Piazza alla Scala è un luogo denso di storia e rappresenta un centro nevralgico nel tessuto urbano che, nella città contemporanea, deve rispondere ad una complessità di esigenze che spaziano dalla sua identificazione come centro culturale, turistico, luogo di smistamento di flussi pedonali, veicolari, pubblici e privati, oltre a rappresentare la piazza civica, nata dalle trasformazioni del tessuto medioevale che diviene “pubblica” seguendo la matrice illuminista di pianificazione urbanistica coniugando un tema centrale che sarà comune a tutte le piazze europee dell’Ottocento.
Queste esigenze vedono coesistere l’aspetto che impropriamente definisco privato della piazza, in quanto legato alla vita cittadina, ai suoi ritmi e alla sua partecipazione con le funzioni che essa sottende, e quello pubblico, legato alla presenza di turisti, con i suoi flussi che interferiscono, volenti o nolenti, con gli altri.
Per questa, e altre ragioni, la piazza rappresenta quindi una cerniera densa di dicotomie, tra statico e dinamico, pubblico e privato, lento e veloce, stare e passeggiare.
L’idea progettuale punta da una parte a risolvere i problemi urbanistici, relativamente alle connessioni che definiscono le nuove direzioni, che poi non sono altre che quelle spontanee, come la trasversale verso la galleria Vittorio Emanuele II, e dall’altra a rafforzare le relazioni tra la piazza e gli edifici che la delimitano nell’immediato contesto e, come riflesso, nel circuito culturale esteso all’intera città.
La prima scelta è stata quella di ripensare lo spazio attualmente centralizzato, definente quattro sottospazi che non offrono alcuna gerarchia funzionale nei confronti degli edifici che la delimitano, offrendo uno luogo neutro, tendente al quadrato, che si presta a tutte le configurazioni possibili, dal mercatino natalizio a luogo di incontro o per manifestazioni.
Questo è tagliato da una diagonale che spontaneamente connette il corso, Via Alessandro Manzoni e tutte le sue trasversali alla moda, a Piazza Duomo, lasciandosi incantare dal passaggio coperto della Galleria Vittorio Emanuele II.
Ai bordi vengono invece posizionate, a definizione del volume vuoto, le funzioni legate allo stare.
La scala! Prima di tutto.
Sul lato verso Palazzo Marino è stata inserita una gradonata che guarda il Teatro alla Scala che, oltre a identificarsi come luogo della convivialità, isola la funzione civica, mitigando il rapporto con la “piazza turistica” ed esaltandone la funzione attraverso il podio che si impenna verso la punta, mentre scema ai bordi fondendosi con il piano inclinato in lastroni di pietra.
Verso le Gallerie d’Italia, la piazza si apre completamente, favorendo una mobilità dolce, protetta ed alla stessa quota. La carreggiata è ripensata unica, a due corsie, confermando le intenzioni dell’allegato di progetto per la pista ciclabile, con corsia preferenziale, ma la dinamica di utilizzo può contemplare, e far coesistere, i due sensi di marcia.
Il lato verso la strada risulta protetto dal traffico da un’isola verde con un boschetto che offre un ulteriore luogo di sosta ma anche un piacevole riparo dal sole del Sud.
Il Teatro alla Scala risulta apparentemente penalizzato dall’intersezione stradale, ma la scelta urbanistica punta a rafforzare le altre relazioni che non potranno che influire di riflesso anche sul potenziamento del suo ruolo, iniziando dalla valorizzazione dello spazio della caffetteria, “la Milano da bere” che amplifica la sua piattaforma e garantisce un riparo dal sole da Ovest.
Del resto, nonostante il ruolo simbolico che sottende, il suo uso è estremamente puntuale essendo legato alle rappresentazioni liriche, insomma non ci si entra e esce a piacimento.
Ad Est è il Palazzo Civico che, invece, ombreggia la “scala”, garantendo una circolarità di utilizzo dello spazio statico coerentemente con il movimento del sole nel cielo.
I campi funzionali che disegnano la piazza, sono definiti dalle scelte materiche d’ispirazione locale, che confermano i lastroni per i percorsi di bordo, e il riuso della stessa pavimentazione in porfido, che viene quindi recuperata.
Le scelte spaziali, dicevamo, rafforzano anche le relazioni tra la piazza e gli edifici.
Questi al piano terra, pubblico, si proiettano tutti come espansioni della piazza al coperto, grazie alla permeabilità con lo spazio aperto. Gli 8.000 mq espositivi delle Gallerie d’Italia, il Cortile d’Onore e le mostre temporanee ospitate nel palazzo, il Palazzo della Ragioneria e le sue potenzialità di sviluppo promosse da parte dell’amministrazione, ispirano uno stiramento dei confini fisici a favore di un ampliamento radiale che esprime, come rappresentato dal gruppo scultore di Leonardo, la visione culturale unitaria e globale della città.
Questo, insieme ai lampioni liberty, disegnano le ombre di un passato fortemente radicato, ma proiettato verso esigenze sicuramente modificabili nel tempo.
Dalla piazza la visuale è completamente libera ed a 360°, con i suoi 300 ml di seduta e 4.000 mq di spazio aperto, guarda tutta la sua storia fissata nella pietra degli edifici che la rappresentano.