Fondato nel dicembre del 1966 da Adolfo Natalini e Cristiano Toraldo di Francia, raggiunti poi da Gian Piero Frassinelli, i fratelli Roberto e Alessandro Magris e Alessandro Poli, Superstudio è stato tra i gruppi più influenti della scena mondiale delle neo-avanguardie degli anni ’60 e ’70. Nella Firenze ancora invasa dal fango dell’alluvione, dai banchi di un’università agli albori della contestazione, Superstudio avvia il suo percorso di ricerca incentrato sul significato dell’architettura nell’epoca della «società dello spettacolo», nelle sue molteplici forme di rappresentazione.
Superstudio 50 raccoglie e presenta cronologicamente e analiticamente le installazioni, gli oggetti, i disegni, i fotomontaggi insieme alle stampe, alle pubblicazioni e ad una serie di film realizzati dal Superstudio tra il ’66 e la fine degli anni ’70. In una sorta di viaggio di formazione autobiografico, il Superstudio attinge agli immaginari del proprio tempo: la pittura pop di Adolfo Natalini, la fotografia di Cristiano Toraldo di Francia, gli interessi per l’antropologia di Gian Piero Frassinelli. Rifiutando un generico approccio interdisciplinare, il gruppo propone un allargamento di campo e un ripensamento radicale dell’architettura e del design, sostituendo al tradizionale immaginario domestico un universo di oggetti stranianti e visioni distopiche.
Nella mostra fondativa Superarchitettura (1966), realizzata a Pistoia insieme ad Archizoom, gli oggetti perdono i riferimenti funzionali e potenziano la loro carica figurativa per offrirsi insieme come «cose e immagini delle cose». Proponendo un «disegno unico» privo di ridondanze estetiche e ridotto ai suoi elementi essenziali, gli Istogrammi d’architettura (1969) e i mobili della serie Misura (1969-70), svelano invece come ogni ricerca di oggetti definitivi – l’utopia della modernità – sia destinata fisiologicamente al fallimento. Per contro Il Monumento Continuo (1969) e Le dodici Città Ideali (1971) sono deliberate utopie negative, espedienti retorici attraverso cui dimostrare ad absurdum le possibilità e i limiti dell’architettura come strumento critico della società moderna. Nel 1972 Superstudio partecipa alla celebre mostra Italy. The New Domestic Landscape al MoMA di New York, dando avvio ad un programma di film dedicati a quelli che definiscono Gli Atti Fondamentali: Vita, Educazione, Cerimonia, Amore, Morte (1972-73). I film rappresentano il più ambizioso tentativo di affrontare la relazione fra vita e progetto, da un lato proponendo una radicale rifondazione antropologica e filosofica dell’architettura, dall’altro liberando le energie individuali in una nuova, conclusiva fase del Superstudio, all’insegna della didattica e della professionalità. (Gabriele Mastrigli)
Superarchitettura
Si ricordi che «è la poesia che fa abitare», e che la vita si svolge non solo in scatole ermetiche per piccole vite parallele, ma anche nelle città e nelle auto, nei supermarket, nei cinematografi, sulle autostrade... E un oggetto può essere un’avventura dello spazio, o un oggetto di culto e venerazione, e diventare un nodo luminoso di relazioni... Così il design d’evasione vuol costituire un’ipotesi di introduzione di corpi estranei nel sistema: oggetti col maggior numero possibile di proprietà sensoriali (cromatiche, tattili ecc.), carichi di figuratività e immagini, nell’intento di destare l’attenzione, di richiamare l’interesse, di costituire una dimostrazione e di ispirare azioni e comportamenti. ( 1967 )
Un viaggio nelle regioni della ragione
Il nostro lavoro si è sempre svolto per inventari e cataloghi, e forse l’unico lavoro oggi possibile è l’autobiografia come progetto di vita. Dal ’65 al ’68 abbiamo lavorato con la convinzione che l’architettura fosse un mezzo per cambiare il mondo. I progetti erano l’ipotesi di trasformazioni fisiche, erano modi di ipotizzare qualità e quantità diverse. Questi progetti sono stati raccolti nel primo catalogo: Un viaggio nelle regioni della ragione. Un viaggio come ‘Pilgrim’s Progress’, o guida per giovani architetti, attraverso l’architettura dei monumenti, l’architettura delle immagini, l’architettura tecnomorfa, l’architettura della ragione... ( 1969 )
Istogrammi d’architettura
Tra il ’68 e il ’69 abbiamo iniziato ad interessarci di trasposizioni e metamorfosi: l’architettura cessava di essere uno «specifico», perdeva i suoi connotati di «scala» per diventare una progettazione astratta di entità platoniche, neutrali e disponibili. Preparammo un catalogo di diagrammi tridimensionali non-continui, un catalogo d’istogrammi d’architettura con riferimento a un reticolo trasportabile in aree o scale diverse per l’edificazione di una natura serena e immobile in cui finalmente riconoscersi. Dal catalogo degli istogrammi sono stati in seguito generati senza sforzo oggetti, mobili, environment, architetture. Gli Istogrammi erano anche chiamati Le Tombe degli Architetti. ( 1969 )
Un catalogo di Ville
Progettare una villa è un problema inesistente: l’architettura moderna ha già risolto tutti i problemi relativi e d’altronde ne è già stata ampiamente dimostrata l’assurdità economica, sociale e funzionale. Comunque rimane una delle rare occasioni di «fare architettura». Così, rifiutandoci di pensare ai problemi particolari dei clienti o alla salvazione dell’anima, e cercando di pensare solo a una vita serena e ad una felice costruzione intesa come minuscola parte del «sistema dell’architettura», abbiamo compilato Un catalogo di Ville. Il catalogo comprende quattro serie di sei ville l’una: A. Ville suburbane, B. Ville al mare, C. Ville in montagna, D. Grandi ville italiane. ( 1968/70 )
Il Monumento Continuo
Crediamo in un futuro di architettura ritrovata, in un futuro in cui l’architettura riprenda i suoi pieni poteri abbandonando ogni sua ambigua designazione e ponendosi come unica alternativa alla natura. Nel binomio natura naturans e natura naturata scegliamo il secondo termine. Eliminando miraggi e fate morgane di architetture spontanee, architetture della sensibilità, architetture senza architetti, architetture biologiche e fantastiche, ci dirigiamo verso il «monumento continuo»: un’architettura tutta egualmente emergente in un unico ambiente continuo: la terra resa omogenea dalla tecnica, dalla cultura e da tutti gli altri imperialismi. ( 1969 )
La serie Misura
Mobili e oggetti in legno rivestiti in laminato plastico stampato PRINT. La particolarità del disegno consiste nel presentarsi omogeneo ed isotropo su tutta la superficie, così da poter essere messo in opera secondo le tre direzioni cartesiane principali. (...) Ci interessano solo «mobili mentali»: oggetti cioè da tenere davanti come uno specchio, cose da toccare, da guardare da vicino e da lontano come esorcismi contro la confusione e il consumo ingiustificato. Ci interessano mobili per la calma e la serenità, pietre costitutive di una natura calma e immobile in cui finalmente riconoscerci. ( 1969 )
Architettura didattica
Tra il ’70 e il ’71 abbiamo intrapreso a produrre progetti didattici, discorsi critici sull’architettura, abbiamo usato l’architettura come autocritica, cercando di indagarne i meccanismi promozionali e i modi di lavoro. Sono progetti didattici L’architettura riflessa, Le dodici Città Ideali, i Salvataggi dei centri storici italiani e alcuni concorsi. ( 1970/71 )
Le dodici Città Ideali
Dodici (più una) descrizioni di città che rappresentano altrettanti processi di tendenza dell’urbanistica e dell’architettura. Una serie di racconti (di fantasia, di fantascienza, dell’orrore) premonitori delle angosce che attendono i fiduciosi assertori della scienza della città. Pubblicate su innumerevoli riviste di architettura (finora hanno totalizzato traduzioni in nove lingue diverse) hanno costituito un reattivo mentale per innumerevoli archimaniaci. Gregotti ha parlato di terrorismo religioso. C’è anche chi le ha prese sul serio (col Monumento Continuo). Peggio per loro. ( 1971 )
Salvataggi di centri storici italiani
Il solo salvataggio è ancora una volta la distruzione, la sterilizzazione totale di quell’organismo che, nato per essere la casa dell’uomo, ne è diventato prigione ed infine sepolcro... Solo uscendo dalla città e dimenticandola definitivamente l’uomo potrà sottrarre la propria vista all’angusta prigione delle mura ed aprirla ai grandi orizzonti... ( 1972 )
Gli Atti Fondamentali
I grandi temi, i temi fondamentali della nostra vita, non sono mai toccati dall’architettura. L’architettura se ne sta ai margini, ed interviene solo ad un certo punto del processo di relazione, quando di solito tutto il comportamento è già stato codificato, fornendo risposte a problemi rigidamente posti. Diviene allora un atto di coerenza, o un ultimo tentativo di salvezza, concentrarsi sulla ridefinizione degli atti primari, ed esaminare in prima istanza quali sono le relazioni tra l’architettura e tali atti: Vita, Educazione, Cerimonia, Amore, Morte. ( 1971/73 )
Dall’architettura all’uomo
Vengono analizzati oggetti d’uso semplici, processi di trasformazione autogestiti (come l’agricoltura e l’artigianato) e le culture materiali extraurbane, come campi d’indagine. Il metodo antropologico viene usato come strumento di analisi e d’interpretazione. La sperimentazione diretta (il fare come pensare), la manualità, l’uso ed il comportamento vengono usati come strumenti di riappropriazione personale e dell’ambiente. (1978)
La moglie di Lot
Una struttura metallica zincata, simile a un tavolo, sorregge cinque piccole architetture di sale in altrettante vasche di zinco. L’acqua scorre lentamente in un tubo da fleboclisi e scendendo goccia a goccia sulla prima architettura di sale la scioglie. L’architettura sta al tempo come il sale sta all’acqua. Le architetture di sale, sciogliendosi, rivelano al loro interno oggetti che rappresentano ciò in cui il tempo le ha trasformate. ( 1978 )
Dentro il Superstudio
Quando si producevano i progetti e le immagini, gli scritti e gli oggetti dell’«architettura radicale», l’architettura radicale non esisteva. Ora che questa etichetta esiste, l’architettura radicale non esiste più. In altre parole, non si trattava di un ennesimo movimento o scuola con caratteri omogenei ben definiti, ma di una serie di situazioni, intenzioni e comportamenti. ( 1977 )
Al limite tra progetto e performance, il lavoro del Superstudio è stato sempre caratterizzato da una dialettica, intensa e dichiarata, tra l’oggetto e la sua rappresentazione. «I miti della società prendono forma nelle immagini che la società produce», dichiarano già agli esordi della Superarchitettura, nel 1966. Processo creativo in continuo divenire più che prodotto finito, Dentro il Superstudio presenta l’attività del gruppo vista nel suo farsi attraverso la documentazione fotografica di Cristiano Toraldo di Francia, i manifesti e le pubblicazioni disegnati dal Superstudio per promuovere e non di rado dare forma ai propri progetti e la ricerca fotografica di Stefano Graziani sull’archivio Superstudio, traccia concreta e uncut del metodo di lavoro del gruppo. Infine il documentario di Matteo Giacomelli dà voce ai protagonisti di questa vicenda mentre i lavori dei video-maker Hironaka & Suib [e Rene Daalder] ne dimostano l’attualità e la freschezza del pensiero.