La mia Casa all'Elba
Casa-come-me ma anche come la natura e il contesto fisico hanno voluto che fosse.
La prima architettura 'vera' realizzata da Pettena, iniziata in questi anni ma in realtà sempre in divenire, è stata come tante opere concettuali precedenti condizionata dal suo rapporto con il contesto fisico, con la materia e la lavorazione dello spazio. Le pietre usate, per esempio, sono quelle dei muretti di contenimento degli antichi filari di viti del golfo ora abbandonati, oppure sono ciottoli della spiaggia su cui il terreno si affaccia. E poi i recinti e le tettoie di canne, così come tutti i piccoli dettagli e le idee di architettura che già esistevano in quel contesto e hanno solamente trovato una fisicizzazione manuale nell'organizzare i piccoli riti dell'abitare.
Dice Pettena che "l'importante era stare lì, spenderci del tempo e capire quali sono le regole che già la natura o le preesistenze dettavano". E' dunque il rapporto con il contesto, il mare e la macchia mediterranea, a suggerire come procedere: tutto quello che diventa strutturazione concettuale è in fondo un ricordo, una lontana memoria di strategie distributive di uso del 'luogo'. Dunque la casa coincide in realtà con l'intera proprietà, mentre il costruito è solo il blocco dei servizi e tutto il terreno si specializza secondo funzioni di uso che non hanno una tradizionale strutturazione distributiva.
Negli anni la casa ha poi subito alcune trasformazioni. Un amico che vi ha abitato recentemente l'ha definita 'un villaggio': infatti la casa si è andata progressivamente definendo come una sequenza di spazi connessi da percorsi, come per l'appunto in un villaggio. Continua cioè a crescere quasi come un villaggio primitivo, per intenzioni, per organizzazioni successive di spazi che si definiscono e che si collegano gli uni agli altri.