Nuovo Tempio Socrem - il Cimitero Monumentale di Pavia
"Le persone non muoiono immediatamente, ma rimangono immerse in una sorta di aura di vita che non ha alcuna relazione con la vera immortalità, ma attraverso le quali continuano ad occupare i nostri pensieri nello stesso modo di quando erano vivi." (Marcel Proust)
Un’architettura per un tempio cinerario è un luogo il cui limite non si figura in una e sola caratteristica fisica. L’edificio, elemento di per sé terrestre, materico, occupa una sua superficie, si mostra al contesto circostante e con esso dialoga. La sua impronta è il limite tra sé e il tutto, ed è un limite finito.
Allo stesso tempo l’edificio, custode delle ceneri dei defunti, rappresenta l’avamposto verso l’aldilà. La composizione del suo spazio deve prefigurarsi di accogliere il dialogo tra la vita e la morte, tra qualcuno qui e qualcosa altrove e questo è un limite (verso l’) infinito. Il limite in questo progetto è ricercato nel monolite, ben definito, riconoscibile, che si rapporta con il contesto, ma è anche un segno che, facente parte della composizione del disegno dell’architettura, costruisce un legame simbologico tra il qui e un altrove.
Non essendo dedicato ad una religione in particolare o, perfino, svincolato da ogni credo, il progetto nega una simbologia religiosa specifica e ricerca altresì nelle forme pure la composizione di uno spazio che mette in stretto rapporto terra e cielo, geometrie archetipe legate a questo sodalizio fin dall’antichità. Un quadrato esterno crea il limite con il quale il tempio si confronta con la terra, un cerchio interno crea il limite con cui il tempio dialoga con il cielo, con chiunque altrove.