Città della poesia
Broadacre city. La Ville Radieuse. Le prefigurazioni di città future si fermano agli anni settanta. Plug-in city. New Babylon. Instant city. No-stop city. Scenari e provocazioni attraversati tutti da un anelito ad “andare” verso il futuro. Mi faccio la domanda: perché oggi nessuno guarda con la stessa energia al futuro? C’è una riflessione di Alessandro Baricco, dice che il futuro è finito. Più o meno che il futuro viene considerato come una grande discarica dove depositare tutti i problemi che non riusciamo a risolvere. Dallo smaltimento dei rifiuti o delle scorie ai dolori dell’economia. “Andiamo avanti e poi ci pensiamo”. Più o meno funziona così. Solo che la discarica-futuro si è riempita e tracima verso il presente avvelenandolo. Anzi, rendendolo invivibile. Ecco l’impossibilità di fare progetti futuri. Al massimo smart-city. O città di baratto.
Allora ho pensato alla poesia. L’unica cosa che tiene dentro il passato il presente e il futuro. Non mescolati, ma proprio tutt’uno. Sono la stessa cosa. Quindi sono qui ed ora. La poesia ce lo fa vedere. È come quando uno di noi si mette davanti al mare e al massimo riesce a dire tre parole sensate. Montale davanti allo stesso mare tira fuori poesie indimenticabili. Chi è più dentro la realtà? E poi dicono che i poeti hanno la testa tra le nuvole. “Soltanto poeticamente l’uomo abita davvero questa terra” [ O. Elitis ]
La poesia trasforma la realtà. Crea realtà. Unica. Altro non è che proiezione di sé. Quello che ci vuole per trasformare le città che viviamo. O fondarle. Che è la stessa cosa.
La città della poesia è utopia e realtà al tempo stesso. Certamente una cosa concreta. Ogni uomo può attraversarla e viverla. In ogni uomo che sia vigile la città della poesia fa nascere il seme della costruzione. Nuovi pensieri. Nuovi stili di vita. Così si “realizza” la città della poesia. È un pensiero e un sentimento. Ogni uomo è poeta. Un po’. La città della poesia è ovunque.
Il palazzo ducale di Urbino è il prototipo della città della poesia. Microcosmo urbano, luogo dove l’incontro di polarità fa nascere una nuova civiltà. Laurana, Duca di Montefeltro, Piero della Francesca.
La poesia è un luogo
Si dice: la poesia ti porta su un altro piano. Certo è così. Ma è un piano [ luogo ] reale. Più in alto ma concreto e profondo. Le nuvole sono lontane e la testa resta lucida a percepire e comprendere il senso delle cose. In ogni angolo. Remoto. E restituirne la narrazione dell’indicibile.
La parola luogo è morta.
Nella [ città della ] poesia le parole riprendono i significati originari. Le cose e le parole si riuniscono.
La poesia è una città
Non è città sognata.
È città di vuoti e di edifici. E di relazioni.
Esistono ancora nella città pause, spazi, silenzi? Intervalli di “senso” nella trama disordinata. Dove ritrovare un che. Nelle città esistono spesso i “vuoti”. Ferite aperte nei tessuti. Ma nella città della poesia anche i vuoti si trasformano in “qualità”. Il vuoto come condizione. Il vuoto come soggetto. “E’ come una preghiera al Vuoto/E il vuoto gira il suo volto verso noi e sussurra: Non sono vuoto, sono aperto” [ Tomas Tranströmer ]
La città della poesia è sovversiva. Perché non promette la felicità. Bensì l’esperienza.
La poesia è città. Territorio. Mondo.
CONTINUA...