Il progetto interno mette in scena la scala ambigua del progetto. Attraverso la rappresentazione di alcune ambientazioni assolute dell’abitare, esplora il rapporto tra interno ed esterno, design e paesaggio, architettura e travestimento. Alcuni gusci poligonali tutti identici e sospesi nello spazio, custodiscono al loro interno delle rappresentazioni in scala di architetture e paesaggi immaginari. Lo spettatore ha una prima esperienza alla scala dell’oggetto, osservando i solidi dall’esterno. Ma inserendo il capo all’interno dei poliedri inizia una duplice esperienza.
La prima attiva, gli consente di immergersi totalmete nella rappresentazione e osservare a distanza ravvicinata gli ambienti custoditi nei gusci. La seconda esperienza, passiva, vede lo spettatore che con il capo inserito in uno dei gusci, sembra indossare una enorme maschera e diventa esso stesso spettacolo per altri osservatori.
Here is the perfect human moving / Look at him now / And now / Look at him all the time // The perfect human can move in a room / The room is boundless and radiant with light / It is an empty room / Here are no boundaries / Here is nothing // The perfect human in a room with no boundaries / And nothing // Today, too, I experienced something / I hope to understand in a few days // Around my left hand was shiningm / A ring of hazy with flames // Why is fortune so capricious? / Why is joy so quickly gone? // Why did you leave me? / Why are you gone? // Very very delicius
Jørgen Leth, Det perfekte menneske, 1967
Design team: Francesco Librizzi, Sebastiano Conti Gallenti, Gabriele Negro
Curator: Sara Resnati
Client: Wiborowa