Dall’esterno si presenta come una delle tipiche case per i ferrovieri realizzate a Milano, in regime di edilizia economica, fra il 1920 e il 1924.
In realtà l’edificio è stato oggetto di un intervento di ristrutturazione radicale che in due anni di cantiere l’ha trasformato sia dal punto di vista strutturale che da quello distributivo. Dell’originaria struttura è stato mantenuto solamente l’involucro murario con le relative aperture mentre tutto il resto, fondamenta, copertura, solai, cappotto interno, impiantistica e distribuzione interna, è stato realizzato ex novo. La volumetria totale è rimasta invariata, mentre la superficie calpestabile è aumentata di 60 mq grazie al nuovo posizionamento dei solai, delle scale e al recupero del sottotetto. Da casa popolare a villa di città con giardino di pertinenza, all’interno di un villaggio anni ‘20 in zona Città Studi a Milano.
Da residenza per una famiglia numerosa ad abitazione per un single, riprogettata sulle sue specifiche esigenze utilizzando un sofisticato impianto di domotica e secondo gli standard della certificazione energetica CENED per la Classe B.
“Lo sviluppo in verticale dell’abitazione ci ha offerto la possibilità di realizzare uno dei nostri sogni di architetti: uno dei sistemi di scale delle costruzioni impossibili di Escher. E il committente si è lasciato attrarre da questo sogno! Abbiamo svuotato l’interno affinché lo spazio potesse espandersi in orizzontale e in verticale e abbiamo creato un nucleo centrale, autonomo dal punto di vista strutturale e avulso dal contesto storico esistente, che si snoda su cinque piani ognuno dei quali servito da due scale fra loro indipendenti, posizionate lungo i muri portanti longitudinali” spiega Luca Aureggi. Le scale a una sola rampa e di larghezza contenuta (80 cm) consentono il collegamento dal piano interrato al piano quarto (zona fitness, zona pranzo-cucina, soggiorno, camera da letto, studio) non in modo continuo bensì alternato. E’ un percorso a zig-zag che implica l’attraversamento trasversale del singolo piano, privo di elementi divisori (open space). “L’abitazione è concepita come un loft verticale a percorrenza obbligatoria dove perdersi e ritrovarsi diventa un gioco. E il senso di smarrimento che ne consegue amplifica la percezione dello spazio”.
Tutti i materiali utilizzati concorrono a creare una spazialità fluida che si espande fino alla terrazza e al giardino. Il rapporto con l’esterno è favorito da queste proiezioni verdi che contestualizzano l’edificio all’interno della realtà conviviale e “paesana” che lo circonda, decisamente atipica per una grande città. E’ come ritrovarsi all’interno di un hortus conclusus d’atmosfera palermitana, città natale del proprietario. Dalla porta d’ingresso ci si ritrova catapultati nella lunga prospettiva della zona pranzo-cucina a vista-giardino. Da qui inizia l’ascesa verticale attraverso le diverse scale, compresse fra i muri portanti longitudinali e la struttura del nucleo centrale. Le dimensioni ridotte delle rampe vengono bilanciate dalla larghezza della zona di sbarco, una parte del piano attraverso la quale è necessario passare per accedere alla successiva rampa di scale. E così si sale fino alla zona studio ricavata nell’ex sottotetto. Nulla intralcia la rincorsa verso l’alto o la discesa verso la zona fitness. I pochi arredi, perlopiù vintage, sono di altezza contenuta e non esistono porte e armadi. Piani e scale formano un’unica entità strutturale e materica grazie anche al medesimo rivestimento in doghe di legno. Ma sono i tanti dettagli su progetto, la scelta di materiali e finiture ad hoc, la continua ricerca di dilatare lo spazio in 3D che rendono grande questa casa di soli 200 metri quadrati.