NUOVO TEMPIO SOCREM
Il nuovo cinerario, collocato all’interno del cimitero monumentale di Pavia, in un luogo ricco di architetture e memorie, deve perseguire l’obiettivo di inserirsi con discrezione nel panorama architettonico storico creando un dialogo con esso. La marcata orizzontalità del progetto contribuisce al suo inserimento armonico nel contesto senza scontrarsi con esso.
Il tempio si presenta allo sguardo del visitatore come un blocco monolitico che fa da quinta uniforme alle cappelle private che ne perimetrano l’area. La figura chiusa del parallelepipedo che occupa per interno il lotto destinatole, risulta sospesa da terra. Unico elemento a rompere la rigidità dello schema è la porta con arco a tutto sesto. Un piccolo corridoio è il filtro tra i due ambienti, l'interno e l'esterno. Da questo spazio di transizione si entra nel vero e proprio cinerario. Al rigore esterno del muro corrisponde l’estrema varietà interna; una successione di stanze, ambienti concatenati tra loro, in cui l’atto individuale della preghiera è raccolto nella stanza che lo ospita. Le piccole dimensione dei vani, e la contemporanea monumentalità delle volte a botte ad altezza variabile, rendono l’ambiente al contempo familiare e istituzionale. Attraversando le stanze si compie un percorso sensoriale in cui la luce è l’elemento conduttore della narrazione. Entra dalle volte del piano interrato, dalle corti aperte, dalle fessure del muro perimetrale.
La funzionalità distributiva è assicurata dalla presenza delle scale e dell'ascensore che permettono l’agevole collegamento tra i due piani dell’immobile anche alle persone con disabilità. Le stanze che ospitano le celle cinerarie sono disposte su due piani e si distribuiscono attorno alla corte centrale. Alcune aperture sulle sale del piano interrato le mettono in diretta comunicazione con la corte, un’unica finestra al piano terra guida il collegamento visuale tra i due piani dell’edificio.
L’intervento richiama palesi riferimenti funebri italiani del secondo dopoguerra che rivivono in chiave contemporanea. L’impianto distributivo a corte centrale, richiamo alle costruzioni rinascimentali e all’hortus conclusus medievale, si ibrida con forme e contenuti dell’architettura contemporanea in cui il rigore della forma è aspetto fondamentale.
L’edificio è un corpo massivo, un bordo che descrive uno spazio aperto centrale, una cortina edilizia che protegge le stanze interne e si apre sul piccolo giardino. La natura entra negli ambienti interni dell’edificio come elemento controllato e di arricchimento degli spazi. Il prato che sembra lambire i pavimenti interni, gli alberi della corte. Elementi naturali e artificiali si fondono a comporre gli ambienti.
Il materiale dell’opera è il calcestruzzo, elemento già utilizzato in loco per il precedente cinerario, con le quali forme materiche il nuovo intervento entra in dialogo.
Sulla struttura in calcestruzzo armato trovano spazio le nicchie in cui sono inserite le celle vere e proprie, chiuse sul lato esterno da lastre con incisi i nomi dei defunti. I pavimenti sono in battuto di cemento leggermente lucidato al fine di riflettere e trasportare la luce per le stanze. Le volte in cemento acquisiscono forme ed altezze sempre nuove. Le murature del piano terra appaiono, all’occhio del visitatore, come fluttuare sul pavimento. Una struttura nascosta in cemento armato sostiene le travi pareti delle sale.