casa pietrina
Dopo aver girato il mondo per piacere, per studio e per lavoro, un crooner romano definisce nelle vicinanze di San Pietro la nuova abitazione da dividere con la compagna.
Le finestre dell’appartamento appena acquistato prospettano sul campanile di Santa Maria delle Grazie alle Fornaci, tipico esempio di quella sovrapposizione di stili che caratterizza nei vari cicli di restauro, modifica o ampliamento, gran parte del tessuto storico di Roma.
All’originale impianto del XV secolo fu aggiunta infatti nel ‘700 la facciata e quindi nel 1950 il campanile, che con i suoi rintocchi ritma con il fascino di altri tempi il passare della giornata.
Poche e semplici le richieste eccedenti il necessario rinnovo delle finiture e della dotazione impiantistica: definire un secondo bagno e attribuire all’abitazione i caratteri di una potenziale struttura ricettiva, atta nel caso a ospitare coppie di amici in transito a Roma, magari per un concerto o una veloce jam-session serale.
Il sax e la voce sono gli strumenti del Committente, amante del jazz e più in generale di tutte le discipline artistiche, amante del viaggio, della scoperta, assetato di conoscere ma anche amante delle cose semplici, della natura, della buona cucina, di una vita salutare coltivata soprattutto nella piccola seconda casa al mare, nella bassa Maremma, o con il frequente uso della bicicletta quale mezzo di locomozione.
E’ così che tra trasferte, concerti, un giro in canoa o una sciata sulle Alpi, prende forma il progetto: in termini spaziali l’intervento architettonico è minimo e individua da subito nel grande ingresso corridoio (memoria di un lusso antico che dedicava spazio e agio a un luogo oggi troppo spesso considerato inutile) la zona dove ricavare il nuovo bagno.
Questo viene ritratto volutamente come un vero e proprio intruso, un volume avulso per giacitura e finitura dal resto dell’abitazione, ‘galleggiante’ ─ grazie al piccolo ‘scuretto’ utilizzato a mo’ di battiscopa ─ sulla calda pavimentazione in parquet di rovere posato a spina ungherese, staccato dal soffitto a lasciar leggere la naturale geometria delle cornici in gesso che lo perimetrano e rivestito da una differente pelle, un parato a disegno macroscopico basato su di un’onda bianca (ancora l’eco di qualche nota?) su un fondo color tortora.
All’interno del volume trovano spazio un pratico ripostiglio e il nuovo bagno.
Questo rimescola antichi e nuovi sapori, recuperando la pavimentazione in marmette di graniglia smontata da una delle camere e che disegna ora qui un tappeto geometrico bianco-nero, su cui si aggiungono attorno ai toni del grigio un discreto mosaico in tessere di pasta di vetro e il lavabo in ceramica smaltata ancora in grigio; un comodo piatto doccia e la coppia di sanitari completano la dotazione.
Per il resto la casa rispetta lo schema distributivo originale, che prevedeva raggiungibili dal corridoio centrale: il soggiorno, la cucina, due camere da letto e un altro bagno.
L’intervento di progetto ha solo praticato l’apertura di un piccolo varco sulla spina muraria centrale, a mettere in comunicazione visiva diretta il soggiorno con la cucina, altrimenti collegati mediante un percorso a chicane.
Un parquet di rovere posato a spina ungherese pavimenta tutta la casa, fatta eccezione per i bagni, dove rivestimenti in marmo di carrara satinato o le graniglie già descritte, si sostituiscono a questo.
Alcuni complementi di recupero, specchi consolle, orologi, ecc. si alternano a pezzi di design dell’attuale produzione industriale, in un calibrato mix di sapori e materiali in cui moderno e antico giocano una piacevole partita di rimandi, citazioni e sfiori di masse architettoniche, sempre armonizzati però come le manciate di note o con cui il proprietario riesce a fasciarti nei suoi ‘assoli’.