Evocazione e Memoria: un Nuovo Museo per l'Acropoli di Atene
Affrontare una riflessione progettuale che abbia per oggetto l’Acropoli di Atene equivale ad accostarsi allo studio di un luogo emblematico che nel corso dei secoli ha rappresentato non solo un unicum dal punto di vista architettonico e
paesaggistico, ma anche un simbolo universale della storia della civiltà. Il progetto si pone in continuità con le stratificazioni del sito archeologico, fornendo un nuovo confronto con il monumento ed una nuova, chiara, lettura della storia del sito.
Nel tentativo di sviluppare in maniera consapevole un progetto per un sito di tale rilevanza storica e culturale abbiamo ritenuto opportuno individuare attraverso un’indagine preliminare alcuni temi fondamentali che potessero configurarsi come valide matrici progettuali.
Il primo di questi temi è stato lo studio delle relazioni visive tra i monumenti che da secoli si stagliano sul piano della collina sacra di Atene: il Partenone, i
Propilei, l’Eretteo, protagonisti sulla scena dell’Acropoli, non andrebbero infatti considerati singolarmente come oggetti isolati nello spazio, ma al contrario
come parte di un sistema di elementi legati fra loro da un insieme di regole che ne hanno determinato nell’antichità la posizione e gli allineamenti reciproci. Come dimostrato dagli studi di Constantinos Doxiadis, alla base della pianificazione urbana nell’antica Grecia vi era un sistema di coordinate polari che regolava le relazioni fra gli edifici più importanti. Elemento determinante nella progettazione era il punto di vista umano, in particolare quello che si aveva nella prima e più importante posizione da cui un intero sito
poteva essere osservato: solitamente l’ingresso principale, che nel caso dell’Acropoli è rappresentato dai Propilei. Riprendendo le analisi di Doxiadis, il primo approccio al progetto è stato dunque lo studio delle visuali: tracciando le linee rette che idealmente congiungono l’occhio dell’osservatore con l’oggetto osservato, è possibile riscontrare come le radiali che partono dal punto di osservazione privilegiato determinino la posizione di tre spigoli di ogni edificio, così che ognuno di essi si offra alla vista non frontalmente, ma di tre quarti; le direttrici individuano tra loro precisi angoli di 30⁰, 60⁰ e 90⁰.
Le considerazioni sulle polarità esistenti non possono tuttavia prescindere dagli elementi che nel corso della storia si sono aggiunti agli edifici originari, e che definiscono oggi insieme ad essi la geografia dell’Acropoli: primo in ordine di costruzione il tempietto monoptero dedicato alla dea Roma e a Cesare Sebastos, sorto in epoca romana a est del Partenone; altro elemento estraneo all’antica logica insediativa ma ormai parte integrante del paesaggio architettonico è la terrazza poligonale a ridosso delle mura orientali, frutto dei restauri novecenteschi della torre costruita dai Franchi nel XIV secolo per la difesa dell’Acropoli e oggi privilegiato punto di osservazione panoramico.
In corrispondenza dell’angolo sud est dell’acropoli si è identificato un punto di osservazione privilegiato da cui far partire una nuova serie di assi visivi che congiungendosi alle polarità esistenti secondo gli angoli prestabiliti si integrano nel sistema di coordinate polari che regolano i rapporti tra i monumenti antichi.
Altro tema fondamentale nell’approccio al progetto è stato lo studio della stratificazione archeologica: l’area dell’Acropoli ha visto sedimentarsi nel corso dei secoli le tracce delle varie epoche che ne hanno segnato il volto, e risulta caratterizzata dalla presenza di un palinsesto di elementi eterogenei appartenenti a differenti soglie storiche sovrapposte le une alle altre.
Accanto alle tracce visibili del passato si è poi scelto di prendere in considerazione la soglia immateriale rappresentata dal progetto elaborato da Schinkel per la reggia di Otto I sull’Acropoli, che pur non essendosi mai concretizzato in un’architettura fisica può essere ugualmente considerato con la propria presenza ideale come un ulteriore livello di stratificazione.
Un altro tema imprenscindibile è stato individuato nell’idea di scavo e modellazione del suolo: la porzione sud-orientale dell’Acropoli ha visto alternarsi fasi di escavazione del terreno e di successivi riempimenti
iniziate con la Colmata Persiana del V secolo a.C. e proseguite fino alle campagne di scavo ottocentesche, a cui fa seguito la costruzione del Vecchio
Museo dell’Acropoli che ancora oggi riempie col proprio volume lo scavo nel terreno a ridosso delle mura.Il progetto si propone di tradurre le suggestioni evidenziate dall’analisi preliminare in un insieme di interventi che prevedono la sistemazione dei percorsi e del suolo dell’Acropoli e la realizzazione di un Museo che sostituisca quello attualmente chiuso e rimasto inutilizzato.
L’attuale conformazione del suolo dell’Acropoli rappresenta l’ultima fase di una serie di trasformazioni che nel tempo ne hanno mutato più volte l’aspetto; il progetto si propone di recuperare i principi della sistemazione del suolo voluta da Pericle nel V sec. a.C., che prevedeva una serie di terrazzamenti con la
duplice funzione di costituire dei podi per gli edifici sacri definendo allo stesso tempo l’andamento dei percorsi. Attraverso puntuali modellazioni del terreno è
dunque ribadita una gerarchia delle percorrenze che asseconda gli assi visuali privilegiati. Alla matrice organizzativa di impronta classica si sovrappone
poi un nuovo ordine di percorsi che tenta di recuperere parzialmente la logica distributiva espressa dal progetto di Schinkel: il progetto neoclassico conferma in parte le direttrici principali dell’Acropoli antica, e vi aggiunge una trama di assi minori che indirizzano i tracciati nella parte orientale della collina. L’area a ridosso delle mura meridionali viene individuata come sede privilegiata per la creazione di nuovi spazi museali che si sviluppano in ipogeo, assumendo la lettura della stratificazione archeologica come principio fondativo.
La demolizione del museo esistente con la conseguente riscoperta della quota
archeologica attualmente nascosta diviene il punto di partenza per condurre un’operazione di scavo più estesa, mirata a riportare alla luce le tracce di edificazioni risalenti all’età micenea, arcaica e classica, rese di nuovo leggibili nella loro progressiva sovrapposizione. Unico elemento del progetto a emergere in superficie è il volume di ingresso al Museo, che si colloca presso lo spigolo formato dal muro est e dal bastione sud della rocca, in un punto individuato come nuova polarità del sistema di coordinate che regolano le relazioni visive tra i monumenti dell’Acropoli.
La rilevanza dell’angolo sud-est come punto privilegiato per l’ubicazione di un elemento architettonico a sviluppo verticale sembra confermato dal confronto col progetto di Schinkel, che proprio in corrispondenza di questo angolo immagina una torre circolare che funga da collegamento tra l’ala est e l’ala sud del palazzo reale; se il diametro della rotonda schinkeliana è assunto come riferimento per il dimensionamento planimetrico del volume di progetto, a suggerirne la definizione formale è stata invece una riflessione sul carattere emblematico della colonna classica come archetipo dell’elemento architettonico ad andamento verticale: in una logica allusiva dalla forte valenza simbolica il rocchio delle colonne doriche del Partenone viene individuato come modello su cui costruire a scala maggiore la pianta e il prospetto dell’edificio, secondo un principio basato sulla figura retorica della sineddoche estesa al lessico dell’architettura.
Il volume si configura come unico elemento del nuovo Museo a superare in altezza la linea delle mura meridionali dell’Acropoli, e intesse una relazione volumetrica con il tempietto monoptero di età romana per il quale si immagina un intervento di anastilosi volto a ricomporne il volume. L’edificio ospita al piano terra una sala circolare dedicata all’esposizione di disegni e modelli che illustrano il progetto di Schinkel per la reggia di Otto I; un ascensore al centro della pianta ricalca il profilo del foro quadrangolare che accoglie il perno di unione fra un rocchio e l’altro delle colonne, e funge da collegamento verticale tra i diversi livelli della struttura. Salendo al piano superiore è possibile accedere a un belvedere da cui avere una visuale sopraelevata dell’Acropoli; scendendo invece al livello inferiore ci si trova negli spazi ipogei del Museo.
Questi sono posti a quote progressivamente più alte man mano che si snoda il percorso espositivo: il principio alla base dell’organizzazione spaziale prevede infatti che si parta dal livello inferiore, corrispondente alla quota archeologica dei resti di età micenea, per poi proseguire nel percorso guadagnando progressivamente la quota corrispondente alla soglia dell’età arcaica e infine il livello di quella classica. Gli spazi dedicati all’esposizione dei reperti di età micenea si affacciano sul grande scavo lasciato a cielo aperto che accogli i frammenti del muro perimetrale più antico, anch’esso miceneo; il percorso prosegue con a possibilità di visitare gli spazi del santuario di Pandione riportati alla luce, che si inseriscono nella parte museale dedicata all’età arcaica; proseguendo nella visita si incontra il basamento del Partenone di epoca classica, già svelato dalle campagne di scavo ottocentesche; lo costeggiano una serie di ambienti che espongono reperti coevi e che conducono alle scale terminali con cui è possibile riguadagnare la quota attuale del suolo dell’acropoli.