Ciò che si salverà non sarà mai quello che abbiamo tenuto al riparo dai tempi, ma ciò che abbiamo lasciato mutare perchè ridiventasse se stesso in un tempo nuovo.
La complessità del paesaggio è probabilmente la prima chiave di lettura della proposta. Il progetto, insistendo nel punto nevralgico dove la complessità della città e della natura si incontrano definendo di fatto un terzo paesaggio nuovo, inedito e perennemente in mutazione, si inserisce in questa logica di evoluzione prendendo parte al processo di cambiamento e restituendone l’equilibrio perduto. Nella capacità del paesaggio di saper assorbire ed essere assorbito si manifesta quindi la sua attitudine alla trasformazione.
L’obiettivo è di interrogarsi su come la naturale repulsione all’innesto di una nuova architettura, in un contesto consolidato, possa in realtà essere frutto di una riflessione sul tema dell’ibridazione urbana e delle logiche metamorfosi intelligenti di ogni territorio.
Cura del territorio quindi. E’questa la naturale funzione di una protesi urbana: sostituire attraverso un dispositivo artificiale una parte del paesaggio mancante o integrarne una danneggiata, attivando una strategia che vede partecipe l'architettura alla complessità del mondo che la circonda.
La seconda chiave di lettura è legata alla memoria. E in questo senso il Nuovo Ponte riveste il ruolo, oltre che di protesi urbana, di protesi sociale, riscoprendo conseguentemente quello più antico e nobile di responsabilità civile nei confronti della città.
In questo caso specifico, prima della memoria storica è la memoria collettiva a chiedere di essere ascoltata. E a questa richiesta è evidente che l’architettura contemporanea non può sottrarsi. Si instaura così un prezioso, ma non per questo facile, dialogo con la dimensione del ricordo, dalla quale ne risulta una nuova architettura, evocativa, che non cede tuttavia alla tentazione di essere rievocativa. Nella sottilissima ma affilatissima differenza tra i due approcci risiede la dignità, il rispetto e la custodia della dimensione del ricordo.
La memoria storica racconta di un manufatto antico e di pregio. Otto campate in muratura e altrettante pile. L’alluvione ne ha lasciato solo qualche traccia. Il progetto agisce anche nel tentativo di attivare un dialogo con la preesistenza. Questa volta il rapporto si fa più secco e incisivo. Il nuovo ponte vuole inserirsi all’interno della vigorosa tradizione dei ponti in muratura della Città, dal Ponte Romano al suo sostituto “Ponte di Mezzo”, fino a quello dei Carrettieri ad esso adiacente. L’operazione concettuale che ne deriva è quella di un’astrazione, una sorta di regressione archetipica della struttura del ponte tradizionale.
L’idea dello “svestire violento” la struttura del Nuovo Ponte introduce tematiche legate alle economie del progetto contemporaneo. Economie non solo finanziarie, di gestione, di utilizzo e di sostenibilità ma anche sociali e concettuali. Questa logica apre lo scenario stimolante e innovativo di un architettura non semplice o minimale ma essenziale e necessaria.
Partendo da questi principi culturali, il design del nuovo ponte che insiste sul sedime del preesistente “Ponte delle Acque”, è stato concepito a partire da due idee piuttosto semplici: da una parte l'uso di un sistema costruttivo basato sull'immagine dell'arco teso tra le due rive, sistema che convince tanto per la sua intuitività - figurativa e statica - quanto per la sua efficienza del raccordare le diverse altezze di sponda; dall'altra parte l'idea di costruire un ponte in "conci", nell'intento di conferire al progetto un preciso aspetto materico legato al suo contesto. Gli elementi modulari e prefabbricati in cemento descrivono angoli di curvatura minimi: nonostante la singola rigidezza, disegnano una curva lieve, tesa, assimilabile ad un unico elemento inflesso.
L'idea è che, riabbracciando la memoria del vecchio “Ponte delle Acque”, che in origine non presentava alcuna protezione laterale, i pedoni percorrano la nuova struttura direttamente sull'estradosso dell'arco, calpestando contemporaneamente la struttura, il ponte e l'infrastruttura che sono sinteticamente condensati in un unico elemento.
Il principale obiettivo del progetto è la ricerca di una misura, di un proporzionamento, a stemperare il confronto con una condizione così delicata: a partire da un sistema elementare per inserire il ponte senza clamore nel suo contesto, si rinuncia ad ogni spettacolarità, sia essa formale o strutturale.
Il sistema minimo è rappresentato dalla misura del concio: un solo elemento, di cemento pigmentato (5 tonalità differenti di terra) di 4m x 1m x 1,5m. E' strutturato in modo da includere al suo interno tutti i dispositivi strutturali, impiantistici, illuminotecnici e di protezione necessari al ponte. Lateralmente al percorso ciclopedonale la sezione presenta inoltre due vasche di verde e fiori con la volontà, oltre che per far da eco al paesaggio circostante, di intercettare la suggestiva immagine dei ponti urbani fioriti della città.
Solo un elemento rompe piacevolmente il ritmo serrato della geometria: si è immaginata una grande scultura/monumento installata sull'impalcato verso monte. Una sorta di presenza a guardia della città e del quartiere, un immagine orientata verso gli Appennini da dove era arrivata la piena dell'autunno 2014.
All'imbrunire il Nuovo Ponte si illumina grazie all'illuminazione LED installata tra un concio ed un altro. Il ponte perde la sua presenza materica per diventare solo un disegno ritmico, un tratteggio armonioso, una sottolineatura discreta di luce all'interno della notte della città. Sull'estradosso invece, in corrispondenza del passaggio ciclo pedonale saranno previsti corpi illuminanti a raso e integrati nel parapetto a segnare l'andamento del percorso.