Edificio a ville sovrapposte nel giardino dell’Arcadia
Progetto di Giulio Minoletti
Testo, disegni e fotografie di Gianluca Gelmini
Nell'edificio a ville sovrapposte ai Giardini d’Arcadia Minoletti propone una variante sul tema del “condominio milanese” sovrapponendo e accostando quattordici ville nelle quali lascia ai singoli proprietari notevoli libertà nella divisione interna delle proprie abitazioni. Il filo delle balconate è l’unica linea vincolante che riprende il disegno dell’attiguo edificio progettato pochi anni prima da Ignazio Gardella.
In questo edificio Minoletti si limita ad offrire le componenti spaziali e la maglia entro cui disporle. Si tratta di un’innovazione concettuale che ha chiaramente riflessi immediati sulla disposizione delle aperture verso l’esterno e in special modo sull’articolazione e sull’estensione dei balconi e delle parti vetrate del fronte principale, che appare del tutto destrutturato sul parco.
In questo edificio il colore riveste un ruolo fondamentale. In un disegno ad acquarello dello stesso Minoletti s’intuisce chiaramente l’idea cromatica per risolvere il rapporto tra interno ed esterno: si tratta di un articolato registro di colori che accentua la varietà volumetrica di pieni e di vuoti, enfatizzando la scomposizione delle parti, il ritmo di ombre e contrasti che fanno emergere la forte identità e singolarità di ogni appartamento. Le pareti verticali di tamponamento sono di colore rosso, verde e giallo, le persiane scorrevoli sono verdi, i serramenti in alluminio naturale, l’intradosso dei balconi bianco e il parapetto in ferro verniciato bianco e nero.
Il colore aumenta la smaterializzazione dell’involucro edilizio in favore della massima simbiosi tra spazio domestico e lo spazio libero del parco antistante. Non c’è soluzione di continuità tra interno ed esterno.
Il colore accentua il movimento delle parti e dei volumi di facciata: il verde è impiegato nelle parte rientranti, le tonalità del rosso e del giallo nelle parti aggettanti.
Anche se con modalità diverse è possibile riscontrare notevoli similitudini con un altro edificio milanese costruito pochi anni prima su progetto di Giò Ponti in via Dezza. Anche in questo caso l’edificio si compone per montaggio e sovrapposizione di appartamenti dove l’architetto lascia massima libertà ai proprietari nell’articolazione dei locali interni, nella disposizione e dimensione delle aperture e nel colore della relativa porzione di facciata con una gamma di colori che riflettono secondo Ponti la "vitalità caratteristica della casa all’italiana" degli anni Cinquanta.
I colori della facciata rappresentano tuttavia solo uno dei temi cromatici che Minoletti mette in atto nell’edificio.