La casa poggiata o dell'accoglienza è composta da otto case, una dentro l'altra: di rete leggera la prima trapassata dai venti e di cristallo la seconda, per non fermare la luce che posa fili d'ombra sulla polvere grigia, cemento della terza; se la quarta è disegnata da un filo di acciaio è bianca la quinta, come una stanza, mentre è di luce la sesta; di legno la settima casa, alcova e scrigno a trattenere l'ottava, l'ultima casa, di pietra nera della Maiella (alla montagna sottratta) che vola, verso il sud viaggia, e a Lampedusa, prima pietra, si posa.
Il 10 dicembre del 2013 ho presentato a Pescara, nel mio piccolo spazio Usomagazzino per altre architetture, questo lavoro pensato per Lampedusa e dedicato al Mediterraneo e a tutti quelli che lo attraversano, che lo vivono e troppo spesso lo muoiono. La scelta della data non è stata casuale, ma dettata dal desiderio di ricordare il giorno in cui, secondo la tradizione, gli angeli hanno portato in volo la casa della Madonna a Loreto: la notte tra il 9 e il 10 dicembre del 1294.
Al centro dello spazio ho poggiato un piccolo monolite in pietra nera della Maiella tagliato a disegnare una casa che farebbe pensare ad un modello di questa architettura; trattasi invece della prima pietra che in una primavera inoltrata, o agli ultimi bagliori di un autunno, vorrei portare in dono e mettere a giacitura sulla terra più alta di Lampedusa, dove lasciarla stanziare in attesa di una improbabile realizzazione di questo ambizioso progetto.
Se la prima pietra è la casa ultima, nella quale è impossibile entrare, se rappresenta il grembo materno è anche la prima casa da dove tutti siamo usciti: una porta che non possiamo aprire ma che comunque ci accoglie come un faro, non visibile tra la vegetazione ma presente, al centro del grande mare.
La prima pietra è realizzata in pietra nera della Maiella (la grande madre), un materiale duro con il quale un tempo si realizzavano le scale e i cordoli delle strade, un materiale prezioso come ogni frutto della natura, ancora di più oggi che le cave di Lettomanoppello sono chiuse e questa particolare pietra di superficie non si può più raccogliere.
Insieme alla prima pietra sono stati esposti, nella stessa occasione, altri lavori comunque legati a questa riflessione progettuale. Casa dentro è composto da due sagome di casa a dimensione di uomo, poggiate sulla parete bianca, che accennano, come fossero ali, ad un movimento; la prima di colore grigio cemento ha la faccia interna nera che si riflette, insieme a noi, nell’altra sagoma fatta di specchio per farci essere dentro, insieme nel riflesso, nella casa dell’accoglienza; poi, in come un reliquiario, sono collocati disegni di studio e 8 piccoli multipli della casa poggiata in pietra nera di Tunisi, un marmo grigio che se lucidato diventa nero: sette di questi modelli, solo levigati, si presentano infatti grigi, mentre soltanto uno, l'ottavo, tirato a lucido è di un nero quasi assoluto dal quale affiorano venature dorate.
Non è vero che da piccolo ho visto la Madonna, ma vero è che da piccolo ho più volte pensato di prendere un filo e portarlo con me a Loreto per farlo passare, tenendolo teso, sotto quella che dicono essere la sua casa: io da una parte e dall'altra mia madre che raccontava di una casa sospesa come portata dagli angeli in volo, poggiata.
La lavorazione della prima pietra è stata eseguita dai fratelli Palumbo di Tocco Casauria utilizzando un frammento di vecchio cordolo in pietra nera della Maiella donatomi dall’ultimo degli scalpellini di Lettomanoppello: Claudio Di Biase.
Gli 8 piccoli monoliti in nero di Tunisi sono stati lavorati ad Apricena da Petrastone di Matteo Ferrandini.