MUSEO ARCHEOLOGICO DI SAN LORENZO
Oggetto da tempo di un vivace dibattito culturale sulle possibili destinazioni d’uso, il recupero dell’ex basilica San Lorenzo, lungo un tratto urbano della via Postumia, rappresenta la prima tappa di un programma ambizioso che la città di Cremona intende attuare per dotarsi di un grande museo archeologico.
La vocazione museale dell’edificio, da molti già evidenziata per la restituzione di importanti testimonianze di epoca romana nelle adiacenze, è stata ulteriormente rafforzata dalle indagini archeologiche effettuate all’interno, che hanno messo in luce i resti di monumentali architetture tardoantiche ed altomedievali, eleggendolo quindi, di fatto, a luogo di riflessione sul divenire continuo della città. A ciò ha contribuito un paziente lavoro di restauro, con la conservazione dei segni ancora leggibili della sua evoluzione architettonica e dei molti aggiornamenti stilistici, riscattandolo da quasi due secoli di degrado devastante e di spolio.
La consistenza e la varietà dei materiali archeologici rinvenuti in varie campagne di scavo nella città e nel territorio hanno imposto il progetto di un percorso museale articolato, da attuare per gradi, coinvolgendo, oltre alla chiesa, gli immobili adiacenti e i vuoti delle demolizioni ottocentesche.
Il primo lotto è stato però determinante per definire il metodo di lavoro, valutare il ruolo dell’allestimento, fissarne il carattere ed il linguaggio e vagliare soprattutto il modo di favorire il rapporto tra archeologia e contemporaneità, agevolando, senza gratuite spettacolarizzazioni, la comprensione della valenza dei reperti.
Alcuni, di grandi dimensioni, come i magnifici mosaici policromi, richiedevano infatti viste lunghe e ampio respiro per poter essere colti dal visitatore nella loro piena ricchezza; altri invece, molto minuti, eterogenei e frammentari, richiedevano possibilità di confronto e messa in luce di dettagli raffinati.
Si è avviato quindi un processo di approfondimento progettuale attraverso la ricerca di un linguaggio pulito, sottratto degli elementi non ritenuti necessari, e attento ai rapporti spaziali ed al recupero di ricorrenze della nuda architettura romanica, che mostra l’evidenza di passi modulari e di forti spinte ascensionali.
Da qui è nato il disegno dei grandi diaframmi espositivi, quasi come exultet medievali, che sottolineando le viste prospettiche delle navate e le fughe delle colonne, inducono il visitatore ad un percorso ritmato, sottolineato dalla luce, dai severi materiali dell’allestimento (arenaria grigia e ferro naturale cerato), e dalle composizioni di grafica (didattica, scientifica ed evocativa) stampate, a diversa scala, direttamente sui fondali metallici.