro molto disomogenee. Proprio la loro condizione di eterogeneità e di frammentarietà li accomuna e li lega indissolubilmente alla città storica, altrettanto eterogenea e frammentaria, di cui divengono testimonianza e chiave di lettura.
Tra i frammenti è stato necessario mettere ordine, interpretarli e trovare, per esporli, un unico e riconoscibile linguaggio che sapesse aiutare il visitatore a leggerli e a comprenderli, declinandone l’origine, i materiali e le funzioni o esaltandone le caratteristiche fisiche.
Sulla disposizione dei frammenti e sulla loro leggibilità è quindi strutturato il sistema di comunicazione del Museo dove viene sempre esplicitata la relazione univoca che lega i reperti alla città, consentendo di riconoscerli secondo la loro valenza storica e di interpretarli in termini di contemporaneità.
I reperti sono soprattutto di pietra come in gran parte di pietra è la città: questa condizione ha contribuito all’individuazione delle soluzioni progettuali che hanno determinato le scelte espressive dell’allestimento, creando un contatto mutuato dalla storia e dalla tradizione dove le due “città di pietra”, quella costruita e quella allestita, pur possedendo apparentemente destini e funzioni diversi, diventano una complementare all’altra.
E’ quindi la città che ha suggerito di impiegare l’arenaria grigia di Sarnico (basamenti, fondali ) e l’acciaio verniciato ( supporti, strutture, paratie, pannelli); di Sarnico sono infatti le pavimentazioni di strade, piazze, androni, cortili e di acciaio (e per l’acciaio) sono i grandi impianti industriali delle periferie
Acciaio e pietra sono materiali forti, in grado di sostenere fisicamente il peso delle opere e di definire un sostanziale equilibrio tra le soluzioni espositive e l’oggetto.
Acciaio e pietra sono materiali essenziali, poveri, che bene si rapportano, per differenza, con i marmi pregiati, i preziosi metalli o le superfici policrome dei reperti esposti.
Anche le vetrine, dotate delle più aggiornate tecnologie per garantire la conservazione dei reperti, sono progettate e considerate come oggetti del percorso museale e come tali si rapportano allo spazio architettonico. L’allestimento interno viene definito con le stesse regole che declinano il lessico generale, di cui recuperano fedelmente, ad altra scala, lo spirito, le soluzioni, i materiali.
Il continuo rimando dalla parte al tutto, dal frammento al suo contesto, dalla città antica alla città di oggi, emerge come motivo ispiratore anche del progetto di musealizzazione delle Domus romane “dell'Ortaglia”.
La nuova addizione architettonica all’ex complesso monastico, rapportata con essenziale geometria al delicato contesto ambientale, esterna ed amplifica il linguaggio dell’allestimento museale, denunciando chiaramente la sua funzione.
All’interno, fortemente caratterizzato dall’uniformità materica e cromatica di pareti e soffitti in acciaio, un percorso sopraelevato di affaccio sui resti archeologici è integrato a spazi più ampi, destinati all’esposizione di piccoli reperti ed alla didattica.
L’attenta collocazione delle opere, il colore, i materiali, la luce, orientano e guidano il visitatore attraverso un racconto espositivo reso ancor più eloquente da puntuali elaborazioni grafiche, la cui composizione è determinata dagli stessi principi progettuali dell’allestimento.
Il sistema di comunicazione della conoscenza del Museo vuole allenare quindi al cambio di scala, alla lettura della pluralità dei riferimenti, insegnare soprattutto a considerare il Museo e la città in continua evoluzione, uno immagine dell’altro.