XXI Triennale di Milano. he Absence of Presence
Project developed with the support of Antolini for the "Stanze. Altre filosofie dell'abitare" exhibition curated by Beppe Finessi and organized by Salone del Mobile within the framework of the XXI Triennale. From April 12th to September 12th 2016.
Nella gestione degli spazi interni il nostro tempo si dibatte in alternative dicotomiche tra pieno e vuoto, mostrare e celare, ovvero tra presenza e assenza. La casa infatti non è solo una machine à habiter, ma anche il teatro della nostra quotidianità. In questo rapporto duale si cela il “nervo scoperto” del progetto del XXI secolo. La machine à habiter prevede una perfetta distribuzione, condizioni climatiche attentamente valutate e capienti sistemi di arredi fissi, mentre il “teatro della quotidianità” propone lo show off di oggetti e materiali che dimostrano i risultati raggiunti in termini economici e di cultura: dal televisore a grande schermo al quadro d’autore, da un ragguardevole numero di libri al salotto buono ancora ricoperto con la plastica, dalla vasca idromassaggio alle finiture ottonate, dalla cucina iper-tecnologica al mega divano. In ogni epoca gli individui hanno attribuito ad oggetti diversi e peculiari uno specifico “potere di rappresentazione”. Ecco dunque la necessità, nell’affrontare un “nuovo modello abitativo”, di analizzare il valore delle “assenze”.
Non si tratta più infatti di modificare le “presenze” in termini di gusto e di cultura, ma di costruire un ambiente da vivere realmente come “assenza”. In esso la “presenza” tornerà, in un secondo tempo, trasformata in un’esperienza da attivare in “solitaria”, dentro zone ben circoscritte. La nostra ipotesi quindi non solo valorizza in chiave estetica il concetto di vuoto, ma prende anche spunto dalle differenti strutture di “famiglia contemporanea”. Famiglie, ad esempio, composte da individui ormai tutti adulti che, per necessità, rimangono a vivere insieme oppure da persone non parenti che si trovano nel bisogno di dividere uno spazio. In questi nuclei ciascun individuo necessita di ricreare una propria intimità, un proprio racconto, una propria “tenda monoposto”. Ragionando in termini puramente architettonici possiamo collegare la tematica affrontata ai lavori di due anticipatori quali Gio Ponti (basti citare la “Casa adatta”, a Eurodomus 3, 1970) e Joe Colombo (in particolare la seconda versione dell’appartamento in via Argelati a Milano, nel 1970).
Dal punto di vista della costruzione dello spazio, in particolare nell’iconico abbinamento di materiali lapidei e materiali tessili, è stato invece imprescindibile il riferimento al Mies van der Rohe del padiglione di Barcellona, 1929, e della villa Farnsworth, 1950.
Entrando ora nello specifico del progetto realizzato ecco dunque che, una volta varcata la soglia della grande stanza, ci si trova di fronte ad uno spazio vuoto, abitato unicamente dalla materia, scelta con attenzione al fine da essere auto-espressiva (dai preziosi marmi a pavimento, ai gesso scanalato a parete), e contraddistinto da tre grandi tende circolari in velluto. Scostando il pesante tessuto si viene innanzitutto investiti da un’ondata di chiarore (a differenza che all’esterno, ove prevale la cromia dei materiali, l’interno è luminosamente bianco) e si scoprono quindi tre situazioni micro-ambientali. Il primo micro-ambiente presenta un arredo tipologicamente a cavallo tra l’appendiabiti per ingresso e l’attrezzatura di una cabina armadio: nelle case contemporanee infatti, pur risultando sensibilmente ridotto lo spazio, comunque non si rinuncia ad una iconicità dei luoghi dello spogliarsi e del rivestirsi.
Il secondo micro-ambiente è destinato al pranzo: accade di frequente che l’individuo-abitante consumi il pasto da solo e questo porta a frantumare l’unitarietà del tavolo tradizionale, che fa riferimento, attraverso la simmetria dei posti a tavola, alla convivialità, per proporre una tipologia “esplosa” ove contemporaneamente possono essere svolte attività differenti: si consuma un boccone, ma si controllano anche i devices e si contemplano pochi sceltissimi oggetti. Il terzo micro-ambiente è l’unico che prevede il rapporto inter-personale inteso come relazione trans-generazionale: un adulto e un bambino prendono posto sulla sedia per essi specificatamente progettata e scelgono, dalla piccola biblioteca verticale dedicata ai libri di formazione, un volume da leggere insieme. In questo senso dunque il nostro modello abitativo, se da un lato riconosce i cambiamenti, e persino le difficoltà, della vita odierna all’interno della casa, dall’altro si apre verso il futuro lasciando intendere come un simbolico rapporto di vicinanza tra generazioni differenti (genitore-figlio, docente-discente) possa costituire il nucleo per una ri-partenza sociale e morale.